Guerra europea per Clinton di Fabio Galvano
Guerra europea per Clinton Washington annuncia sanzioni doganali, i Dodici pronti a rispondere Guerra europea per Clinton E' rottura nel negoziato commerciale BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Nasce sotto una cattiva stella il dialogo fra l'Europa comunitaria e la nuova America di Bill Clinton. Mentre il mondo seguiva sui teleschermi la conta elettorale, a Chicago naufragava dopo tre intense giornate, sovvertendo i pronostici di una storica intesa - l'ultima tornata di un cruciale negoziato agricolo fra Washington e Bruxelles. Un successo avrebbe aperto la strada alla conclusione di un altro difficile negoziato, che da anni segna il passo: quello nell'ambito del Gatt, l'accordo che regola i commerci mondiali, dove una fumata bianca creerebbe scambi supplementari per 200 miliardi di dollari l'anno. Dopo la fumata nera di Chicago, invece, si profila una stressante guerra commerciale Cee-Usa, fatta di sanzioni e ritorsioni, in un'escalation capace di avvelenare il dialogo fra Clinton e i Dodici. Ieri Washington ha già chiesto a Ginevra, al Consiglio del Gatt, il diritto di adottare misure contro la Cee: tariffe doganali fino al 100 per cento su taluni articoli d'importazione - soprattutto vini, formaggi, confetture - che colpirebbero principalmente la Francia, la più salda fra i Paesi europei nell'opporsi a concessioni dannose per i propri agricoltori, ma da cui anche l'Italia non sarebbe immune. Le sanzioni, fra un mese, avrebbero un valore di 300 milioni di dollari l'anno, quasi 400 miliardi di lire; e soltanto in un secondo tempo raggiungerebbero il tetto, già minacciato dagli americani, di un miliardo di dollari (1300 miliardi di lire). Il presidente della Commissione Cee, Jacques Delors, ha in- viato ieri un telegramma a Clinton in cui, dopo essersi congratulato per l'elezione, sottolinea «la qualità e l'efficienza dei nostri rapporti transatlantici», nonché «costruttivi e duraturi rapporti di lavoro», come base per «affrontare insieme le sfide» provenienti da un momento storico ricco di «cambiamenti, sfide e opportunità senza precedenti». Le parole di Delors potranno forse appianare le polemiche nate nei giorni scorsi, quando Bruxelles era parsa legata al carro di Bush, alla ricerca di un'intesa agricola proprio per sostenere le chances elettorali del Presidente. Ma non dissipano le incognite del futuro, legate a un Clinton che nella ricerca di una ripresa economica potrebbe semmai accentuare le tendenze protezionistiche americane. Comunque, ha confermato ieri il commissario Frans Andriessen, «se gli Usa adotteranno misure contro la Cee, la nostra ritorsione sarà immediata». La Commissione ha già una lista pronta. Eppure l'accordo è stato a portata di mano. «Eravamo a un passo», ha ammeso il negoziatore della Cee, il commissario Ray MacSharry: «Abbiamo spinto la nostra disponibilità fino al limite del possibile». Non abbastanza, secondo il segretario Usa all'Agricoltura, Ed Madigan; ma «c'erano stati progressi». L'accordo era in vista, ha osservato il ministro inglese dell'Agricoltura John Gummer, mandato da Major per sbloccare la situazione, «se solo ci fosse stata più flessibilità. Ma gli americani sono stati, improvvisamente, inflessibili». Ribatte Madigan che «gli Usa sono sempre disponibili a esaminare proposte costruttive per risolvere una questione con profonde ripercussioni sulla credibilità del Gatt». La rottura è venuta su temi che ai non iniziati possono sembrare aride cineserie. Si era raggiunto un compromesso sulla riduzione dell'export sovvenzionato di cereali Cee (21 per cento). Si era risolto il nodo relativo all'importazione nella Cee di prodotti americani per l'alimentazione animale. E anche sui semi oleosi si erano fatti progressi. Chiaramente è mancata la sufficiente volontà politica: forse anche da parte di Bush, che aveva sperato in un accordo per giocare la carta elettorale degli agricoltori americani. Fabio Galvano Wall Street in attesa e dollaro un po' fiacco nel primo giorno dell'era Clinton (FOTO AP-EPA-AFP)
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