Claudio e Bettino, la vera storia

Claudio e Bettino, la vera storia DALL'AMICIZIA ALLO SCONTRO L'ex ministro: così si è rotto il patto del Midas che portò Craxi alla segreteria Claudio e Bettino, la vera storia Formica racconta: «Così è saltato il trio» ROMA 4tt fjpftrjfi EL 1946, cIuando an" M davi a far campagna elettorale nei paesi pugliesi a bordo dei carretti puzzolenti della nettezza urbana mormoravano: "Quello è un socialista, una persona dabbene...". Oggi, invece...». Rino Formica, il più vecchio del gruppo dirigente socialista del Midas, ha fama di luciferino («fin da bambino», precisa). Ma, consumata ufficialmente venerdì scorso la rottura dell'antico sodalizio politico e umano con Bettino Craxi, preferisce i toni elegiaci sul filo della memoria. «Io - racconta - m'iscrissi al psi il 18 novembre 1943, quando Craxi era ancora un bambino e Martelli un neonato. Non sono nostalgico, non dico che belle quelle auliche e fumose discussioni in sezioni sgangherate, che si concludevano con un bicchiere di vino. Ma allora il partito dominava e imbrigliava i valori essenziali di una società semplice: si stava con i poveri e stare con i poveri voleva dire essere onesti. Poi tutto è cambiato, la tavola dei valori non ha più coinciso con quella dei bisogni nuovi della società, tutto è stato regolato da interessi e denaro. Oggi non si coglie più la differenza tra socialisti e democristiani, i partiti sono omologati e superflui, son vissuti come infrastrutture parassitarie». Onorevole Formica, un passionale fazioso e sovversivo come lei, alla vigilia di una grande battaglia nel psi, parla quasi come uno che ha voglia di abbandonare la politica senza principi e ritirarsi in meditazione. «Sì, ho pensato di lasciare la politica dopo tanti anni e di ritirarmi Ma poi mi son reso cpnto che è impossibile per uno della mia benedetta o maledetta generazione, che in un decennio formativo ha visto il fascismo, la guerra, la Re pubblica, la libertà, l'atomica, le rivoluzioni. Io ho respirato la po litica, non l'ho fatta come una professione o Una carriera». La politica è sangue e merda; la definizione è sua. «Si, nel senso della passione e del coinvolgimento. Non nel senso che deve farsi inquinare dagliilementi inquinanti. I mali vanno curati, non assorbiti. Il psi, come del resto gli altri partiti, è ormai staccato dal contesto. Giolitti an dava nel suo collegio a parlare col vignaiolo e Nenni poteva passare giorni ad Andria a parlare con gli umili. Oggi, invece, ad avere il rapporto umano con la gente sono al massimo i portaborse, così di leggiati. I veri portaborse sono forse i politici». Ha ragione Martelli quando dice che il psi è un'etichetta scaduta dopo tre lustri di craxismo? «Io ho paura delle forze senza sto ria, credo che anche le più grandi rivoluzioni debbano far riferi mento a processi storici. I partiti sono etichette scadute se non riescono più a produrre idee. Il psi ne ha prodotte dal 1976 al 1983. Poi Craxi ha cominciato a fare errori». Lei, nonostante tutto, è un po' turbato sul piano umano per la rottura con Craxi, con il quale per tanti anni ha mangiato «il pane duro dell'autonomismo socialista»? «Con Craxi ho avuto una grande convergenza umana, ma soprattutto politica. Lo conobbi al congresso di Napoli, lui aveva 25 anni e io 32. Allora si doveva essere per forza di sinistra e noi per poter essere autonomisti e anticomunisti dovevamo passare per trotzkisti. Tutto dò",ehe era drSi~ nistra era giovane, bello e alla moda. Perfinoil vecchio Malagugini. Quel venticinquenne anticonformista, invece, aveva il coraggio di dire di non essere per definizione di sinistra». «Sinistra» è una parola che Craxi ha sempre odiato? «Sì, e giustamente, perché aveva un'accezione bolscevica. Ma, al di