Ruba al vicino e poi lo ricatta

Ruba al vicino e poi lo ricatta Il rinviato a giudizio: «Un equivoco» Ruba al vicino e poi lo ricatta Dopo il furto, l'estorsione. E' stato rinviato a giudizio Renato Petronzi, artigiano di 33 anni, accusato di aver svaligiato l'appartamento di un vicino di casa, e di avergli restituito la refurtiva, poco alla volta e sempre in cambio di denaro. Il processo verrà celebrato il 3 dicembre in prima sezione del Tribunale. I fatti risalgono al 28 agosto. Di ritorno dalle vacanze, Dario Fuso e la moglie scoprono che il loro alloggio di via Monte Pasubio 7 a Torino è stato svaligiato. I ladri, entrati da una finestra della cucina, hanno portato via elettrodomestici, televisore, videoregistratore, impianto hi-fi, segreteria telefonica e altri oggetti per un valore complessivo di 6 milioni e mezzo (ma anche oggetti di valore affettivo, come la videocassetta registrata delle nozze di Fuso). Fuso decide di rivolgersi a un vicino di casa, Petronzi (pregiudicato per furto), e gli chiede se sa qualcosa. «Mi rispose di non saperne nulla e venne a casa mia per controllare che cosa mi avevano portato via». Poi si rivolge ai carabinieri per denunciare quanto avvenuto. Nel pomeriggio Petronzi torna da Fuso, gli dice di aver scoperto qualcosa: i responsabili sono «gli zingari». Due giorni più tardi ritorna dal vicino: «So dov'è la refurtiva - gli dice -. C'è uno zingaro, tale Zora, che può aiutarci. Però in cambio vuole dei soldi». Fuso tira fuori il portafogli, e Petronzi gli fa avere una parte della refurtiva: prima lo stereo, poi il ferro da stiro, lo stereo della vettura, le cassette registrate del matrimonio, e altri oggetti. In tutto il derubato paga 350 mila lire. Quasi ogni giorno Petronzi gli fa visita con un altro pezzo. Ma Fuso ha qualche sospetto, e racconta tutto ai carabinieri. Petronzi è stato interrogato, il gip Simonetta Rossotti ha convalidato il suo fermo e la richiesta di misura cautelare in carcere. Petronzi, difeso dagli avvocati De Sensi e Dal Fiume, è imputato di furto e estorsione. «E' tutto un equivoco - ha sostenuto -. Ho agito soltanto per amicizia, non ho preso denaro». Ma non è stato creduto: in casa aveva ancora una parte della refurtiva.

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