Ero io l'uomo del Corriere di C. A.
Ero io l'uomo del Corriere Montanelli a Ottone sullo «strappo» di 19 anni fa: «L'aria era irrespirabile» Ero io l'uomo del Corriere «E la Crespi poteva dirigere solo il Cottolengo» MMILANO ONTANELLI e l'esilio dal Corriere della Sera, 19 anni fa. Se ne parla di nuovo. Come avvenne esattamente, quello strappo? L'al llora direttore del Corriere, Piero Ottone, andò da Montanelli per comunicargli il licenziamento e Montanelli riconobbe: «Ho sbagliato», riferendosi a un'intervista in cui aveva sostenuto che il Corriere non aveva una linea politica. Lo ha rivelato Ottone, ieri a Guido Vergani, su la Repubblica. Montanelli, lei dice davvero «ho sbagliato»? «Non me lo ricordo. Come fa Ottone a dirlo? E' strano che una ventina delle migliori firme del Corriere siano venute con me a fondare II Giornale Nuovo in seguito a uno sbaglio. Mi chiedo: perché seguirmi in un'avventura che sembrava pazzesca? La verità è che al Corriere l'aria era irrespirabile. Si è saputo dopo com'era il Corriere di Ottone: fazioso». Nel libro uscito l'anno scorso «L'Italia degli anni di piombo», scritto insieme con Mario Cervi, a pagina 132 lei definisce con ironia Ottone «molto distaccato e imparziale, oltre che molto britannico»... «Lui ha questa allure: falsa, si capisce. Gli italiani possono ungere qualsiasi cosa». Ottone dice anche che lei ha pianto in quel faccia a faccia. «Forse avevo gli occhi bagnati. Lui li aveva di sicuro... Ma queste sono miserie: voglio chiuderla, 'sta storia. Preferisco dimenticare... La vicenda mi ferì. Avevo l'orgoglio del Corriere della Sera: molto più di Ottone. Ero io l'uomo del Corriere». Che la sua permanenza al «Corriere» fosse ormai inconciliabile lo pensava anche la proprietà. Così dice Ottone. «Lui fu portatore di un ordine della proprietà, che allora non era più Aldo Crespi, con cui ero sempre vissuto in un clima idilliaco. Prima c'erano state persone perbene. Allora c'era Giulia Crespi, comandava lei. Mi ci ero scontrato: in un'assemblea dissi che poteva dirigere solo un Cottolengo. Replicò facendomi cacciare». E' vero che lei aveva «sempre in testa un giornale suo»? Che voleva fare il direttore? «Giuro che non mi è mai passato per la testa. Neanche qui al Giornale ho voglia di farlo. Delego agli altri. E non mi sono mai trovato in contrasto con nessun direttore. Figurarsi. Come avrei potuto resistere 37 anni? E poi i direttori sapevano che Aldo Crespi mi consultava prima di nominarli. Mi chiamavano il Kingmaker... Si riparla di questa storia perché Paolo Mieli, l'attuale direttore del Corriere, mi ha detto: "Torna fra noi". E sono finito nei guai qui al Giornale: "Ma come? Ci lasci?", mi dicevano. Non posso e non voglio andar via: sarebbe un tradimento. L'invito di Paolo Mieli mi ha però fatto piacere: è stato la fine di uno scisma, è stato il riconoscimento da parte del Corriere della Sera che non ho avuto torto io». [c. a.]
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