TANGO tempo d'amore e di furore

TANGO tempo d'amore e di furore I cent'anni del ballo argentino: un trattato-romanzo racconta l'epopea che appassionò Borges TANGO tempo d'amore e di furore wt| N napoletano che balla la tarantella lo fa per diverI tirsi, il porteno che balla I un tango lo fa per medi.—xJtare sulla sua sorte, che in genere è femmina, per trarre conclusioni negative sulla condizione umana». «Il tango è machismo». «Il tango è la nostalgia della comunione e dell'amore». «Il tango è satirico e il suo umorismo ha l'aggressività della beffa argentina». «Il tango è il fenomeno più stupefacente che abbia prodotto il ballo popolare». Ernesto Sàbato presenta con la passione di un amante il gran trattato-romanzo II Tango, scritto dal poeta e amico Horacio Salas, in uscita in questi giorni da Garzanti. Ed è naturale che sia così. D'amore si tratta e di mcrte, naturalmente. «I colori del tango sono il nero e il rosso, le ragazze quando, vanno a ballare portano mutande rosse» ricorda Hugo Pratt che dell'Argentina ha una conoscenza profonda e che alla danza dei guapos ha dedicato parecchie strip anche del suo Corto Maltese. Perché «il tango si presta al disegno espressionista». Allora non è vero che il ballo nato nei bordelli della Buenos Aires fine '800, gigantesca moltitudine di uomini soli, accampamento di botteghe improvvisate e di conventillos, è sempre stato scarsamente sensibile alla politica. Che La cumparsita e A media luz e tutte le canzoni di Carlos Gardel, il cantante-mito paragonabile soltanto a Evita Perón, sono legate a un furore che sembra chiudere il suo mondo nel rapporto scontro uomo-donna, anzi nella sudditanza delle minas, delle taqueras da cui nasce l'infinita malinconia del maschio sospirante: «Nella mia vita ho avuto molte, molte femmine, / ma mai una donna». «Invece è vero - spiega Pratt -. Il tango non ha bisogno della politica con tutte le cose importanti cui ha da pensare...». Così, per Sàbato: «Il tango è una possibilità infinita, è metafisica, quella metafisica che, come diceva Nietzsche, sta in mezzo alla strada, nelle tribolazioni del piccolo uomo in carne e ossa». Salas racconta cento anni di questa epopea. Da Carlos de la Pùa, poeta lunfardo che canta il tango come «danza procace, malevola e pretenziosa» a Juan Piaggio che intona «Sono il giovane ruffiano / che cammina con finezza»; da Angel Villoldo, a el Pibe Ernesto Ponzio, a Vicente Greco, a Maglio, a Canaro rappresentanti della «guardia vieja». Con Roberto Firpo, Julio de Caro, Osvaldo Fresedo siamo agli Anni 20, al primo libro di Borges Fervor de Buenos Aires, allo stupore dei «lontani» di fronte al fascismo in Italia, alla Mi noche triste del grande Contursi. La corruzione degli Anni 30, l'arrivismo, tema insolito per il tango-canzone, sono la protesta di Enrique Santos Discépolo, detto Discepolìn. Il fuoco del tango brucia in questo decennio. Naturalmente è Gardel il nucleo del libro: Gar- del è ricco, esule volontario in Europa, a Parigi, dove diventa divo-ambasciatore del ballo leggendario, muore come un predestinato in un incidente aereo. Il percorso continua poi minuzioso, capillare e comprende Homero Manzi, Càtulo Castillo, Susana Rinaldi per approdare naturalmente a Piazzolla: il rivoluzionario, il discepolo di Rachmaninov, intriso di Garcia Lorca, di Borges, di jazz: «Metterò sulle spalle come uno scialle l'alba / Entrerà "tangamente" la morte innamorata / saranno le sei in punto quando io morirò» e il violino geme. Sono cento anni di vita di una nazione profondamente tormentata. Di milioni di emigranti. Di cuori spagnoli, francesi, ebrei russi o polacchi, austroungheresi, arabi, ma soprattutto italiani, entrati in cuori argentini. Di quel sentimento profondo dell'esilio che ha riempito le viuzze della Boca di Buenos Aires dove i nomi che si gridavano dai ballatoi e dalle tangheiras erano Enrico o Angela, e i cognomi suonavano Avena o Magaldi, venuti dal Piemonte, dalla Liguria, dalla Calabria, i nomi dei «tani» che hanno dato la loro impronta e accolto lo spirito del grande «encantador», il Sud America. D'altronde Solanas con il suo film famoso, Tangos - L'exil de Gardel, non ha fatto altro che riprendere il tema antico, allargandolo alle ribalderie politiche dei Settanta e primi Ottanta, alla tragedia dei desaparecidos, nel macho sfinimento delle milongas accompagnate dal suono roco del bandonéon; e persino Scola in Ballando ballando ha riportato, proprio con il tango, il sentimento dell'«esclusione» alla sua radice, alla gente minuta anche d'Europa, della Francia di oggi e di ieri, del Fronte Popolare e delle bombe naziste, per raccontare le eterne solitudini degli uomini. Ma c'è una insopprimibile specificità, nel tempo 4/4 di Cafetin de Buenos Aires. O di Caminito. Esemplare la prima strofa nella versione di Guido Ceronetti, grande esperto di tanghitudine: «Caminito che il tempo ha oscurato / Che ci vedevi allora / stretti insieme passare, / A te vengo per l'ultima volta / A te vengo per dirti il mio male. / Caminito ricamo una volta / Di quadrifogli e di narcisi in fiore, / un fantasma tu presto sarai / Il fantasma che io sono già». Il «msde» del tango. E oggi, più nulla? Può ancora un qualche porteno dire alla sua bella: «Nel quattordicesimo aprile / ti consegnasti alla baldoria, / alle delizie di un tango...»? Il «ballo maschio, eccellente e miloguero» non è morto, e continua a essere in parte «italiano». Due delle cantanti più famose a Buenos Aires, dice Pratt, sono l'una romagnola, l'altra veneziana. Certo ci si potrebbe chiedere con Borges: «Dove saranno quelli che passarono / lasciando all'epopea un episodio, / una favola al tempo, e che senz'odio /, senza guadagno o amore si assalirono?». La risposta viene da Ceronetti che ha scritto: «Il tempo del tango non indulge a vecchiaie, fucila a bruciapelo...». Mirella Appiatti Ernesto Sàbato: «E' una possibilità infinita, la metafisica della strada» Ceronetti: «Tifucila a bruciapelo» A fianco e nell'immagrande dumomenti ballo nel f«Tango argentino»Claudio See Hector Orezzoli. una scena«Ballando ballando» Ettore ScoIn alto a destra M A fianco e nell'immagine grande due momenti del ballo nel film «Tango argentino» di Claudio Segovia e Hector Orezzoli. Sotto una scena di «Ballando ballando» di Ettore Scola. In alto a destra Milva