Aziende da vendere Lo Stato non fa i nomi di Zeni

Aziende da vendere Lo Stato non fa i nomi Pini, consigliere di Amato: prima il riordino, poi le cessioni Aziende da vendere Lo Stato non fa i nomi MILANO. I tempi? «Quelli noti, entro la metà di novembre Amato presenterà il piano per le privatizzazioni, poi passerà in Parlamento», assicura Massimo Pini, consulente del presidente del Consiglio in materia di privatizzazioni. Ma attenzione a non aspettarsi nomi e cognomi di aziende da mettere sul mercato: «Non sarà un elenco ma un piano di riordino delle Partecipazioni statali», precisa Pini. I nomi, fa capire, arriveranno dopo. Quando? «Dipenderà dal governo, dal dibattito in Parlamento, dai tempi necessari per poter presentare aziende sane collocabili sul mercato». Di più, sulle privatizzazioni, Pini non dice. Non è l'argomento della serata, si scusa: l'argomento è il libro di Lorenzo Necci, commissario straordinario delle Ferrovie, scritto a quattro mani con Manfred Gerstenfeld e dal titolo ottimista: «Rivalutare l'Italia». Ma come si fa a rivalutare l'Italia senza privatizzazioni? Pini svicola e chissà come si trova seduto a fianco di un Mario Aitali, amministratore delegato della Sme, pimpante come mai. Effetto Opa? Artali sorride: «Mi sento corteggiato», sbotta, «e anche un po' violentato». Siedono in prima fila Pini e Artali. Dietro c'è mezza Milano degli affari: da Giorgio Porta della Federchimici a Franco Tato della Mondadori, da Alberto Donati della Rcs a Roberto Tronchetti Provera, da Franco Debenedetti a Paolo Benzoni. Sul palco, a discutere con Necci e con il direttore del «Corriere della Sera» Paolo Mieli, Giorgio La Malfa, Romano Prodi, Carlo Callieri. Inevitabile per tutti, parlando dei possibili modi e tempi di «Rivalutare l'Italia», inciampare volutamente o no nell'argomento privatizzazioni. La Malfa lo fa per scelta. Comincia sparando sul governo Amato che, dice, «appare incapace di guardare lontanò»; E finisce con l'ironizzare sulle privatizzazioni: «In Germania la Treuliand ha deciso di sciogliersi dopo aver ceduto 10 mila imprese in due anni e in Italia passano mesi e si sente parlare di cedere, forse, una banca e una società quando occorrerebbe vendere tutto a chiunque, italiano o straniero, sia in grado di comprare». Duro, La Malfa. Didascalico Prodi. L'obiettivo delle privatizzazioni, dice il professore, deve essere quello di creare, come in Francia, «almeno altri 10 o 15 nuovi centri di decisione da affiancare ai 3 o 4 esistenti». Solo così, insiste, l'Italia potrà essere più competitiva in Europa. Ma per far questo, ecco la ricetta, «bisogna prima sapere cosa, come e quando privatizzare». E spiega, Prodi: «Non si può anda¬ re alle privatizzazioni senza definire le strategie, non si può cadere in un gioco pirandelliano: cosa si fa?, prima le privatizzazioni e poi le regole?». Giusto, annuisce Callieri, vicepresidente della Confindustria: «Ci vuole un progetto, ci vuole una classe dirigente per portarlo avanti». Ultima parola a Necci, possibile candidato a guidare una Treuhand italiana semmai si farà: «Prima di tutto occorre una decisione politica», dice. Poi ammette: «Certo, le privatizzazioni hanno bisogno di un'Autority». Armando Zeni Massimo Pini

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