Suicida come la figlia «Non ho saputo salvarti» di Lodovico Poletto

Suicida come la figlia «Non ho saputo salvarti» Tragico gesto di una giovane madre a Ivrea Suicida come la figlia «Non ho saputo salvarti» L'ossessione di non essere riuscita a salvare la figlia la tormentava da mesi. Poi la grave di depressione che potrebbe averla spinta a togliersi la vita. A Torre Balfredo, piccola frazione di Ivrea con case vecchie e nuove addossate le une alle altre, lo dicono tutti con certezza agghiacciante: «S'è buttata in Dora. Dopo la morte di Barbara non era più lei». Già, sembra tutto così scontato nella scomparsa di Daria Lacchia, quella signora gentile, forse un po' strana, da qualche tempo taciturna e pallida. Daria, 39 anni spesi a tirare su i figli, Luca appena ventenne e Barbara, e ad accudire il marito Gioacchino, se n'è andata di casa l'altro giorno. La sua vecchia 126 l'hanno trovata per caso i poliziotti. Era parcheggiata vicino alla Dora tra Strambino e Vestignè. Sul sedile c'era ancora la borsa, sul pavimento le scarpe. I vigili del fuoco hanno scandagliato il fiume in lungo e in largo, lo hanno scrutato dall'elicottero e dalle barche alla ricerca di un corpo di cui non c'è traccia. Nella casa di Canton Avignone i parenti, invece, hanno trovato una lettera. Due pagine protocollo scritte a mano, vergate in fretta, indirizzate al marito. Lì, nero su bianco, sta scritta la storia del suo dramma di madre. «Adesso soffro e sto male. Continuo a disperarmi, ma non sono affatto matta». Un fantasma, quello della pazzia, che ha aleggiato per tanto tempo in quella casa. Era arrivato con la morte di Barbara, la figlia più giovane. Fragile, non ancora ventenne. Barbara era passata attraverso il calvario delle crisi depressive. Per anni, con la madre al fianco, ha peregrinato da un medico all'altro alla ricerca di una cura che non esiste. A fine luglio, in una corsia d'ospedale, si è uccisa stringendosi un sacchetto di plastica attorno alla testa. Da pochi giorni era tornata nel reparto di psichiatria di Castellamonte. Doveva essere un ricovero temporaneo, un'alternativa alle solite cure che lei stessa aveva chiesto e ottenuto, dopo averne a lungo parlato con la madre. Per Daria Lacchia è stato un colpo terribile. L'ennesimo, quello che ha fatto scattare in lei i rimorsi e i sensi di colpa. I parenti non ne vogliono parlare mentre i vicini, adesso, si sbilanciano a raccontare come la mamma di Barbara ultimamente era cambiata. Ancora una volta parlano di medici e di visite specialistiche a cui si sottoponeva dalla tragedia di luglio. Per Daria, casalinga da sempre, quella vita fatta di medici e controlli è presto diventata insopportabile, un incubo. Al rimpianto si sono aggiunte sofferen¬ za fisica e paura: un inferno cui non trovava rimedio. «Non voglio iniziare a entrare e uscire dagli ospedali» ha scritto con lucidità. E sempre con lucidità - al punto di invitare figlio e marito ad andare a vivere per un po' in casa di qualche parente e pensare alla sistemazione del cane l'addio alla vita: «Trovo finalmente il coraggio di fare quello che ha già fatto quella mia povera figlia». Poi è sparita, forse inghiottita dalle acque della Dora. Lodovico Poletto La sua auto è stata trovata sulle sponde della Dora Inutili le ricerche dei pompieri Daria Lacchia era rimasta sconvolta dal suicidio della figlia Barbara a luglio

Persone citate: Daria Lacchia, Fragile, Torre Balfredo

Luoghi citati: Barbara, Canton Avignone, Castellamonte, Ivrea, Strambino, Vestignè