Gli ayatollah ultimo incubo di Bush

Gli ayatollah ultimo incubo di Bush Clinton punta sullo scandalo Iran-Contras per dare il colpo di grazia all'avversario Gli ayatollah ultimo incubo di Bush Secondo le carte di Weinberger, Vallora numero due di Reagan sapeva tutto Ma potrebbe non esserci impatto sugli elettori: la storia è troppo complicata WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Bill Clinton è balzato sulle ultime rivelazioni riguardanti lo scandalo Iran-Contras, presentandole come la prova che George Bush «non ha detto la verità» quando ha giurato di essere rimasto all'oscuro dello scambio «armi all'Iran contro liberazione degli ostaggi americani in Libano» fino alla fine dell'86. A 72 ore da un voto incertissimo, il candidato democratico difende la sua credibilità, fortemente scossa dai duri attacchi di Bush, mettendo in discussione quella del Presidente. Bush contrattacca sostenendo che quella di Clinton è solo «disperazione dell'ultimo minuto» e protesta che l'appunto di Caspar Weinberger, reso pubblico dal procuratore Lawrence Walsh nell'annunciare la seconda incriminazione dell'ex segretario per la Difesa, «non aggiunge nulla a quanto già saputo e risaputo». La storia sembra, tuttavia, essere troppo complicata per influire sull'orientamento degli elettori che, se puniranno Bush, lo faranno per tutt'altre ragioni. L'appunto di Weinberger documenta che, in una riunione svoltasi alla Casa Bianca nel gennaio dell'86, Ronald Reagan decise di autorizzare la vendita all'Iran di 4 mila missili anticarro in cambio della liberazione di 5 cittadini americani presi in ostaggio dai fondamentalisti islamici in Libano. «Io e George Shultz ci siamo pronunciati contro - dice la nota -, Bill Casey, Ed Meese e il vicepresidente (cioè Bush, ndr) a favore, come anche John Poindexter». Bush aveva ammesso di sapere della vendita dei missili, così come degli sforzi per liberare gli ostaggi, ma di non aver avuto elementi per mettere in relazione le due cose fino al dicembre di quell'anno. Disse anche di non sapere dell'opposizione di Weinberger e Shultz, anche se l'altra notte si è corretto, sostenendo solo di non sapere che fosse «così determinata». Venerdì notte, mentre partecipava alla trasmissione della Cnn «Larry King Live», Bush è stato raggiunto da una telefonata di George Stephanopoulos, uno dei principali collaboratori di Clinton: «Lei ha sempre detto che non erano armi contro ostaggi. Invece erano armi contro ostaggi». Bush prima ha etichettato l'attacco di Stephanopoulos come «disperazione dell'ultimo momento», poi, siccome Stephanopoulos insisteva, ha tagliato corto: «Non voglio mettermi a discutere con un ragazzino che dovrebbe andare a fare i compiti». L'Iran-Contras, di per sé, oltre che lontano nel tempo, non è un grosso scandalo. Dimostra che Reagan scese in trattative con dei rapitori, ma ebbe successo, perché 5 americani ritornarono a casa sani e salvi. E, per questo, la stragande maggioranza degli americani è disposta ad assolvere il vecchio Presidente. Se Bush, che allora era solo vicepresidente, avesse detto la verità, avrebbe scoperto le spalle del suo Presidente, apparendo sleale verso un uomo che forse era stato imprevidente, ma solo per salvare la vita di alcuni suoi concittadini. Bush non aveva altra scelta e qualunque americano valuti la cosa obiettivamente non può non riconoscerglielo. Ma ci sono le elezioni di mezzo. Non a caso Walsh, ricambiato antipatizzante dell'Amministrazione repubblicana, tra le 1700 pagine di appunti di Weinberger che aveva a disposizione per dimostrare che aveva taciuto la verità, ha deciso di rendere pubbliche le poche righe che chia- mano in causa anche Bush. Clinton, come è naturale, ci è saltato sopra, come, del resto, Bush si è aggrappato a ogni contraddizione di Clinton. La campagna «a fango in faccia» si mantiene fedele al suo copione fino alla fine. E questo è un segno dell'incertezza che la contraddistingue. Gli ultimi sondaggi confermano che il margine di distacco tra i due contendenti si assottiglia. Anche un rilevamento di «Newsweek» attribuisce solo due punti di vantaggio a Clinton. E un sondaggio «Abc» fissa la distanza in quattro punti. Il rilevamento di ieri della Gallup per conto della «Cnn», il primo che aveva segnalato una drastica riduzione del margine, ha ricollocato il distacco di Bush a 3 punti. Ma anche tenendo conto di questo rallentamento del recupero di Bush e dei 10 punti prodotti da un rilevamento «Cbs», la media che risulta negli ultimi due giorni fa 4. In pratica, un testa a testa. Tuttavia, il margine di vantaggio di Clinton nei sondaggi Stato per Stato resta solido, nonostante Bush appaia finalmente in testa in Texas e Florida. E sono gli Stati a eleggere il Presidente. Potrebbe anche accadere che Bush ottenga la maggioranza assoluta dei voti e Clinton diventi Presidente, avendo la maggioranza dei voti elettorali espressi dagli Stati. Una volta successe: nel 1876 al candidato Samuel Tilden. Paolo Passarmi Il Presidente ha conquistato Texas e Florida ***** / Sir CORSA ALLA CASA BIANCA le preferenze del popolo americano fra bush e clinton suddivise per età", reddito e fra le donne REDDITO MENO S 20.000 S 20.000-29.999 S 30.000-49.999 OLTRE S 50.000 DONNE LAVORATRICI CASALINGHE NON LAUREATE LAUREATE 43% Fonte: 48% P&G INFOGRAPH Il presidente George Bush