«Ma le banche non ci aiutano»

«Ma le banche non ci aiutano» Maxitruffa delle carte di credito «Ma le banche non ci aiutano» Il sostituto procuratore Andrea Bascheri, che indaga sulla maxi truffa con le carte di credito contraffatte, spara a zero sulle società milanesi Cartasì e Visa: «La loro è stata una collaborazione frammentaria, lacunosa, parziale». E spiega: «Abbiamo avuto serissimi problemi in queste indagini, ci sono stati dei pesanti ritardi nella consegna della documentazione richiesta. Solo dopo che la notizia degli arresti è uscita sui giornali, ho ricevuto per corriere una parte dei documenti che aspettavo». Un'inchiesta difficile, una corsa ad ostacoli. Lo ammette anche il giudice per le indagini preliminari Ombretta Salvetti: «La collaborazione con le società emittenti delle carte di credito è stata estremamente difficile». Si concede una battuta: «Abbiamo dovuto tirarli per i capelli». Undici arresti, una truffa da tre miliardi. E adesso questa polemica, avvalorata dal fatto che né la Cartasì né la Visa hanno presentato querela. Le indagini sono proseguite ieri con altri interrogatori. Il pm Bascheri si è recato in carcere è ha interrogato Màssimo Molina e Angelo Tiàni (uno dei due titolari del Caffé Torino), già arrestati a luglio insieme con Ugo Fiorio, titolare della gioielleria Astrua di via Roma. Ma qualcuno dalle Vallette è uscito. Come Luigi Fornaca, titolare di «Preziosi Doc», negozio in via San Francesco d'Assisi 18 F (da non confondere con l'attigua oreficeria Spark, ai civico 18 d, di cui è titolare Adriana Crudo). Il suo difensore aveva presentato un'istanza di scarcerazione, anche il pm ha dato parere favorevole. Scarcerati anche Giuseppe e Guido De Benedetti, padre e figlio, titolari del negozio di abbigliamento di via Milano 7, a due passi dalla Procura. Ieri il figlio è tornato in negozio. Sul bancone accanto alla cassa c'è ancora il cartello «Non si accettano carte di credito». In un impeccabile gessato grigio (e solo un accenno di occhi arrossati), Guido De Benedetti non ha troppa voglia di parlare: «Non ho niente da dire. Mi è bastato quel che ho letto sui giornali». Fine dalla storia. Più disponibile a parlare la moglie di Vittorio Urbani, tito¬ lare dell'omonimo ristorante dei vip e dei calciatori di via Saluzzo 4. E' fiduciosa della completa estraneità del marito in questa storia di carte contraffatte. «Siamo qui in attesa - dice -. Il ristorante è aperto, ci sono io ma è come se ci fosse mio marito. Siamo tranquilli. Io penso che si tratti di un grosso equivoco, e come me lo pensano molti dei nostri clienti e amici che sono venuti in questi due giorni a testimoniarci la loro solidarietà». Vittorio Urbani è ancora recluso alle Vallette. E come lui anche Salvatore Ortenzia, gestore della Nuova Tecnosistemi; Enrico Decisi, contitolare della boutique Clicò di piazza San Carlo; Bruno Curreli, proprietario della gioielleria di via Mogadiscio 16/C; i fratelli Domenico e Francesco Sette, contitolari di «Seven Gold Flowers» e di «Preziosi nel tempo»; Roberto Ghetti, proprietario della ditta Iulini Hi-Fi; Paolo Germinare padrone del negozio «For Newman». Gli interrogatori a cui verranno sottoposti devono chiarire ulteriormente il loro ruolo nellatruffa miliardaria. Un raggiro che forse sarebbe stato più difficile in altri Paesi, dotati ora di sistemi di pagamento più sofisticati di quelli italiani. Da tempo esistono particolari tessere, denominate a microprocessore, più sicure della carta a striscia magnetica. Un microprocessore (o «chip») viene incastonato nella plastica della tessera: contiene dei circuiti attivi che entrano in funzione quando si effettua la «striscia ta» sotto la macchinetta di con trollo. Durante il passaggio vengono lanciati degli impulsi alla centrale, che deve poi dare un segnale di riscontro. Il tutto in tempo reale. In alcuni casi la sicurezza è ulteriormente garantita da tee niche criptografiche, realizzabili sempre grazie al microprocessore. In questo modo si attiva anche un altro circuito elet tronico che garantisce la riser vatezza e la sicurezza delle informazioni trasmesse via rete di telecomunicazioni, dal luogo di utilizzo (uffici, negozi, eccetera), al calcolatore centra le. Sembra fantascienza, ma è già realtà. Ivano Barbiere Guido De Benedetti scarcerato ieri con il padre Giuseppe è tornato subito al lavoro in negozio

Luoghi citati: Assisi, Torino