«Polemica folle, nessuna perquisizione» di Fulvio Milone

«Polemica folle, nessuna perquisizione» I politici gridano allo scandalo, ma la Procura di Napoli è già passata al contrattacco «Polemica folle, nessuna perquisizione» II giudice: ma se il ministro mi ha fatto i complimenti... NAPOLI. Tutto è cominciato alle dieci di ieri mattina, quando un ufficiale del Ros, il Reparto operativo speciale dei carabinieri, ha bussato alla porta dello studio del ministro Francesco De Lorenzo, al numero 15 di via Battisti, nel centro di Napoli. Aveva tra le mani un semplice foglio dattiloscritto che di lì a poco avrebbe provocato un vero e proprio terremoto politico. Con quel documento due magistrati della procura circondariale ordinavano il sequestro di «elenchi, schede, fascicoli, tabulati e dischi per computer contenenti i nomi dei potenziali elettori e dei destinatari di materiale elettorale, o segnalazioni di qualsiasi natura» custoditi nell'ufficio di un ministro della Repubblica. Mentre l'ufficiale notificava il decreto a una collaboratrice di De Lorenzo, i sostituti procuratori della Repubblica presso la pretura di Napoli Francesco Menditto e Vincenzo Piscitelli hanno inviato un avviso di garanzia al ministro della Sanità. Il reato ipotizzato è di corruzione elettorale: in parole povere, i giudici vogliono accertare se siano stati promessi o concessi posti di lavoro o altri favori in cambio del voto. Ma il leader indiscusso del pli a Napoli non è l'unico ad essere finito nel mirino dei magistrati. Nella stessa mattinata altri carabinieri e funzionari della Digos si sono presentati in via Generale Orsini e in via Guglielmo Sanfelice, dove si trovano gli uffici di altri due politici di rango: il vicesegretario del psi Giulio Di Donato e il segretario del gruppo parlamentare de Alfredo Vito, l'alter ego di Antonio Gava in Campania, l'uomo più votato alle ultime politiche nella circoscrizione Napoli-Caserta. A loro è toccata la stessa sorte riservata a De Lorenzo: avviso di garanzia per voto di scambio e ordine di sequestro dei documenti. Il decreto è stato eseguito in un solo caso. Gli unici a ottenere le carte e i floppy disk sono stati i poliziotti che hanno visitato lo studio di Di Donato, malgrado le proteste della segretaria del leader socialista, Cecilia Sorrentino. I collaboratori di Francesco De Lorenzo e Alfredo Vito hanno sbarrato il passo ai carabinieri, che si sono limitati a notificare i provvedimenti così duramente contestati dai politici. De Lorenzo grida allo scandalo? II responsabile della procura circondariale, Michele Morello, il giudice che mandò assolto Enzo Tortora al processo in appello, si indigna a sua volta: «Ciò che sta accadendo è pura follia», commenta. Come sarebbe a dire: follia? «De Lorenzo ha detto una cosa non vera, e cioè che il suo studio è stato perquisito. In realtà è stato emesso un ordine di sequestro, e contemporaneamente è stato inviato un avviso di garanzia. Un provvedimento, il sequestro, del tutto legittimo, visto che l'articolo 68 della Costituzione prevede la richiesta di autorizzazione al Parlamento in caso di perquisizione o arresto di un parlamentare. Il sequestro dunque è legittimo, a meno che l'interessato non si opponga all'acquisizione del materiale. Il ministro si è rifiutato di consegnare i documenti, e i carabinieri hanno fatto dietrofront senza prendere una carta». Ma De Lorenzo continua ad accusare, dice che i giudici hanno revocato il decreto. «Niente di più falso», replica Morello, che aggiunge: «Ho spiegato tutto al ministro, che mi ha telefonato dopo essere stato informato dalla sua segretaria della visita dei carabinieri. Gli ho spiegato tutto. Sa qual è stata la sua risposta? Si è complimentato con me. Ha detto: finalmente ho conosciuto un giudice corretto». Probabilmente neanche i sostituti Francesco Menditto e Vincenzo Piscitelli si aspettavano una reazione così violenta da parte dei politici. Certo è che le nuove inchieste sul voto di scambio sono capitate in uno dei momenti più delicati della storia del palazzo di giustizia napoletano: solo venti giorni fa, infatti, quindici parlamentari avevano presentato un'interrogazione al ministro di Grazia e giustizia, puntando l'indice contro i giudici di Castelcapuano, accusati di scarsa serenità e correttezza nelle indagini su alcuni esponenti politici. In quell'occasione un sostituto procuratore della Repubblica bollò la sortita dei deputati come «un tentativo di intimidazione messo in atto dal potere politico contro i colleghi impegnati in inchieste particolarmente difficili, e alla vigilia di importanti scadenze». Erano quelle di ieri le «importanti scadenze» alle quali il magistrato alludeva? Delle indagini sul conto di De Lorenzo, Di Dona- to e Vito si sa poco o nulla. Di certo c'è solo che nei mesi scorsi polizia e carabinieri avevano perquisito decine di aziende napoletane: società specializzate in lavori di alta tecnologia, grossi gruppi a partecipazione statale impegnati nel settore edilizio, ma anche piccole cooperative di aspiranti parcheggiatoli. Erano questi i canali attraverso i quali si consumava lo scambio di voti e favori? E' quanto stanno tentando di accertare i magistrati. Fulvio Milone «De Lorenzo dice il falso I carabinieri hanno applicato la legge e sono tornati indietro» Nella foto qui sopra: il ministro della Sanità Francesco De Lorenzo A sinistra: il deputato de Alfredo Vito Sopra, a sinistra: l'onorevole Giulio Di Donato

Luoghi citati: Campania, Caserta, Napoli, Vito