Nella Sant'Elena di Gorbaciov di Sergio Romano

Nella Sant'Elena di Gorbaciov d'I mosca Nella Sant'Elena di Gorbaciov Un giorno alla Fondazione sfrattata da Eltsin aUANDO firmò l'atto di abdicazione al Cremlino il 25 dicembre 1991, Mi khail Sergeevic Gorbaciov ricevette in dono dal suo successore una piccola città-Stato sul Leningradskij Prospekt, il grande viale che collega la stazione di Bielorussia all'aeroporto di Sheremetevo. Qualche giorno dopo il presidente dimissionario ebbe a sua disposizione un enonne palazzo costruito durante gli Anni Trenta nello stile neoclassico prediletto da Stalin per una delle più prestigiose istituzioni culturali del partito, l'Accademia di scienze sociali presso il Comitato centrale. Sloggiata l'Accademia il presidente dimissionario divenne sovrano di una «città Gorbaciov» il cui territorio si componeva di circa 10.000 metri quadrati: il palazzo staliniano e una grande foresteria costruita dopo la seconda guerra mondiale. Era la foresteria, probabilmente, il maggior pregio del «dono» che Eltsin aveva fatto al suo predecessore per rendergli meno doloroso l'abbandono del Cremlino. In Bussia, come nella vecchia Unione Sovietica, una istituzione è veramente «arrivata» quando ha il proprio albergo e non è più costretta, per alloggiare i propri ospiti, a passare sotto le forche caudine dell'agenzia turistica di Stato (Inturist). Me ne resi conto parlando con l'arcivescovo Filaret in uno dei maggiori monasteri di Mosca, alla vigilia delle grandi celebrazioni per il nono centenario del battesimo della Bus' di Kiev. Mi fece vedere con grande soddisfazione le fondamenta e le impalcature dell'albergo che la Chiesa ortodossa aveva ottenuto il permesso di costruire accanto alle mura del monastero. Non sarebbe stato più orgoglioso se il regime gli avesse permesso di costruire una nuova cattedrale nel centro di Mosca. Nel grande palazzo di Leningradskij Prospekt Gorbaciov s'installò in gennaio insieme a un piccolo stato maggiore di marescialli, ufficiali e sergenti della perestrojka: Jakovlev, ideologo delle riforme, Zagladin, consigliere per gli Affari esteri, Tsipko e Shachnazarov, politologi del Comitato centrale, Bevenko, già capo di gabinetto alla presidenza dell'Unione, Drutenc, Cerniaev, Baturin, Lichotal. Sul posto lo attendeva un piccolo popolo composto da circa seicento fra addetti alla pulizia e alla manutenzione, elettricisti, idraulici, falegnami, cuochi, sguatteri, camerieri. Occupato il territorio e trovato il popolo occorreva dare un nome allo Stato: «città Gorbaciov» fu chiamata Fondazione per lo studio delle scienze sociali, meglio note come «Fondazione Gorbaciov». Pochi giorni fa un ukaz del Cremlino firmato da Eltsin ha privato lo Stato di nove decimi del suo territorio. Dall'isola d'Elba, dove si era dignitosamente ritirato al momento dell'abdicazione conservando prerogative sovrane, Gorbaciov è stato confinato di prepotenza con i suoi marescialli in una piccola Sant'Elena, al secondo piano del palazzo staliniano. Il nuovo inquilino - una istituzione statale, l'Accademia finanziaria - non ha ancora preso possesso dei 9000 metri quadrati che gli sono stati assegnati dal nuovo imperatore. Quando faccio visita alla Fondazione Gorbaciov nel tardo pomeriggio, le luci fioI che al pianterreno lasciano in¬ dovinare un atrio deserto, grande come una piazza d'armi. Il miliziano mi guarda distrattamente da una gabbia di vetro senza chiedere le ragioni della mia visita e mi manda con indifferenza al secondo piano dove mi aggiro lungamente prima che un'ombra di passaggio mi indichi la porta giusta. Come tutti gli Stati anche quello di Gorbaciov svolge funzioni e attività. Me le faccio spiegare da Aleksandr Lichotal, consigliere e portavoce di Gorbaciov. I campi d'azione sono tre: le riforme russe, il futuro del mondo, la beneficenza. Lo studio sulle riforme parte dalla premessa che la brusca svolia di Eltsin e di Gajdar verso l'economia di mercato comporta, per larghi settori della