Bush nello specchietto di Clinton

Bush nello specchietto di Clinton Alla fine della campagna le casse vuote frenano i due rivali, solo Perot continua a spendere Bush nello specchietto di Clinton II Presidente a un punto dallo sfidante democratico WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Sostanziale parità. L'ultimo sondaggio nazionale «Cnn-UsaToday», divulgato ieri, colloca George Bush a un solo punto di distanza da Bill Clinton, 40% contro 41%, tra gli elettori intenzionati a recarsi alle urne. E' chiaro che sta succedendo qualcosa nella mente degli americani che, a quattro giorni dal voto, definiscono il loro orientamento finale. Il recupero di Bush c'è, è piuttosto impressionante e tinge di giallo la notte del 3 novembre. La corsa si fa stretta, la caccia ai voti diventa frenetica, mentre i due principali candidati sono ormai a secco di soldi, ma riccamente riforniti di insulti. Bush chiama «pagliacci» Clinton e il suo vice Albert Gore. Clinton fa il risentito, ma poi dà a Bush del «disonesto». «Vorremmo che la campagna fosse finita due settimane fa», confessano, preoccupati, gli uomini del candidato democratico, rimpiangendo i giorni in cui il distacco su Bush era indicato da numeri a due cifre. Ma i sondaggi nazionali nascondono che, Stato per Stato, la somma dei voti che contano è ancora a tutto vantaggio di Clinton. I sondaggi Stato per Stato hanno due difetti: sono arretrati di qualche giorno rispetto ai sondaggi nazionali e, quindi, non riflettono pienamente il recupero di Bush. Inoltre, non sono compiuti con parametri omogenei. Tuttavia Clinton appare quasi irraggiungibile e, per vincere, Bush dovrebbe compiere un autentico miracolo. Gli ultimissimi dati indicano che il democratico controlla attualmente con un certo margine 223 dei 270 voti che gli servono per arrivare alla Casa Bianca. Interamente suoi sono gli Stati della costa pacifica, soprattutto la California, il grande bottino di 54 voti, ma anche l'Oregon e lo Stato di Washington. Suoi sono gli Stati del Nord-Est, e soprattutto quello di New York, che porta 33 voti. Ma anche in Connecticut e Massachusetts Bush sembra tagliato fuori. Nella fascia decisiva del Midwest, infine, Clinton, che era al comando, sta perdendo parecchio terreno, ma sembra mantenere un saldo controllo sui 22 voti dell'Illinois. Bush, invece, può per il momento piantare sicuro la bandiera solo su quattro Stati del West, Nebraska, Wyoming, Idaho e Utah, che assieme garantiscono solo 17 voti elettorali. Proprio nel West, tradizionale roccaforte repubblicana, Clinton ha compiuto delle vittoriose incursioni in Colorado e New Mexico. Per vincere, Bush deve aggiudicarsi tutti gli Stati considerati incerti, e soprattutto i decisivi Texas, 32 voti, e Florida, 25, dove sembra avere un margine di vantaggio molto esiguo e dove pesa l'incognita del fattore Ross Perot. Deve recuperare tutto il Sud, scappatogli dalle mani, e, in particolare, la Georgia, 13 voti, assieme alle due Caroline, 21 voti. Poco può fare nell'Arkansas di Clinton, ma ha qualche tenue speranza nel Tennessee di Gore. Ultimo, ma più importante, Bush deve espu¬ gnare tutto il Midwest a parte l'Illinois, vale a dire, soprattutto, Michigan, Ohio, Wisconsin e Pennsylvania, dove è in forte recupero ma non al comando. L'equazione del miracolo di Bush è facile da definire, ma quasi impossibile da risolvere: conquistare tutti e 124 i voti incerti, consolidare i 44 voti degli Stati in cui ha un vantaggio modesto e strappare a Clinton almeno 80 voti negli Stati che propendono per lui. Clinton, dal punto di vista di Bush, non può aggiungere più di 46 voti a! bottino di partenza di 223. Se ci riesce, è un capolavoro. Ma l'opinione degli elettori è in forte movimento. I soldi a disposizione del Presi¬ dente stanno, però, finendo. Per tradizione, la sera del lunedì, i candidati lanciano l'ultimo appello agli elettori attraverso le tre principali televisioni nazionali, «Abc», «Nbc» e «Cbs». Clinton, con 2 milioni di dollari, ha comprato tre mezze ore. Perot, con 3 milioni, ha comprato un'ora su «Nbc» e due mezze ore sulle altre reti. Bush, invece, non farà alcun appello. I responsabili della sua campagna hanno spiegato di ritenersi soddisfatti del bombardamento effettuato negli ultimi giorni con innumerevoli' «spot». Ma corre voce che la rinuncia sia imposta da sofferenze di cassa. Clinton, a cui sono affluite montagne di danaro negli ultimi tre mesi, da quando i sondaggi lo hanno indicato solidamente al comando, ha anche lui dei problemi. Ha infatti chiesto alla Commissione Elettorale Federale il permesso di accendere un prestito per un milione di dollari e Bush protesta: «E' la prima volta che maneggia denaro federale e ha subito fallito», dicono i suoi uomini. L'unico a non avere problemi di questo tipo è Perot: ha speso solo nelle ultime tre settimane un quarto di quanto gli altri due hanno bruciato in quasi un anno, dall'inizio delle primarie, circa 50 miliardi di lire. Ma ne ha ancora tanti. Paolo Passarini Il Presidente rinuncia agli spot Il governatore invoca il permesso di chiedere un nuovo prestito per un milione di dollari Albert Gore vice di Clinton è stato duramente insultato da Bush Hillary Clinton è protagonista della campagna elettorale a fianco del marito LA SFIDA STATO PER STATO > ALASKA s . HAWAII NEW HAMPSHIRE MASSACHUSETTS RHODEISLAND CONNECTICUT NEW JERSEY DELAWARE MARYLAND VIRGINIA OCC. WASHINGTON D.C. CAROLINA 0. NORD CAROLINA D. SUD DECISAMENTE PER CLINTON 15 STATI CON 223 GRANDI ELETTORI DECISAMENTE PER BUSH: 4 STATI CON 17 GRANDI ELETTORI INCERTI: 31 STATI PIÙ' IL DISTRETTO DI COLUMBIA CON 300 GRANDI ELETTORI