Ora Garibaldi direbbe: «Che Italia ho fatto!»

Ora Garibaldi direbbe: «Che Italia ho fatto!» LETTERE AL GIORNALE: IL LUNEDI' DI O.d.8. Ora Garibaldi direbbe: «Che Italia ho fatto!» Sempre lì stiamo Egregio Sig. Del Buono, è tempo nel nostro Paese di scontri e polemiche tra «Nordisti» e «Sudisti» e c'è da augurarsi, visto che le guerre sono all'ordine del giorno in tutto il mondo, che questo non ne provochi una anche da noi e che non si debba tornare alle barricate. Non mi sento oggettivamente di parteggiare per l'uria o per l'altra parte perché sono un ibrido «scombinato» tra Sud e Nord e dovrei, in ogni caso, rinnegare la metà di me stessa in quanto mio padre era napoletano e mia madre torinese. Ma il mio ibridismo mi ha consentito durante i settantanni della mia vita di conoscere e valutare pregi e difetti del Sud e del Nord, due etnie troppo diverse tra loro per origini e storia per potersi facilmente conciliare. E' trascorso più di un secolo da quando Qualcuno ha detto: «Abbiamo fatto l'Italia; ora dobbiamo fare gli italiani». Ma questi italiani chi riuscirà a farli? Penso che Garibaldi, se dal maestoso monumento che lo ha immortalato su uno dei Sette Colli della Capitale, potesse oggi volgere lo sguardo dal Sud al Nord e potesse parlare, direbbe, sconsolato: «Ma che diavolo ho combinato?...». Alba Rocco, Torino Gentile coetanea, sono del suo stesso parere, ma ritengo che non ci sia affatto bisogno di essere tutti uguali per stare insieme. Basta la buona volontà. E' quella che latita da sempre, come dimostrano le lettere che mi arrivano. [o.d.b.] Ricominciamo da Garibaldi Stim.mo Sig. Del Buono, l'Italia unita è venuta fuori per caso in seguito all'incredibile fortuna di un coraggioso avventuriero come Garibaldi e all'abilità politica di Cavour che giocava a favore delle mire espansionistiche dei Savoia, non certo per l'impulso d'un popolo che desiderava diventare nazione, lo non dico e non dirò che noi settentrionali siamo migliori dei meridionali, dico solo che siamo molto diversi e, avendo io la certezza che il governo del Paese è impostato su una mentalità meridionalista e per il Meridione, mi oppongo a ciò e desidererei essere governato da persone che hanno la mia mentalità. Mi pare impossibile sentire sollecitare da persone con grandi responsabilità pubbliche altre enormi quantità di denaro per il Sud, dopo che tutti hanno visto che fine abbiano fatto i soldi spesi nei decenni scorsi: o sono dei deficienti (il che, però, non è certo vero) o sono del gruppo (molto folto) di coloro che da quel mare di denaro hanno tratto vantaggi e naturalmente gli va bene che tutto continui così. La cosa pubblica è in mano in gran parte a uomini del Sud, e Roma, anche se geograficamente non è al Sud, è la morbida e dorata culla della gestione levantina del Paese: il partito che da oltre quarant'anni è egemone della nazione ha sempre ottenuto il 40% dei voti meridionali, ma una simile percentuale se la sogna nel Nord. Noi oggi viviamo un colossale equivoco: alle volte ho l'impressione che tutti, in particolare gli uomini politici e gli intellettuali del Nord, sappiano bene le cose che sto dicendo, ma nessuno (salvo pochissimi come Giorgio Bocca) ha il coraggio di andare controcorrente per opportunismi più o meno saputi. Il nostro guaio non sono i partiti ma il si¬ stema esclusivamente clientelare di gestirli. Questo sistema ha sempre fatto scuola al Sud e purtroppo si è diramato in tutto il Paese, in tutti i partiti, persino nei sindacati. Purtroppo gli intellettuali o la maggioranza deglf uomini politici continuano a sostenere l'affinità culturale degli italiani. Se in una famiglia padre, madre e un figlio lavorano e altri due figli no perché non riescono a trovare il lavoro che piace loro, vedo che, dopo qualche tempo, il figlio che lavora si stufa e se ne va. E' egoismo questo o essere stufo di venir preso per i fondelli? Purtroppo queste mie aspirazioni non trovano eco in nessun partito tranne che nella fatidica Lega Nord che, pur non essendo un movimento di élite, non mostra di potere porsi come valida alternativa ai partiti dell'attuale sistema. Bisognerebbe che attorno all'idea federalista si formasse un consenso e quindi un partito trasversale del tipo di quello di Mario Segni. Ma la Lega non ha per ora il suo Mario Segni. Lascio a lei la decisione di pubblicare tutto o in parte quanto ho scritto, ma nel caso decidesse per il s), non pubblichi il mio nome perché ho acquisito parenti di origine calabrese con i quali voglio assolutamente evitare di peggiorare i rapporti. X Y, Ivrea Ahi, ahi, gentile signor X Y, anche lei soffre di «opportunismi più o meno saputi», anche lei è un italiano suo malgrado come tanti? [o.d.b.] Denuncia alle leghe Gentmo Signor Del Buono, allo scopo di non deluderla circa la mia puntualità di cui lei, facendomi l'onore di ricordarmi ancora, ha dato pubblica testimonianza, non posso passare sotto silenzio la lettera del leghista sig. Mantovani. Questa lettera mi induce a scriverle. Occupandosi lei (insieme agli altri colleghi della redazione) dell'infelice dualismo Nord-Sud che un certo gruppo di persone ha voluto a ogni costo riattizzare dalle languenti ceneri in cui, per fortuna di tutti, si era adagiato, non credo assolutamente che rischi qualcosa né da me né tantomeno dal signor Sortino. Infatti, io ho sempre aspettato una lettera veramente intelligente che, ricorrendo alle supreme vette dell'arte dialettica, nobilitasse e nello stesso tempo propagandasse la Causa di questa fazione e facesse comprendere gli impellenti, urgenti, improcrastinabili motivi per cui l'Italia deve tornare, su per giù, quale era nel lontano 1859. Volevo anche sapere perché bisognava convincersi che fra un tizio nato a Milano e un altro per sua ventura e sventura nato poniamo (come me derelitto) a Trapani, intercorresse, sul piano sociale, culturale, caratteriale, morale, eccetera, una distanza, a dir poco, Intergalattica. E in attesa di questo decisivo, inconfutabile, schiacciante colpo dialettico mi stavo rassegnando a cre¬ dermi un paria. Ma, letta la lettera col progetto di dar la Sicilia a Gheddafi, letta quell'altra in cui una tizia si era privata di ogni testimonianza cartacea le ricordasse il Sud, letta poi quella del disperato che, vedendo comparire In tv Pippo Baudo e riscontrandogli inflessioni sicule era costretto a rivolgersi alla Svizzera e dopo aver letto tante altre lettere dello stesso livello, la speranza è tornata ad albergare in me. Non nei miei riguardi lei scrive a rischio, signor Del Buono, ma nei riguardi dei leghisti i quali potrebbero rimproverarla di spulciare fra le lettere onde imbattersi in quanto di più terra terra le perviene al solo scopo di screditare e rovinare questo «patriottico» movimento... Pippo Portoghese, Torino Gentile signor Portoghese, cosa fa, mi denuncia alle Leghe? Le lettere che pubblico sono tutte autentiche, comprese le sue. Io spulcio solo tra le sue lettere, a causa della loro quantità. Ma non scelgo mai le cose peggiori. Insomma, mi attengo scrupolosamente a quanto passa il convento. [a{Lb.]