LA VIOLENZA VA SEMPRE CONDANNATA di Sergio Romano
LA VIOLENZA VA SEMPRE CONDANNATA LA VIOLENZA VA SEMPRE CONDANNATA MOLTI italiani e alcuni esponenti della comunità ebraica hanno giudicato la spedizione punitiva degli ebrei romani come un avvenimento «supernazionale», come un episodio nella storia delle persecuzioni di cui l'ebraismo è stato vittima in Europa, soprattutto da cent'anni a questa parte. Hanno rifiutato di condannare fermamente ed esplicitamente la violenza perché hanno creduto di comprendere i sentimenti con cui i ragazzi del ghetto hanno subito negli scorsi giorni l'affronto delle scritte antisemite sui muri delle loro case. Sono i sentimenti di un popolo che ha conquistato dignità e sicurezza soltanto nel momento in cui ha deciso di opporsi con la forza alle persecuzioni dei suoi aguzzini. Così è nato lo Stato d'Israele, ed è inevitabile - hanno implicitamente argomentato alcuni esponenti dell'intelligencija ebraica - che il modello della storia israeliana risvegli un'eco nella coscienza di chi vive ogni manifestazione di antisemitismo come la ripetizione di un dramma «tribale» e familiare. Insomma i ragazzi del ghetto di Roma si sono comportati male, ma con molte attenuanti storiche e morali. Ebbene, se questa è la ragione per cui la spedizione punitiva è stata «compresa», io temo che questa forma di giustizia sostanziale contenga due errori, e credo che essi vadano denunciati subito con chiarezza. Il primo errore consiste nel credere che le risposte all'indagine di Demoskopea e gli adesivi sulle porte del ghetto siano la dimostrazione di un antisemitismo italiano. Come rifiutammo di credere che le bravate dei teppisti sardi contro i soldati italiani fossero indice di «secessionismo» così rifiutiamo Sergio Romano CONTINUA A PAG. 2 QUARTA COLONNA
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