Bankitalia chiude il rubinetto di Stefano Lepri

Bankitalia chiude il rubinetto Se crescono i prezzi anche i tassi saliranno. La crisi valutaria è costata 52.000 miliardi Bankitalia chiude il rubinetto «Non finanzieremo l'inflazione» ROMA. Non finanzieremo l'inflazione, dice la Banca d'Italia. E' rivolto a tutti il messaggio del semestrale «Bollettino economico» pubblicato ieri: alle imprese, perché non aumentino i prezzi; ai lavoratori, perché accettino il contenimento dei salari; al Parlamento, perché approvi le misure economiche proposte dal governo; al governo, perché in caso di necessità adotti provvedimenti aggiuntivi. Nessuno si illuda: se qualcuno sbaglierà, la Banca d'Italia non asseconderà l'errore stampando più moneta; e i tassi di interesse, ora avviati a una ulteriore discesa, potrebbero addirittura risalire. Con il cambio della lira fluttuante e svalutato - spiega Pierluigi Ciocca, alla Banca d'Italia direttore centrale per la ricerca economica - il controllo della quantità di moneta acquista un'importanza molto maggiore: «Prima era il cambio forte a tener saldo l'ormeggio contro l'inflazione; ora è la moneta che deve fare da àncora». Non è affatto nuovo che la Banca d'Italia fissi questi obiettivi di politica monetaria (tecnicamente, crescita dell'indice M2 tra il 5 e il 7% nel 1993); è nuova la loro «forte sottolineatura». La Banca d'Italia si mette un poco a imitare la Bundesbank. Già negli ultimi due mesi, tenendo duro sulla moneta, si sono limitati i danni della tempesta valutaria. D'ora in poi, ogni comportamento inflazionistico sarà pagato caro: credito più scarso, meno crescita economica, meno posti di lavoro. Bisogna soprattutto tener duro nei prossimi sei mesi, per minimizzare l'effetto della svalutazione sui prezzi. Ma a questo proposito il bollettino della Banca d'Italia è abbastanza ottimista. • Lira e costo vita. Con l'attuale tasso di svalutazione della lira - 12% circa con tendenza a diminuire negli ultimi giorni - se i prezzi di tutte le merci importate si adeguassero, l'effetto sull'indice dei prezzi sarebbe di poco meno del 2%. Ma si spera che molte imprese estere preferiscano tener fermi i listini per non perdere quote di mercato. Nell'ipotesi più favorevole, salirebbero solo i prezzi delle materie prime portando a un effetto sui prezzi di appena lo 0,5%. • Il governo fa bene. A frenare l'inflazione, contribuirà fortemente la stretta ai consumi im- posta da Amato. Per la prima volta dopo anni, dal Bollettino della Banca d'Italia non traspare scetticismo sulla manovra economica in corso. Le cosiddette «stangate» degli anni passati non avevano gran che frenato la crescita dei consumi; questa, probabilmente, sì. Risalire la china è però difficile: l'unico metro del successo è «il ripristino della fiducia, la capacità di persuadere i mercati finanziari che il cammino verso l'equilibrio è stato intrapreso ed è irreversibile». • Il mondo non aiuta. «Non ci spingiamo a prevedere ciò che avverrà l'anno prossimo» dice Ignazio Visco, capo dell'ufficio studi della Banca d'Italia: ed è anche questa una novità, l'incertezza. Come altri istituti, anche la Banca d'Italia teme che le stime del Fondo monetario (nel '93 + 2,9% il prodotto dei Paesi industriali, +7% il commercio internazionale) siano ottimistiche. • Quanto è costata la crisi. Dal 2 giugno, referendum danese, all'uscita dallo Sme il 17 settembre, la difesa della lira si è tradotta in un esborso di riserve valutarie pari a 52.000 miliardi di lire: 7800 in giugno, 15.000 in luglio e agosto, 30.000 in settembre. «Ma non scrivete che sono state bruciate - raccomanda la Banca d'Italia - ciò che conta è la bilancia dei pagamenti, è la posizione netta sull'estero». I prestiti a breve da restituire alla Bundesbank e ad altre banche centrali si aggirano sui 25.000 miliardi. Stefano Lepri Carlo Azeglio Ciampi

Persone citate: Carlo Azeglio Ciampi, Ignazio Visco, Pierluigi Ciocca

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