«Ucciso il vice di Riina» di A. R.

«Ucciso il vice di Riina» «Ucciso il vice di Riina» Pentito racconta: un cecchino ha sparato al boss Provenzano PALERMO. Al processo per l'omicidio il 20 agosto del 1977 del tenente colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo e del suo amico, l'insegnante Filippo Costa, crivellato con lui vicino a Corleone, ieri il teste-bomba Domenico Di Marco, da tempo trasferitosi in Toscana, ha affermato che Bernardo Provenzano, il numero due dei corleonesi come Salvatore Riina latitante da oltre 25 anni, è stato assassinato da un cecchino nel marzo scorso mentre era affacciato al balcone di una villa dov'era nascosto in una borgata di Palermo. La moglie del boss, Saveria Palazzolo, di lì a poco ricomparsa dopo molti anni a Corleone con i tre figli, aiutata dai mafiosi del clan avrebbe fatto seppellire il corpo in segreto. Di Marco non si è limitato a questo. Ha anche dichiarato che il 19 luglio ha assistito alla strage in via D'Amelio ed ha riconosciuto al¬ cuni degli assassini. Subito dopo, il teste non ha voluto aggiungere altro. Dice la verità o è un mitomane? I giudici di Caltanissetta che tempo fa l'hanno interrogato sulle stragi di Capaci e di via D'Amelio, l'hanno considerato «scarsamente attendibile» e nell'ambito di un altro procedimento si attende l'esito di una perizia psichiatrica alla quale il teste è stato sottoposto. Ieri la corte ha deciso di ascoltare comunque i fratelli Gianfranco e Pierluigi Melani, cugini di Di Marco, che risiedono a Roma e che secondo il teste gli avrebbero rivelato importanti particolari sulla mafia. La corte ha deciso anche di interrogare a Roma giovedì il pentito Antonino Calderone nell'aula di massima sicurezza di Rebibbia e sabato nel carcere di Alessandria dove è rinchiuso il neofascista Angelo Izzo, il primo pentito dell'eversione «nera». [a. r.]

Luoghi citati: Alessandria, Caltanissetta, Capaci, Corleone, Palermo, Roma, Toscana