Caso Ligato, il giudice ora è vicino ai mandanti di Cesare Martinetti

Caso Ligato, il giudice ora è vicino ai mandanti Dopo tre anni «Telefono giallo» riapre il caso; la perizia sulle armi «assolve» i servizi segreti Caso Ligato, il giudice ora è vicino ai mandanti REGGIO CALABRIA DAL NOSTRO INVIATO Qualcosa si muove nello stagno immobile dell'inchiesta sull'omicidio di Lodovico Ligato, democristiano eccellente di Calabria, presidente rampante delle Ferrovie fulminato nella scalata al potere dalla scoperta del vergognoso scandalo delle lenzuola di carta per le cuccette, pagate a peso d'oro dall'ente di Stato. Dalla perizia su una delle armi che hanno sparato la notte del 26 agosto 1989 emerge uno scenario tutto calabrese e non, come si era fantasticato, di servizi segreti e killer venuti da lontano. Tutta la novità del caso ruota intorno alla perizia sulla Glok 17, pistola di fabbricazione austriaca, una delle due armi usate dai due killer. Si tratta di un'arma particolare, molto leggera (600 grammi), quasi interamente (eccetto la canna) costruita in materiale plastico. Un'arma che può sfuggire anche ai controlli del metal-detector perché smontata non rivela la sua forma, per esempio, ai rilevatori che controllano i bagagli negli aeroporti. La Glok non risultava mai usata negli omicidi calabresi, dove pure la malavita è fornita di una grande varietà di armi. Si disse che la pistola era in uso a servizi segreti di vario tipo, compreso quello israeliano. Di qui le ipotesi, le fantasie, le suggestioni che suggerivano scenari da romanzo giallo e allontanava- no l'ipotesi di matrice calabrese. Ma le perizie depositate, dopo lunghi accertamenti sulle centinaia di omicidi calabresi, hanno rivelato che quella Glok aveva già sparato contro il meccanico Vincenzo D'Agostino e il tassista Vincenzo Caponera, due modesti componenti dell'area mafiosa che fa capo alla famiglia Destefano a Reggio Calabria. Due delitti avvenuti prima dell'omicidio di Ligato. Dunque, n'drangheta, certamente dentro un contesto politico di affari e malaffari reggini. Da questa novità, la unica, vera, sola notizia di un'inchiesta che in tre anni non ha formulato accuse contro nessuno, è nata la voce che la procura di Reggio avesse inviato avvisi di reato a due o tre personaggi sospettati di essere stati i mandanti dell'omicidio. Ieri pomeriggio il sostituto procuratore Bruno Giordano, titolare dell'inchiesta, ha smentito. Dunque nessun avviso di garanzia, ma comunque la sensazione che qualcosa si stia muovendo dietro questo misterioso omicidio calabrese ricostruito martedì sera da Telefono Giallo. Le ipotesi sui mandanti infatti ci sarebbero anche se non ancora formalizzate in atti giudiziari. In sostanza Lodovico Ligato è stato ucciso perché, dopo essere stato costretto a lasciare le Ferrovie in seguito allo scandalo, era tornato a Reggio Calabria ben de¬ ciso a mettersi in affari. Ma quelli erano gli anni di una guerra mafiosa durissima, decine e decine di morti non solo sul versante criminale, ma anche su quello politico. Proprio allora stavano per arrivare sullo Stretto i 600 miliardi di finanziamenti del cosiddetto decreto-Reggio. Tutto era incerto, al Comune di Reggio era in corso una crisi politica dovuta proprio al mancato accordo sulla spartizione di quella massa di denaro. E non si tratta di fantasie perché a luglio, qui, è scoppiato lo scandalo delle tangenti che per la prima volta nella storia della Calabria e del mezzogiorno è stato rivelato in tutti i suoi dettagli da un protagonista «pentito», U gio¬ vane sindaco democristiano Agatino Licandro che al magistrato ha confessato trame e spartizioni. Ligato sarebbe stato ucciso perché pensava di riprendere a Reggio il posto che aveva lasciato 4 anni prima, ignorava, o pensava di poter ignorare i mutamenti nella ragnatela del potere calabrese. Non aveva paura, andava in giro da solo in bicicletta. Ma proprio questi particolari, secondo gli investigatori, rivelano quanto Ligato avesse sottovalutato il pericolo. L'ex presidente delle Ferrovie venne ucciso nella sua villetta sul mare di Bocale, a pochi chilometri da Reggio poco dopo la mezzanotte del 26 agosto 1989. Fu la mo¬ glie, Nuccia Mammana, ad assistere all'omicidio e ricostruire la scena alla polizia: due giovani, imo dei quali biondino (di questo particolare altre suggestioni giallistiche), comparsi dal buio nel giardino di casa hanno vuotato il caricatore delle loro pistole contro Ligato. Qualche giorno dopo fu la stessa moglie a lanciare misteriose accuse: «Bisogna cercare in alto gli assassini». Le indagini rivelarono che i vari componenti della famiglia Ligato era intestatari di quelle società di «servizi» attraverso le quali l'ex «manager» di Stato avrebbe voluto intervenire negli affari reggini. Cesare Martinetti HliÉÉ Lodovico Ligato, ucciso nella notte tra il 26 e il 27 agosto dell'89

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