Halloween Le streghe nell'urna di Furio Colombo

Halloween Le streghe nell'urna Halloween Le streghe nell'urna i n , . ] ER un caso tre eventi si sono sovrapposti negli stessi giorni (sabato e domenica) a New York: la festa di Halloween, o, come dice Charlie Brown, del Grande Cocomero: bambini mascherati da fantasmi vanno in cerca di piccoli doni. La ormai celebre Maratona di New York, che ha portato a Manhattan quasi trentamila persone, ciascuno in cerca di una sola vittoria. E le ultime scene da una campagna elettorale che è la più combattuta degli ultimi venti anni. Immediatamente, nella mente di molta gente e sugli schermi della televisione, i tre eventi si sono sovrapposti, l'uno metafora dell'altro. Non solo perché tra i bambini mascherati c'è chi è comparso alla porta dei vicini con la maschera da Ross Perot, non solo perché la grande corsa di domenica è un perfetto modello di attesa e di illusione pre-elettorale, ma anche perché la festa e la gara hanno esaltato l'aspetto teatrale della politica. C'è, infatti, chi ha dato alla celebrazione di Halloween un carattere apertamente anti Bush, come è avvenuto nella marcia «delle streghe», il sabato sera nel Village di New York, grande festa in difesa dei gay, del diritto di aborto, delle minoranze e di tutti coloro che nella Convenzione repubblicana di agosto sono stati dichiarati «nemici» nel discorso d'apertura di Pat Buchanan. E c'è chi ha vissuto la giornata della maratona come una prova d'attesa, scommettendo su questo o quel maratoneta, come se fossero Bush e Clinton («se vince il tale, allora vince anche il mio candidato»). Ma le due grandi feste popolari hanno evocato, in molti commentatori, alcuni tratti nuovi della campagna elettorale del 1992. Un rituale populista che non si era mai visto in passato. Uno di questi fatti nuovi è la sequenza di frasi che vengono dette dal candidato alla folla e che la folla ripete in coro, come in una immensa aula scolastica. E' una trovata iniziata dai democratici nella Convenzione di New York, ripetuta dai repubblica- ni nel loro evento di Houston. E poi ripreso soprattutto dai vice, Quayle e Gore, che molte volte sono stati sorpresi dalle telecamere a far parlare in coro la folla. Una variazione del coro è quella delle domande e risposte. Bush o Clinton (o Perot) fanno una domanda ovvia, retorica, la cui risposta è sicura. Per esempio Bush domanda alla sua folla: «Vi fidereste di uno come Clinton?». E la risposta ovvia di chi va ai comizi di Bush è un «nooo» gridato con passione. Ma in quel momento Clinton, in qualche altra parte degli Stati Uniti, si rivolge al suo popolo: «Altri quattro anni di Bush?». E il suo popolo gli urla: «Altri quattro giorni!». Il clima di Halloween ha certamente influenzato l'austero presidente degli Stati Uniti "he, la sera di venerdì, ha chiamato Clinton «bozo», un insulto molto in voga tra i bambini per dire stupido o «un po' matto». E si è divertito a dare un costume immaginario ad Al Gore definendolo «Ozone Man», e ha spiegato: «Vi assicuro che l'uomo dell'Ozono, con la sua fissazione ecologica, vi lascerà tutti senza lavoro». Tutto ciò non ha distratto gli uomini di Wall Street. La loro risposta non si rintraccia nelle ricerche di opinione ma è implicita nella loro decisione: tutti i «bonus», i premi e i dividendi che spettano a dipendenti e soci d'affari per il 1992 (e che in genere si pagano l'anno successivo) verranno pagati subito «perché altrimenti Clinton li tassa». E' un giudizio negativo sulle intenzioni del candidato democratico. Ma è una forte indicazione sulle sue probabilità di vittoria. Furio Colombo £§> lll

Luoghi citati: Houston, Manhattan, New York, Stati Uniti