E L'lva medita di sdoppiarsi di Roberto Ippolito

E L'lva medita di sdoppiarsi E L'lva medita di sdoppiarsi Gambardella ha un piano per attirare nuovi partner ROMA. L'acciaio si piega. E forse si spezza anche. L'Uva medita di sdoppiarsi. La caposettore siderurgica dell'Iri potrebbe dividere in due le proprie attività: quelle più interessanti da una parte (cioè in una diversa società); quelle meno appetibili dall'altra (cioè sotto il vecchio tetto aziendale). Se attuata, l'operazione consentirebbe la partecipazione di banche, investitori finanziari, industriali e semplici risparmiatori nel capitale della nuova struttura. Per ora si tratta solo di un progetto. L'Uva, di cui è amministratore delegato Giovanni Gambardella, lo ha concepito preparando il piano di risanamento che sarà esaminato domani dal consiglio di amministrazione dell'Iri. In queste ore si lavora a ritmo frenetico per stabilire la direzione di marcia dell'Uva. Fonti aziendali avvertono perciò che i programmi vanno ancora definiti: «Stiamo studiando tutte le soluzioni tecniche per poter avere azionisti privati come compagni di strada». All'idea dello sdoppiamento si è arrivati valutando la gravità della crisi della siderurgia europea. In questo scenario l'Uva vive un momento nero per le forti perdite (500 miliardi già nel 1991) e i pesanti debiti ereditati dal disastro Finsider. Per sopravvivere servono grosse risor¬ se: l'Uva ha stimato il fabbisqgno in 2400 miliardi. Ma Uri non ha questa somma. Il progetto Uva bis è quindi un rimedio all'impossibilità di trovare qualcuno che investa nell'Uva così come è ora, con risultati industriali cancellati dagli enormi interessi passivi. Le banche o gli industriali dell'acciaio dovrebbero essere attratti dall'opportunità di partecipare a una società che racchiude il meglio della siderurgia pubblica. Poiché il piano è in gestazione, non esiste alcuna lista degli impianti più redditizi. L'Uva bis ruoterebbe intorno ai prodotti piani che rappresentano il core business, cioè le attività strategiche per Gambardella. E' ipotizzabile che il nuovo raggruppamento includa solo la parte minore dello stabilimento di Taranto, che è il principale, e si occupi poi di ricerca, tecnologie e iniziative commerciali: in tutto circa un terzo del fatturato Iri nell'acciaio. Quello che conta è che le attività più sane vengano scorporate. Parallelamente si sta studiando l'assetto azionario. L'Uva bis può avere come socio la stessa Uva, ma anche Tiri può detenere una quota. Nelle ultime settimane Gambardella ha compiuto alcune missioni in tutto il mondo per ottenere le prime disponibilità da parte di investito¬ ri finanziari. Fra gli industriali, Luigi Lucchini è da tempo interessato a mettere piede nell'Uva di cui è alleato. Lo stesso Gambardella potrebbe poi compiere un gesto simbolico per testimoniare la fidacia nell'operazione. Comprerebbe un piccolo pacchetto di azioni dell'Uva bis. E un invito ai dirgenti a fare altrettanto è stato già abbozzato. Ma quale sarà la nuova società che ospiterebbe il fior fiore dell'acciaio Iri? Circola un'ipotesi molto delicata poiché coivolge la Dalmine che è quotata in Borsa (e di cui l'Uva detiene il 66,7% e gli industriali Agarini, BoccioIone e Riva possiedono i'8,64, l'8,32 e il 5,01). La Dalmine è in vendita; cedendo solo le sue attività industriali resterebbe una scatola vuota ricca dei proventi della privatizzazione. E diventerebbe il luogo ideale per accogliere la parte che si stacca dall'Uva. Se Tiri vuole (e il mercato è disponibile) l'Uva bis può approdare subito in Borsa, nascendo sotto le insegne della Dalmine già quotata. Roberto Ippolito Giovanni Gambardella amministratore delegato dell'Uva Il suo gruppo varerà venerdì. un profondo riassetto industriale

Persone citate: Agarini, Gambardella, Giovanni Gambardella, Luigi Lucchini, Riva

Luoghi citati: Roma, Taranto