là dell'ammirazione per il suo anticonformismo politico, maturai un affetto personale, che si rafforzò nel 1968, quando arrivammo a Roma, lui deputato e io senatore». Com'era allora? «Diffidente, diffidentissimo nei rapporti all'interno del partito e ingenuo nei rapporti esterni. Non è cambiato. Ha incorporato la spregiudicatezza delle lotte interne degli Anni Cinquanta e Sessanta, ma ha conservato l'ingenuità nella vita esterna». . Anche lei, come Martelli, era autorizzato ad aprire il frigo in casa sua? «Non ho mai aperto il suo frigorifero, né mai superato la soglia deU'intimità. Non ho mai avuto un rapporto umano morboso con lui o con altri». Per quésto in pubblicò non lo chiama mai Bettino? «r*V * «Può darsi». Tuttavia, è stato lei ad ammorbidire il documento della dissidenza. «Io non sono certo per natura un mediatore o un pontiere, ma son convinto che non si è mai risolto un problema politico in chiave di amore-odio. Per questo mi son battuto perché la questione nel psi non fosse posta in termini radicalmente personali. Nel dopoguerra ci sono state lotte politiche asperrime, ma i rapporti umani restavano saldi. Così fu tra Nenni e Saragat». Con Craxi sarà possibile? «Non siamo più ai tempi di Cavallotti e dei duelli, né dei moschettieri. Non si possono mischiare rancori, vendette, guerre personali. Queste sono storie da vecchi bonzi. Il problema è politico, come è ben spiegato nel nostro do¬ cumentò: si è esaurita una linea sostenuta per un certo periodo legittimamente e poi, per troppo tempo, sbagliando pervicacemente. Ciò non toglie che il mio affetto per Craxi è immutato». Alla richiesta di dimissioni dei dissidenti, Craxi ha risposto in modo sprezzante e ha evocato il lanciafiamme. «Piaccia o non piaccia a Craxi, aperta la fase congressuale, tutto il gruppo dirigente è di fatto dimissionario». Quand'è, onorevole Formica, che Craxi ha cominciato a sbagliare? «La guida di Craxi ha dato i frutti migliori dal 1976 al 1983. Ha messo in discussione la cultura dello "Stare insieme", ha lanciato la Grande riforma, che i comunisti tacciavano di fascismo e tutti questi strani personaggi che oggi si aggregano per riforme all'americana di golpismo. Ha smascherato la Nuova destra, che si mascherava da sinistra. Ha spiegato che il riformismo non è il ventre molle del socialismo. Il riformismo pone problemi maturi, il conservatorismo problemi marci. Una grande stagione, con un disegno lucido». E poi? «Craxi va a Palazzo Chigi e scatta una molla infernale: abbandona la costruzione di una prospettiva politica, abbandona la Grande riforma e comincia a pensare che si possa fare a meno della sinistra storica, anche a causa delle chiusure di Berlinguer. Io ero presidente del gruppo parlamentare e con Napolitano, capogruppo pei, evitammo sempre di giungere al punto di rottura». Perché? «Chi ama fare analisi psicologiche può sostenere un'ubriacatura, può pensare che Craxi s'è inebriato assumendo un ruolo superiore al suo peso politico. A me sembra una spiegazione fumettistica. In realtà, Craxi cominciò a credere che il rapporto a sinistra fosse marginale perché la posizione istituzionale era già influente e dominante. Un errore storico». Lei è sicuro che il fatto psicologico non conti? Che l'essere entrato nella mitica stanza dei bottoni di nenniana memoria non gli abbia fatto perdere la bussola? «Nella vita c'è anche il naso di Cleopatra, ma io penso che sia stato vittima dell'illusione che si potesse fare da soli. Fu allora che sorse la stirpe dei craxini». Che c'entrano i craxini? «Questa voglia di far da soli, in periferia ha generato i craxini, personaggi che non riuscivano a realizzare il socialismo e allora cercavano almeno un po' di benessere. Un vecchio provinciale come me, che tra l'altro