Clic, oltre la siepe c'è il Paradiso

Clic, oltre la siepe c'è il Paradiso Da domani in mostra a Torino la natura e i parchi visti da 35 grandi fotografi internazionali Clic, oltre la siepe c'è il Paradiso Gae Aulenti: da Ludwig al Re Sole, le pazzie dei «giardinieri» in Y*\ TORINO L. ' TELLE cadenti sui dem serti dell'Arizona e canI | dide ruote di pavoni, che bJ. 1 fioriscono come cespugli una miniatura medievale. Mostri del Rinascimento fra alberi secolari e perfetti arabeschi di siepi nei parterre dei castelli. La natura sale in cattedra alla Mole, imbrigliata nelle geometrie immense dei parchi all'italiana o selvaggia come la quercia sotto la neve fotografata nel Yosemite National Park: l'albero si staglia in mezzo alla tempesta quasi come un miraggio, come la costa lussureggiante del Nuovo Mondo che appare a Colombo-Depardieu nel film di Ridley Scott 1492, la conquista del Paradiso. Le 300 splendide istantanee della mostra «Il Secondo paradiso. Natura e giardino nelle immagini dei grandi fotografi» (da domani al 10 gennaio, il catalogo è edito dalla Fabbri) sono state scelte da Gae Aulenti e Daniela Palazzoli. Trentacinque maestri della fotografia, da Paul Strand a Man Ray, da Muybridge a Cartier-Bresson, descrivono con l'obiettivo i loro «paradisi»: in persiano il termine parìridaeza significa proprio giardino. Per Hiroshi Hamaya, Edward Weston e Ansel Adams, la natura ideale è quella intatta che sognava Rousseau; Irving Penn e Robert Mapplethorpe la scompongono nei suoi elementi costitutivi: terra, bosco, fiori, alberi, acqua e cielo. Ernst Haas celebra il ritmo delle stagioni, David Hockney e Werner Bischof descrivono il giardino giapponese. Marella Agnelli racconta l'eleganza teatrale dei giardini all'italiana. Luigi Ghirri esalta le solari scenografie di Versailles. Molti i «giardini d'artista» inediti: da quelli di Monet (Giverny), Renoir (Les Lolottes) o Paul Strand, a quello di Charle¬ ston dove si incontrava la cerchia di Bloomsbury. E, ancora, il celeberrimo Sissinghurst di Vita'Sackville West, visto da Jacques-Henri Lartigue. Avvolta in un montgomery color ocra, l'architetto «superstar» del Beaubourg, del Musée d'Orsay, di Palazzo Grassi, accarezza con gli occhi la straor- dinaria carrellata di «Eden» che ci sta intorno. C'è qualche immagine più vicina alla sua sensibilità? «E' difficile scegliere. Mi piacciono i sei grandi, verdissimi trittici di Gilbert & George che abbiamo messo al centro della sala: questi dipinti testimoniano come ogni giardino sia im¬ merso in un'atmosfera artistica e letteraria; il visitatore se li trova davanti ogni volta che affronta una nuova sezione della mostra. Ma prima ancora che i fotografi, mi hanno incuriosito i "giardinieri". Le figure, cioè, che rimangono, per così dire, sempre fuori dalle immagini. Si tratta quasi sempre di personaggi eccentrici». E quali? «Il Re Sole, ad esempio, aveva appena 23 anni quando cominciò a progettare i giardini di Versailles e scrisse ben sei guide per visitarli. Il cardinale-inquisitore Giovan Francesco Gambara, potente e ambizioso mecenate che volle il giardino e la villa di Bagnaia, fu fatto vescovo di Viterbo da Pio IV de' Medici a soli 28 anni. Forse Ludwig II di Baviera fu il più eccentrico di tutti. Le immagini sul suo giardino di Linderhof sono straordinarie: il disegno secentesco, geometrico e piano, si scontra con le balze scoscese delle montagne; così il giardino si deve adattare ai pendii, si ferma dove cominciano i dirupi». La mostra si apre con una citazione di Goethe e si chiude con alcune frasi tratte dal diario del regista cinematografico Derek Jarman. Perché? «Ho voluto rappresentare i due atteggiamenti, i due poli attraverso cui ci si accosta al giardino. Il primo è quello analitico, scientifico: Goethe, in quel paragrafo delle "Metamorfosi", descrive il fiore dal punto di vista botanico. Il secondo rappresenta l'approccio letterario, passionale. Jarman è malato di Aids e racconta le sue giornate in campagna: lì vicino c'è anche una centrale nucleare, eppure coltivando il giardino si sente felice, riesce in qualche modo a vincere la malattia». Lei ha detto che si delinea una nuova cultura del verde, in Italia, che non siamo ancora alla «religione del giardino» come gli inglesi, ma ci stiamo arrivando. «Io amo molto la natura, anche se non sono un'esperta di botanica. L'attenzione per il verde urbano, per i parchi pubblici, il gran numero di libri in circolazione che insegnano a coltivare fiori e piante dimostrano quanto la gente ami il verde. E' lo stesso amore che spinge a coltivare gli orti lungo le ferrovie». «Guardi là», mi dice. E indica un balconcino verdissimo, dall'altra parte della strada. Sono pochi metri quadri, ma coperti di piante e di vasi. Un piccolo Paradiso, un modo per accarezzare, anche in città, l'antico sogno di tanti sovrani e gentiluomini, monaci e cardinali: ritagliarsi un un po' di Eden sulla terra. Carlo Grande Mapplethorpe e Paul Strand, Man Ray e Cartier-Bresson: ecco i trucchi e le magie per catturare l'Eden Le immagini più rare Monet a Giverny, Renoir a Les Lolottes Pavoni nel parco dell'Isola Bella (foto di Marella Agnelli) è una delle 300 immagini in mostra a Torino | Marella Agnelli. A sinistra, una quercia sotto la neve fotografata nel Yosemite National Park (California) da Ansel Adams L'architetto Gae Aulenti ha curato la mostra aila Mole. Nell'immagine grande, il parco della reggia di Caserta