Arno, altre 48 ore di allarme rosso
Arno, altre 48 ore di allarme rosso Sulla Toscana previsto maltempo fino a domani, industrie in crisi: 500 cassintegrati Arno, altre 48 ore di allarme rosso E'già di 1000 miliardi il bilancio dei danni FIRENZE DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La paura corre sul bollettino meteorologico. Il livello di fiumi e torrenti sta lentamente calando, ma gli esperti prevedono pioggia per almeno altri due giorni. Reggerà la precaria rete idrica toscana a nuove, prevedibili ondate di piena di fiumi e torrenti? Intanto l'acqua limacciosa si ritira da campagne e centri abitati lasciando sul terreno fango, detriti, disperazione, rabbia. Per centinaia di persone ieri è stata una domenica di duro lavoro, reso disagevole da continui scrosci di pioggia. A Firenze come nel Valdarno, nel Pistoiese, nel Pisano la gente si è rimboccata le maniche e ha cominciato l'opera di ricostruzione di ciò che l'acqua ha distrutto o danneggiato. L'alluvione di venerdì notte ha colpito duramente. Si parla di danni per 1000 miliardi. Il prefetto di Firenze Mario Jovine, che ieri ha presieduto un vertice a cui hanno partecipato anche il sottosegretario Valdo Spini, il presidente della Regione Vannino Chiti e numerosi sindaci, ha chiesto al governo di proclamare lo stato di calamità naturale in modo da accelerare i tempi burocratici per gli interventi di sostegno ai privati e alle aziende. Il sindaco del capoluogo toscano Giorgio Morales ha deciso di provvedere con autonome ordinanze per disporre alcuni lavori urgenti, non di competenza comunale, lungo i corsi d'acqua per renderli meno pericolosi; i suoi colleghi di altre città si sono detti pronti a seguirne l'esempio. Tra la gente che ha perso la casa, il lavoro, le proprie cose, serpeggia una rabbia sorda. Poco o nulla è stato fatto dopo la tragica alluvione del 1966 per migliorare la regimazione dell'Arno e dei suoi affluenti. L'incuria e l'abbandono degli argini sono alla base dello straripamento dei torrenti Mugnone e Terzolle (non era accaduto neanche nel '66) nei quartieri a Nord di Firenze. Una sciagura che si poteva e si doveva evitare. E proprio nell'Arno è stato recuperato il cadavere di un uomo in avanzato stato di decomposizione. Probabilmente si tratta del medico Paolo Salerno travolto dalla piena del torrente Carza lo scorso 17 ottobre. Ma la situazione più drammatica resta quella del comune di Poggio a Caiano. Ancora impossibile tracciare un bilancio preciso dei danni. «Dobbiamo pensare a chi non sa dove trascorrere le notti e dove mangiare - dicono gli amministratori comunali -, dobbiamo rifornire di cibo, acqua e candele chi non ha voluto abbandonare la propria abitazione ma ancora è assediato dall'acqua. Dopo proveremo a fare il conto dei danni. Certamente si tratta di decine di miliardi». Delle ottomila persone che costituiscono la popolazione di Poggio a Caiano, 3500 sono state costrette a lasciare le proprie case. La maggior parte ha trovato alloggio da amici o parenti risparmiati dall'alluvione. Nel paese è comunque scattata una grande gara di solidarietà nei confronti di chi in una notte ha perso tutto. Centri di ricovero e assistenza sono stati organizzati in una palestra comunale, nell'istituto delle Suore Minime del Sacro Cuore, in un albergo e in un circolo dell'Mcl. Ieri le acque dell'Ombrone che, sfondando l'argine, avevano allagato il paese, hanno cominciato a ritirarsi. Ma in molte strade si poteva circolare solo sui mezzi anfibi dell'esercito e dei vigili del fuoco, o con imbarcazioni di fortuna. Sui muri delle case è rimasta una lunga linea nera la¬ sciata dalla nafta uscita dalle caldaie a testimoniare il livello massimo raggiunto dal fiume. Per tutta la notte tra sabato e. domenica le ruspe hanno lavorato alla luce delle fotoelettriche sull'argine dell'Ombrone. Trenta metri di «barriera», alta 5 metri, da ripristinare lottando contro la corrente. Tonnellate e tonnellate di pietrisco rovesciate sulla «ferita» per fermare il deflusso delle acque. Per la gente di Poggio a Caiano, intanto, una nuova notte senza luce, acqua, gas, telefono. Ovunque è stata una domenica di mobilitazione e di lavoro, centinaia di vigili del fuoco, fatti affluire da ogni parte d'Italia, carabinieri, agenti della Stradale, uomini della Protezione civile e, in alcuni casi, anche reparti dell'esercito si sono prodigati soprattutto per ripristinare i collegamenti stradali interrotti da innumerevoli frane. Smottamenti di terra e cedimenti di carreggiata avevano praticamente isolato il Casentino da Arezzo, la Valle del Serchio da Lucca e decine di piccole frazioni in ognuna delle zone alluvionate. Ancora interrotte la statale dell'Abetone e l'Aurelia. Enormi i danni per l'apparato produttivo costituito da decine e decine di piccole e medie industrie la cui sopravvivenza è ora in pericolo. Solo nel Valdarno sono già 500 gli operai messi in cassa integrazione da aziende in attesa di un aiuto finanziario indispensabile per la ripresa dell'attività. Così la furia delle acque rischia di portare via anche tanti posti di lavoro. Seppure sotto controllo la situazione resta comunque di massimo allarme. Il ministero degli Interni ha disposto che non venga ridotto il contingente di uomini ( 1500) e mezzi dei vigili del fuoco fatti affluire da tutte le regioni (la base operativa è stata allestita al piazzale Michelangelo). Nelle zone ritenute più a rischio sono state dislocate delle potenti idrovore (capaci di pompare 7 mila litri al minuto) inviate dal Veneto. Ma in caso di nuove piene potrebbe non bastare. Francesco Matteini Ripescato il corpo di un uomo A Poggio a Caiano in 3500 senza casa 4i Sopra, l'abitato di Poggio a Caiano semisommerso dall'Ombrone Solo con i mezzi anfibi è possibile soccorrere le famiglie assediate dall'acqua
Persone citate: Aurelia, Francesco Matteini, Giorgio Morales, Mario Jovine, Paolo Salerno, Valdo Spini, Vannino Chiti
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