non frequenta salotti, non partecipa a cene, non fa mondanità, aborrisce le balere, ha sofferto molto questo passaggio dalla cultura dei valori alla degenerazione sub-culturale». Scusi Formica, ma voi dove eravate? A proposito della storia della sua dittatura sul partito, Craxi dice: «Stavano tutti tranquilli sotto l'ombrello». «Nominato presidente del Consiglio, Craxi si convince che ci vuole il minimo del dibattito politico interno. E quando io, capogruppo parlamentare, illustro le mie posizioni politiche rispettose, ma differenziate, lui mi fa attaccare dall'Avanfi.' Ha la debolezza di non capire che la democrazia è sì faticosa, ma non si può considerare fastidiosa». Lei che lo conosce bene, sa che Craxi bada prima di tutto alla lealtà. «Povero grande Pietro - ha detto una volta di Nenni - sono andato in minoranza con lui, ma non l'ho mai lasciato!». «Craxi non ha lasciato mai Nenni perché la pensava come lui. Oggi che ha quasi sessantanni dovrebbe sapere che non puoi chiedere neanche a tuo figlio di pensarla per forza come te». Nonostante tutto, il trio Craxi, Formica, Martelli ha funzionato per una lunga stagione. Che effetto le fa vedere oggi il segretario attorniato dagli Intuii e dai La Ganga? «Non ho mai visto un capo vero indotto in errore da uomini di palazzo e pretoriani. Anche perché un capo vero non ha un partito di corte». Tangentopoli ha contribuito a far precipitare la crisi socialista. Lei che è stato anche segretario amministrativo del partito pensa come Craxi che ci sia da distinguere tra irregolarità, illegalità e criminalità? «Vorrei ricordare che quando Craxi mi chiese di fare il segretario amministrativo, io gli chiesi mano libera e gli dissi che accettavo perché in quel momento non avevo immunità parlamentare. Sui segretari amministrativi con immunità, in genere vengono scaricate tutte le colpe. Detto questo, i reati provati a Milano vanno puniti, perché di reati comunque si tratta. Ma bisogna prendere atto che il sistema delle tangenti era una specie di costituzione materiale dello Stato italiano. L'entità era tale che nessuno poteva non vedere: politica, pubblica amministrazione, imprese, magistratura, informazione. Attraverso una discussione tra magistrati e mondo politico bisogna ora spiegare le ragioni per cui questa costituzione materiale si è formata, rimuoverle e quindi trovare una forma per chiudere per sempre un'epoca». Onorevole Formica, in novembre ci sarà l'assemblea nazionale soprannominata l'assemblea «dei nani e delle ballerine» per la presenza di quella sub-cultura rampante che l'ha fatta soffrire e poi il congresso. Lei, Martelli e gli altri 21 dissidenti pensate di avere la maggioranza? «Si vedrà a chiusura del congresso. Ma la maggioranza dev'esserci per forza, perché il cambiamento è obbligato. Ha un solo grande difetto, arriva troppo tardi». Se non sarà Martelli, chi può essere il nuovo segretario? Giugni, Spini, Andò, Amato? O Formica, che ha deciso di non abbandonare la politica? «Non mi esercito su queste cose. Ma è certo che non ci sarà più l'idea del vertice inviolabile e immutabile. In Inghilterra un segretario laborista che non va se ne torna a casa in 5 minuti. Sarà così anche da noi. E poi, vivaddio, sarà invertita la sequenza». Quale sequenza? «Prima la politica, poi gli organigrammi, altrimenti si perpetua la nomenklatura». Alberto Staterà «A Craxi voglio ancora bene ma non ho mai aperto il suo frigorifero» «Oggi la gente non coglie più la differenza tra socialisti e democristiani» «Il cambiamento è obbligato Ma arriva tardi» Foto sopra Giuseppe Saragat A destra Pietro Nenni Nella foto sopra il senatore socialista Gino Giugni Nella foto sotto Ugo Intini A destra: Martelli

Luoghi citati: Andria, Inghilterra, Milano, Napoli, Roma