«Attentati a Di Pietro? Solo fantasie»

«Attentati a Di Pietro? Solo fantasie» Dopo le perquisizioni a poliziotti milanesi, il procuratore Borrelli si arrabbia «Attentati a Di Pietro? Solo fantasie» Da oggi Salvatore Ligrestipiantonato in clinica Soffre di prostata, deciso il trasferimento MILANO. Un attentato contro Antonio Di Pietro? Il diretto interessato non dice nulla, ma a smentire ci pensa, e con veemenza, il suo capo Saverio Borrelli. «Basta - dice rivolto ai giornalisti - il nome di Di Pietro deve sparire dalle pagine dei giornali, devono sparire le sue fotografie. Se Di Pietro dovesse essere gambizzato vi accorgereste del rischio che gli state facendo correre». E da Firenze, dove è scattata l'operazione antimafia in questione, ecco le parole di Pierluigi Vigna, procuratore capo: «Dagli atti dell'indagine che viene svolta dalla direzione distrettuale antimafia di Firenze non emerge alcun collegamento ad un progetto di attentato nei confronti di Di Pietro». Andiamo con ordine. Il punto di partenza è il 17 ottobre, quando per ordine della magistratura fiorentina, che sta indagando su alcune cosche mafiose, la polizia fa irruzione in un autoparco alla periferia di Milano dove scopre un autentico arsenale. Non solo: alcuni elementi fanno pensare che la mafia voglia preparare un attentato contro un giudice, si pensa un magistrato di Catania. Questo il 17 ottobre. Lunedì scorso, nell'ambito della stessa inchiesta, Firenze ordina una serie di perquisizioni. Piuttosto clamorose: si tratta infatti delle abitazioni e delle scrivanie personali di un funzionario e alcuni agenti di polizia, nonché di due finanzieri in servizio all'aeroporto di Linate. Tra i poliziotti spicca il nome di Carlo Jacovelli, capo del commissariato Monforte. E in quel commissariato lavorano anche gli altri perquisiti: Leonardo Atterrato, Gennaro Burzì, Carmelo Varapodio. Infine capo di quel commissariato era Vito Piantone, poi questore a Palermo e rimosso dopo l'attentato al giudice Paolo Borsellino: sarebbe stata perquisita anche casa sua. Ma Vigna smentisce. In quell'autoparco, gestito da Giovanni Salesi, si erano visti girare tranquillamente agenti di polizia. E, nonostante Salesi sia «sotto osservazione» degli inquirenti da almeno otto anni, non era stato mai preso contro di lui alcun provvedimento. Il questore di Milano, France¬ sco Trio, tende a ridimensionare l'episodio: «Gli agenti non sono indagati. Si è trattato di una legittima perquisizione per stabilire quali fossero i loro contatti con Salesi». Che ci sono stati, lo hanno ammesso loro stessi, «quantomeno» per la compravendita di auto, per utilizzare l'autoparco per il camion di un parente, per spedire un carico al paese e cose simili. Dunque, le perquisizioni. Ma Di Pietro cosa c'entra? Niente. A parte il fatto che il magistrato ha fatto l'agente proprio al commissariato Monforte, ma si era in anni piuttosto lontani; a parte il fat- to che proprio quel distretto (ma non quegli agenti in particolare) seguiva per conto della procura di Milano una parte dell'inchiesta-tangenti riguardante l'Ortomercato (e condotta dal sostituto Colombo, non da Di Pietro) e alcune villette costruite da Ligresti. «Collegare le perquisizioni con Di Pietro è semplicemente romanzesco», dice Borrelli. Che aggiunge: «Del resto l'indagine è della magistratura fiorentina: che cosa dice? Smentisce... Appunto». La controprova delle smentite dovrebbe arrivare da Brescia, la cui magistratura è competente per ogni cosa che riguarda Di Pietro, ma non arriva. Sul fronte delle indagini la novità è il ricovero odierno in clinica di Salvatore Ligresti, detenuto a San Vittore dal 16 luglio: l'imprenditore siciliano risente di un'infezione prostatica e il gip Italo Ghitti, dopo aver fatto visitare Ligresti da un urologo, ieri ne ha accolto la richiesta di trasferimento in una struttura sanitaria, dove rimarrà piantonato. [s. mar.] II magistrato milanese Antonio Di Pietro

Luoghi citati: Brescia, Catania, Firenze, Milano, Palermo