popolazione russa, un prezzo intolle- rabilmente alto. Secondo Gorbaciov e i suoi collaboratori occorre evitare che la crisi economica e sociale susciti nella pubblica opinione una forte ostilità alla democrazia, occorre procedere gradualmente tenendo d'occhio le esigenze del Paese e i gruppi sociali più esposti ai rischi della crisi che rischia di scatenarsi sulla testa della gente. Per trovare una strada di mezzo fra il feudalesimo dei vecchi comunisti e il «dogmatismo» liberista di Gajdar (ancora una «terza via»), la fondazione promuove incontri, colloqui, seminari, e redige documenti che distribuisce ai ministeri e alle istituzioni accademiche. Sembra che uno di essi sia piaciuto persino a Gajdar. Il tema centrale del secondo settore d'attività è quello che Gorbaciov, in epoca di perestrojka, definiva, con una certa enfasi retorica e molta vaghezza, il «nuovo pensiero»: sfida ecologica, interdipendenza, società del 2000. E il terzo settore, infine, è la beneficenza. Quando crearono la fondazione, Gorbaciov e i suoi fedeli avevano in tutto 100.000 rubli. Bapidamente, grazie soprattutto a contributi stranieri, riuscirono ad accumulare un capitale abbastanza importante. Per non disperdere le loro energie decisero di concentrarsi su una malattia, la leucemia infantile, che registra in Russia un tasso di guarigione spaventosamente basso: 15% contro 80% in Occidente. Si misero d'accordo con Gajdar e costituirono una sorte di joint venture - a cui fondazione e gover- no contribuirono rispettivamente con un milione di dollari - per l'organizzazione di un reparto speciale in uno dei maggiori istituti pediatrici della capitale. Accanto all'ospedale verrà attrezzato un albergo per le madri dei bambini ricoverati e i trapianti di midollo spinale cominceranno in dicembre. E ora, dopo lo sfratto deciso da Eltsin negli scorsi giorni? I collaboratori di Gorbaciov sono ottimisti. Stanno ricevendo promesse di contributi, dalla Bussia e dall'estero, e intendono comprare una sede, non appena possibile, in cui trasferire le loro attività. La maggiore difficoltà per il momento è rappresentata dal «popolo» del piccolo Stato su cui Gorbaciov esercitava poteri granducali. L'Accademia finanziaria sostiene di non avere bisogno di seicento dipendenti e non vuole accollarsene le spese, mentre la Fondazione, dal canto suo, può pagare i salari soltanto per altri due mesi. Nel microcosmo di «città Gorbaciov» ritrovo, riflessi in un piccolo specchio, gli stessi problemi della grande Russia. C'è una domanda che mi ronza per la testa e a cui cerco risposta da qualche giorno. Che cosa è la Fondazione? Una istituzione accademica o l'embrione di un partito politico? Un istituto di cultura o una struttura amministrativa per consentire a Gorbaciov di restare in contatto con i settori dell'opinione mondiale che ancora gli dimostrano simpatia e fiducia? Un centro di ricerca o una tappa sulla strada che potrebbe condurlo dal Cremlino al Cremlino? Nel palazzo di Leningradskij Prospekt Lichotal mette l'accento sull'attività culturale, scientifica, umanitaria, e dichiara fermamente: «Non siamo all'opposizione». Cerco di porre la stessa domanda al Cremlino nel corso di una conversazione con alcuni collaboratori di Eltsin. Qui, nella stanza in cui ha lavorato sino allo scorso anno Aleksandr Jakovlev, il tono è completamente diverso. Non le sembra sorprendente, mi chiede uno dei miei interlocutori, che Gorbaciov faccia sempre viaggi all'estero, mai in Russia? E non le sembra assurdo che pretenda di essere giudicato solo dalla storia e si comporti, di fronte al maggior tribunale del suo Paese, come se fosse ancora il segretario generale del partito? Cerco di capire ponendo un'ultima domanda: credete che abbia ancora ambizioni politiche? La risposta è secca, senza sfumature: certamente. Sergio Romano Il piccolo popolo dell'ex premier ha stipendi per due mesi II sindaco di Bologna Imbeni consegna a Gorbaciov la cittadinanza onoraria Nella foto piccola Eltsin