Per il delitto dell'invalido un altro amico in carcere

Per il delitto dell'invalido un altro amico in carcere Leinì, svolta nelle indagini sulla fine di «Manomozza» Per il delitto dell'invalido un altro amico in carcere Svolta nelle indagini sull'omicidio di Michele Piangiolino, l'invalido di Leinì ammazzato a pugni e calci nella notte fra il 6 e il 7 gennaio. Dopo un primo arresto eseguito il giorno stesso in cui venne scoperto il cadavere, a 10 mesi di distanza dal delitto i carabinieri di Leinì hanno bloccato e spedito alle Vallette un muratore di 36 anni, Antonio Giulio Melìs, via Varian 16. Raggiunto da un provvedimento di misura cautelare in carcere firmato dal giudice delle indagini preliminari Luigi Acordon, è accusato di concorso in omicidio volontario. Un delitto consumato all'interno di un gruppo di amici di Leinì, dopo una serata trascorsa in una birreria di frazione Tedeschi: Michele Piangiolino, detto «Manomozza» per aver perso sette dita sotto una pressa, la sera del 6 gennaio era in compagnia di Salvatore D'Orsa, 26 anni, Antonio Colangelo, di 36 e Antonio Melis: i quattro, tutti ubriachi, avevano preso a litigare all'interno del locale. Di qui, a bordo di una Ritmo guidata da Melis, era partita una spedizione punitiva contro «Manomozza», che aveva più volte insultato gli altri. La Ritmo si era fermata in un piazzale vicino al cimitero: l'invalido venne raggiunto da una scarica di calci e pugni, finché uno dei tre, Antonio Colangelo, si era spaventato e aveva chiesto di essere riaccompagnato a casa, in via Generale Dalla Chiesa, da Antonio Melis. In quel piazzale verrà trovato riverso il mattino seguente Michele Piangiolino. Salvatore D'Orsa finisce subito in manette. Confessa: «L'ho picchiato, ma ero ubriaco. Credevo di averlo soltanto tramortito, non volevo ucciderlo». Da quella mattina, Salvatore D'Orsa non è più uscito dal carcere. Nella stessa giornata, Antonio Melis viene ascoltato dai carabinieri di Leinì e Venaria come testimone, ma col passare dei giorni la sua posizione si aggrava. Qualcuno riferisce di averlo sentito incoraggiare D'Orsa a colpire Piangiolino. Le indagini, coordinate dal pubblico ministero Avenati Bassi, rivelano che dopo aver lasciato l'amico Colangelo, Melis è tornato sul luogo del delitto per riaccompagnare a casa anche D'Orsa. Difeso dall'avvocato Antonio Rossomando, Melis nega tutto: «Non ho partecipato al pestaggio. Quando sono tornato in quel piazzale maledetto, non ho più visto Piangiolino, ho pensato che si fosse allontanato a piedi». A casa Piangiolino, in via Bonis 12, sono rimasti la moglie Luigina, 55 anni, e i tre figli Gabriele, Sandro e Claudia, di 16, 14 e 10 anni. Alla più piccola, nessuno ha avuto ancora il coraggio di spiegare come sia morto, a forza di pugni e calci d'ubriachi, il padre dalle dita mozzate. Giovanna Favro MrdhMs Michele Piangiolino venne ritrovato riverso nel piazzale del cimitero di Leinì (sopra). Ieri i carabinieri hanno arrestato Antonio Giulio Melis (a fianco), che sarebbe stato presente all'assassinio

Luoghi citati: Venaria