Ma sono fatti così Un po' sine «Cure» di Gabriele Ferraris

Ma sono fatti così Un po' sine «Cure» Torino, polemico debutto del gruppo rock Ma sono fatti così Un po' sine «Cure» TORINO. Cominciano presto, finiscono presto, e non si sprecano in lunghi addii. I Cure sono fatti così. Robert Smith, il capo, se gli gira storta è capace di prendere e andare. L'altra sera al Palasport di Torino è capitato, f Cure hanno suonato per un'ora e tre quarti, poi si sono accese le luci e i quattromila spettatori hanno avuto un bel invocare i bis. Robert e soci erano già sul pullman. Pare che non abbiano apprezzato l'acustica, o i suoni del mixer, o chissà che. I Cure sono una band inglese popolare. E pure brava, considerato quel che passa oggi il pop internazionale. Suonano un genere definito «dark», grondano angoscia esistenziale e sono neri e inquietanti. Robert Smith è un tipetto che sembra Edward Mani di Forbice (per via della faccia pallidissima e dei capelli dritti: ovviamente le mani sono normali e leste assai sulla chitarra) e l'altra sera, nel surriscaldato palasport - prima tappa del tour che riporta i Cure nel nostro Paese dopo tre anni - s'aggiravano numerosi suoi replicanti dark. Un dark si distingue perché ha i capelli tenuti su con il gel e gli occhi segnati di eyeliner, e indossa pantaloni neri e maglia nera e impermeabile nero e ha l'aria nera. Però ad ascoltare l'ipnotica musica dei Cure i dark non erano maggioranza. Gran parte del pubblico era molto normale nell'aspetto e molto entusiasta nelle manifestazioni: sotto il palco i più convinti si spintonavano in un'allegra bolgia. I Cure attaccano diritti e taglienti, subito «High» e le altre canzoni del nuovo disco «Wish» e del precedente «Disintegration». Poi qualche incursione nel passato («The Love Cats», «The Walk», «Boys Don't Cry») per una band che ha attraversato i faticosi Anni Ottanta senza troppo cambiare: né potrebbe, perché Smith e compagni sono prigionieri dei milioni di seguaci che li vogliono così, e non perdonerebbero nessun cedimento. Fedeli alla linea per scelta e necessità, i Cure: sospesi tra melodia e furbizie dance, tra rock sporco e cattivo e suoni postPink Floyd. E quando la musica, ben organizzata e ben confezionata, rischia la ripetitività, si salvano con una scenografia - frontoni da tempio greco sostenuti da spirali-colonne - che non sai se definire «Gli ultimi giorni di Pompei» o «Fuga da New York»; e uno strabiliante gioco di luci, assolutamente Disneyland. Dopo Torino e Firenze, oggi i Cure sono a Roma, il 30 a Treviso e il 31 al Forum di Assago, già esaurito. Gabriele Ferraris I «Cure»: nessun bis dopo il concerto al Palasport di cui forse non hanno gradito l'acustica. Una grande serata tuttavia per i «dark» torinesi

Persone citate: Edward Mani, Forbice, Robert Smith

Luoghi citati: Assago, Firenze, New York, Pompei, Roma, Torino, Treviso