Edipo e la profetessa confusa
Edipo e la profetessa confusa «La morte della Pizia» di Dùrrenmatt agli «Incontri» dell'Alfa Teatro Edipo e la profetessa confusa Angela Malfitano: una tarantolata nel mito TORINO. Il mancato arrivo dell'artista russo Dimitri Tiulpanov (ufficialmente per difficoltà di trasporto) ha anticipato di un giorno la chiusura della rassegna «Incontri», promossa all'Alfa Teatro da Magister Ludi e dai Cantieri Stanislavskij. Ieri sera quindi, con l'esibizione del gruppo Na' Dramma e dell'attrice francese Agnes Dumouchel, ha avuto termine un'operazione pensata per dar risalto ad alcune giovani voci della scena europea: obiettivo lodevole, vista la quasi inesistenza dei circuiti teatrali che non privilegino soltanto il divismo o le produzioni di cassetta. Fra i meriti dell'iniziativa, vi è quello di aver portato all'Alfa Angela Malfitano, giovane attrice che per alcuni anni ha lavorato con Leo De Berardinis, del quale ha assorbito certi estri di disperata dissacrazione. La Malfitano ha progettato, diretto e interpretato con Isa¬ bella Carloni «La morte della sacerdotessa», ispirata alla «Morte della Pizia» di Friedrich Dùrrenmatt: racconto ad altissimo tasso sarcastico, nel quale lo scrittore svizzero non solo toglie sacralità agli indovini dell'antica Grecia e ai loro vaticinii, ma addirittura fa «impazzire» i miti ad essi collegati. Dùrrenmatt immagina che Pizia, sacerdotessa di Apollo a Delfo, sia visitata poco prima della morte dal cieco Edipo, cui aveva predetto che avrebbe ucciso il padre e sposato la madre. Ma Pizia non ricorda nulla della lontana profezia. Anzi confessa di avere vaticinato a casaccio, di avere inventato, perché da lei non si voleva altro. Ora deve dare udienza a Edipo e agli altri protagonisti del mito, a Laio, a Giocasta. E ciascuno racconta la storia a proprio modo, ne piega il corso ai propri fini: può dire, come fa Edipo, che la sua è stata una lotta non con gli uomini ma con gli dei, che la sublime libertà dell'uomo consiste nell'odiare i genitori e via di questo passo. La povera Pizia è confusa. Per lei, in quel momento, l'unica verità possibile è la morte. La Malfitano ha trasformato Pizia in una sorta di tarantolata. La sua creatura si muove nel santuario umido con passo legnoso, tossisce, barcolla, si agita come una posseduta, come una medium che ospiti uno spirito riottoso, che può essere indifferentemente un dio o un demone. L'attrice provoca una ininterrotta contaminazione tra l'atmosfera alta del mito (per quanto degradato dal sarcasmo) e una ritualità terragna e superstiziosa. Fino al momento bellissimo del finale, quando il suo corpo, consegnatosi al definitivo silenzio, viene ricoperto dalla sabbia che la vestale rovescia su di lei da grandi vasi di coccio. [o, g.ì
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