Sulla forca per una boccata

Sulla forca per una boccata Sulla forca per una boccata La punizione scelta da Giacomo I Torquemada usava tizzoni caldi Tizzoni ardenti, pinze, morse, imbuti: la ricetta di Torquemada per guarire i fumatori pare fosse infallibile. Anche perché, se non il vizio, quasi sicuramente gli sventurati ci lasciavano la pelle. Fra le prime vittime, un certo Rodrigo de Jerez. Marinaio della Pinta, compagno di Colombo nella scoperta dell'America, se l'era cavata nelle circostanze più perigliose per terra e per mare. Ma un brutto giorno del 1498 toccò anche a lui. Bighellonava tranquillo per Barcellona, quando gli venne la voglia. Tirò fuori dalla tasca qualche foglia di tabacco essiccato, ne fece un rotolo, lo portò alla bocca. Lo accese. In un attimo gli furono addosso le guardie della Santa Inquisizione. Lo presero. Sette anni in una segreta, e tanti auguri per la salute. «Essenza divina» per i sacerdoti delle Indie Occidentali, che se ne inebriavano onde comunicare più agevolmente con i loro dèi, «erba di Satana» per i primi missionari, il tabacco prese subito fuoco in Europa sotto i fulmini della Santa Inquisizione. Ma Torquemada fu in buona compagnia. A tutti quei fumatori che in Francia come in Italia, in Svezia come negli Usa lamentano la loro sorte, paventando nuove vessazioni dai nemici salutisti, si potrebbe ricordarlo. Giacomo I d'Inghilterra, successore di Elisabetta e incallito bevitore, era infastidito dal fumo, che lo faceva tossire. Lo proibì, conuninando la forca ai trasgressori. Fece un'eccezione per il fido Walter Raleigh: all'uomo che aveva arricchito la corona di San Giorgio dell'ultimo gioiello, la Virginia, riservò un premura speciale, quando venne accusato di un complotto tabagi- Pietro il Grand sta-antimonarchico. Lo fece decapitare. Era l'anno 1618. Le cose andavano meglio nello Stato Pontificio. Ma solo in apparenza. Meno cruenti del loro inquisitore spagnolo, i papi si limitavano alla scomunica. Vi fece ricorso Urbano VTTI, il persecutore di Galileo e dei giansenisti, imitato pochi anni dopo, nel 1650, da Innocenzo X. Ma se ai fumatori impenitenti restava con ciò il piacere della fiammella effimera, è anche vero che li attendeva, nell'aldilà, il fuoco eterno. Si dovette arrivare al 1725 perché la scomunica fosse revocata da Benedetto XIII, fumatore di pipa. Molto simile la sorte dei russi amanti del tabacco. I geli della Siberia per il breve tepore: un bel contrappasso. Finché venne Pie- I tra i\ Grande, zar \ fumatore, e il fumo fu permesso. Dall'Europa all'Oriente non c'era scampo. Abbas il Grande, scià di Persia dal 1587, andava per le spicce: a chi era sorpreso mentre annusava tabacco, mozzava il naso; a chi fumava, troncava le labbra. Più benevolo e illuminato, a metà '600, il sultano Murad IV detto il Prode: al reo colto in flagrante lasciava la scelta fra la corda insaponata, con la pipa in bocca, e il rogo su una pira tutta foglie di tabacco. In un modo o nell'altro, il fumo ha sempre fatto male. Ma almeno oggi bisogna proprio andarselo a cercare. Per il resto, tutt'al più può capitare come tre anni fa in America a una giovane impiegata dell'Indiana, nelle cui urine furono trovate tracce di nicotina: venne licenziata. Ma in confronto a tutti quei mali, di una volta e di oggi, che cosa sarà mai? Maurizio Assalto Pietro il Grande

Persone citate: Benedetto Xiii, Giacomo I Torquemada, Innocenzo X., Jerez, Maurizio Assalto Pietro, Murad Iv, Walter Raleigh