Battaglia in aula, poi spunta l'ironia di Fabio Martini

Battaglia in aula, poi spunta l'ironia Battaglia in aula, poi spunta l'ironia Pomicino scherza: anch 'io ho fatto raccomandazioni ROMA. Sulla plancia del Transatlantico schiuma la rabbia, soffia la bufera dell'indignazione contro i magistrati, ma Paolo Cirino Pomicino la butta sullo scherzo: «Lo sapete? Ho telefonato al procuratore di Napoli e gli ho detto: sa, le raccomandazioni le faccio anche io... E lui mi ha risposto: sa, Pomicino, anche io non sono immune!». Su e giù per il Transatlantico di Montecitorio, con la sua consueta verve, passeggia, sdrammatizza e sorride il napoletano Pomicino. Lui sorride, ma non è una bella giornata per il suo compare di barca e di pasta alle zucchine Franco De Lorenzo, non è una bella giornata per un altro napoletano che conta come Giulio Di Donato e neanche per quello straordinario personaggio che si chiama Alfredo Vito, 104.000 preferenze senza uno spot, un manfesto, un discorso, un napoletano dalla mano sudata che anche a Montecitorio ha scelto di nascondersi, di scivolare laconico tra i divani: lo chiamano «la Sogliola». Francesco De Lorenzo, liberale. Paolo Cirino Pomicino, de¬ mocristiano, Giulio Di Donato, socialista: quante illazioni sulla Triplice alleanza trasversale, quante chiacchiere sui loro archivi, sui loro voti, sul loro potere, su quella tv - Canale 8 controllata in condominio. Ma ora su due dei tre vicere di Napoli, sul mito delle loro clientele è piombata la magistratura. E nel giorno della tempesta, nel giorno della gogna, chi ha scelto di non nascondersi è il ministro De Lorenzo. Elegante come sempre nel suo completo blu, il decreto di sequestro nella mano leggermente tremolante, De Lorenzo si offre con piacere ai cronisti che lo circondano: «Non ho niente da nascondere, né assessori né altro. Piuttosto come tutti i parlamentari di questo mondo - e credo sia successo anche a De Nicola - mi è capitato di occuparmi di questioni umane e comunque a tutela dei diritti dei cittadini». De Lorenzo parla, si sfoga e racconta nei minimi dettagli l'irruzione nel suo studio: «Il carabiniere che voleva sequestrare il materiale di propaganda è stato fermato dalla segre¬ taria e poco dopo ho parlato telefonicamente con lo stesso carabiniere, facendogli presente che non poteva fare perquisizioni a casa mia quando esiste una Costituzione che lo impedisce». Eppure, quante gliene hanno dette, in questi anni, a De Lorenzo. «E' un boss della politica, un ministro che ha messo in piedi un'organizzazione clientelare», dice Diego Novelli. Ma come? Anche il piccolo pli ha le sue clientele? Amato Lamberti, sociologo e neoconsigliere verde a Napoli fa notare: «La novità è che dopo aver preso per anni voti nei quartieri alti come il Vomero e Posillipo, ora i liberali li prendono anche altrove». I dati parlano chiaro: a Poggioreale, nei vicoli della Vicaria, a Soccavo, il pli di De Lorenzo alle ultime comunali ha avuto un boom elettorale e a Casal di Principe, un Comune del Casertano sciolto per infiltrazioni camorristiche, il pli è passato dall'1,2 al 27 per cento. Ma De Lorenzo non ci sta al gioco delle illazioni: «Ma poi il magistrato che voleva vedere? Voleva accertare chi fossero i destinatari del mio materiale di propaganda e i miei potenziali elettori. Non vorrei che la magistratura scherzasse». E nel suo giorno più lungo, chi è restato fedele al suo personaggio è il silenziosissimo onorevole Vito, l'aria eternamente spaurita, l'uomo che quando fu eletto alla Camera, nel 1987, si scrisse per la Navicella una nota biografica che assomigliava ad un telegramma: era lunga appena nove ri¬ ghe. Una volta ha detto: «La mia campagna elettorale non finisce mai, io sono sempre in campagna elettorale...». Ora i magistrati sono andati a scrutare tra i segreti del suo trionfo, in quell'archivio che si favoleggia conta un numero straordinario di nomi: più di centomila. Chi invece non si è sottratto alla irruzione dei carabinieri è Giulio Di Donato, che con un comunicato ci tiene a far sapere: «Non ho archivi o elenchi da nascondere». Ma anche l'ascesa politica di Di Donato è stata punteggiata da illazioni, accuse, clamorose cadute di suoi compagni di partito, assessori sotto inchiesta. E su di lui sono piovute anche accuse feroci, come quella di Gerardo Chiaromonte: «Di Donato? Un clientelare, cinico, corruttore con amicizie ambigue ed assai equivoche». Ma lui non ci sta: «Se avessi saputo di essere oggetto di un'indagine - dice il vicesegratario socialista - avrei messo a disposizione dei giudici, spontaneamente, il mio ufficio e anche la mia abitazione». Fabio Martini Paolo Cirino Pomicino

Luoghi citati: Casal Di Principe, Napoli, Posillipo, Roma