La gronde truffa del rock: attenti al manager

La gronde truffa del rock: attenti al manager Causa di 5 miliardi porta Baglioni in tribunale, Sting scopre un ammanco di 6 milioni di sterline La gronde truffa del rock: attenti al manager // colonnello d'oro di Elvis ROMA. Oggi 5 novembre, Claudio Baglioni va in tribunale per rispondere alle accuse di Libero Venturi, il suo ex manager che gli chiede 5 miliardi per danni «derivanti dalla rottura della collaborazione con il cantante». Secondo Venturi, Baglioni «lo ha liquidato brutalmente dopo avergli accollato le spese di preparazione e promozione per il tour ed il lancio dei suoi dischi»: alla vigilia della tournée '92, Baglioni s'era scelto un altro impresario, David Zard. In seguito, Baglioni ha litigato pure con Zard, naturalmente per soldi. Ma questo secondo episodio rientra nella tradizione del rock business: di solito sono i musicisti a dirsi defraudati. E' successo, di recente, persino all'accorto Sting: ha scoperto un ammanco di 6 milioni di sterline, e sospetta del suo «fido» contabile. E' invece in#ùale che un impresario accusri?:l>artista di infedeltà: nell'impagabile mondo del rock'n'roll, infetti, approfittare del musicista pare sia stata a lungo l'occupazione principale e prediletta - di manager e discografici. E non viceversa. La buggeratura a norma di contratto viene da lontano, dai tempi del jazz, quando i musicisti - soprattutto di colore - per un disco intascavano pochi dollari, maledetti e subito: di diritti d'autore non si parlava. E i primi eroi del rock'n'roll, ingenui e entusiasti, diventarono fatalmente i «negri bianchi» dell'industria discografica. Un bell'esempio di relazione d'affari costò la vita a Buddy Holly: quando ruppe con il suo amministratore Norman Petty, Holly si trovò talmente a corto di danaro da dover affrontare una dura tournée invernale per raggranellare qualche dollaro. Il 2 febbraio '59 l'aereo sul quale viaggiavano Buddy Holly e un'altra stella del rock'n'roll, Richie Valens, incappò in una tormenta e si schiantò. Non ci furono superstiti. Meno drammatico, ma illuminante, il rapporto fra Elvis Presley e il suo mentore, il celebre Colonnello Parker, Ex venditore ambulante, Parker non era colonnello ma era un gran filone: intuì le potenzialità dello sconosciuto Elvis e lo ingaggiò riservandosi il 25 per cento degli incassi futuri. Poi, fu talmente abile da salire addirittura al 50 per cento. Ma il capolavoro di Parker fu l'accordo con un hotel-casinò di Las Vegas dove Elvis accettò di esibirsi per 5 anni a un quarto del normale cachet. Dov'era il capolavoro? Nel fatto che Parker, accanito giocatore, ottenne per sé ospitalità sardanapalesca in albergo, credito illimitato al tavolo verde e 50 mila dollari l'anno a titolo di «consulenza». Brian Epstein, manager dei Beatles, aveva invece sinceramente a cuore gli interessi dei suoi ragazzi: se non altro, perché era perdutamente innamorato di John Lennon. Ma nel '67 Epstein morì: i Beatles si affidarono ad Alien Klein, e scoprirono alcune curiose verità. «Non avevamo un soldo in banca - raccontò Lennon. - Nessuno di noi aveva un soldo. Grazie ad Alien ho più denaro di quanto ne abbia mai avuto». Klein sapeva spuntare le condizioni migliori per i suoi «assistiti»: tuttavia, nel '71 Paul McCartney fece causa e il giudice sottolineò che la società di Klein, la Abkco, «aveva presentato richieste di provvigione esagerate e ricevuto pagamenti superiori agli accordi». Accordi che,, peraltro, riservavano a Klein un non trascurabile 20 per centD sulle entrate dei Beatles. Negli Armi Sessanta erano dif- ' fusi i contratti discografici di lunga durata: offrivano stabilità all'artista, ma a prezzo di condizionamenti e sacrifici economici. I Beach Boys, per esempio, definivano l'etichetta Capital Records, alla quale erano vincolati con un accordo ferreo, «Captive Records», ovvero «dischi schiavi». Questi e altri usi e costumi dell'industria del rock sono stati raccontati con acre ironia da Brian De Palma nel film «Il fantasma del palcoscenico»: un musicista impazzisce dopo essere stato derubato da uno spietato «signore dei dischi». Nel film, il patto fatale è firmato col sangue: in realtà, una stilografica è sufficiente, se il contratto è preparato da uno studio legale agguerrito. Ma alla fine degli Anni Sessanta e ancor più nei Settanta, con l'affermarsi dello starsystem, cambiano i rapporti di forza e il musicista - quando sente puzza di bruciato - non esita a trascinare in tribunale i manager. Nell'80 i Bee Gees accusano Robert Stigwood, presidente dell'etichetta Rso, di «aver registrato a suo nome i diritti musicali sulle canzoni del gruppo». I Bee Gees chiedevano 125 milioni di dollari a Stigwood e altri 75 alla casa discografica: alla fine, ci fu una misteriosa riconciliazione. Nell'86 tocca a Malcom Me Laren, già manager dei Sex Pistols: i suoi ex pupilli esigono un milione di sterline per royalties non pagate. Vittime predestinate dei «patti leonini» sono, è ovvio, soprattutto gli esordienti. Succede anche in Italia, e anche nell'ambiente delle etichette indipendenti, in teoria democratiche e amiche dell'artista: contratti-capestro consentono ai discografici di utilizzare come meglio credono la produzione di un giovane artista, senza consultarlo. Ma da noi le esperienze peggiori sono toccate a gruppi e solisti stranieri in occasione di sfortunate tournée: cachet non pagati, accordi elusi. Un caso fra cento: i Dire Straits hanno rifiutato per nove anni di tornare in Italia. Perché? Secondo il loro manager Ed Bicknell, nell'83 erano stati raggirati. A Torino si sarebbero sentiti dire che lo stadio stracolmo ospitava soltanto 30 mila spettatori e altrove avrebbero subito intimidazioni al momento di riscuotere il cachet. Vere o false che fossero le accuse, la band, prima di rimettere piede dalle nostre parti, ha preteso il pagamento anticipato di tutte le spettanze. A non fidarsi si fa peccato, ma si evitano arrabbiature. Tuttavia, anche i rockettari sono talora maestri del «prendi i soldi e scappa»: due anni fa Prince, dopo una disputa per l'incasso a Cava dei Tirreni, decise di tornarsene a casa, sdegnato. Erano previsti altri concerti, in Italia. E pare che l'impulsivo Prince avesse intascato congrui anticipi. Sia come sia, lo stanno ancora aspettando. Gabriele Ferraris Anche Prince e i Dire Straits raggirati dai signori della musica Il caso di Buddy Holly che rimasto senza denaro morì durante una tournée %® %p ^V>> «V' Tre cantautori: a sinistra Claudio Baglioni, al centro Sting, e qui a fianco Francesco Baccini Il caso di Buddy Holly che rimasto senza denaro morì durante una tournée

Luoghi citati: Bee, Cava Dei Tirreni, Italia, Las Vegas, Roma, Torino