Allarme siamo classici

Allarme siamo classici De Chirico, Casorati e gli altri: 90 opere al Pac di Milano Allarme siamo classici Anni 20, risposta alle avanguardie 1MILANO L Padiglione Arte Contemporanea ospita fino al 31 dicembre L'idea del Classico. Arte in Italia 1916-1932: con una novantina fra dipinti e sculture, emergono Carrà e Casorati, De Chirico e Ferrazzi, Funi e Garbari, Guidi e Marini, Martini e Messina, Morandi, Oppi e Oppo, Paresce e Savinio, Severini e Sironi, Socrate e Trombadori, Usellini e Wildt. Curata da due giovani e rigorosi storici dell'arte fra Milano e Roma, Elena Pontiggia e Mario Quesada, la rassegna tira con intelligenza le fila degli studi negli ultimi decenni: riconsiderazione del complesso panorama artistico e culturale in senso lato successivo alla prima guerra mondiale («Valori Plastici» e «La Ronda», «Il Primato» e «Il Convegno», «Dedalo» e «Rete Mediterranea»), senza cadere nelle secche dell'antiavanguardismo di riflusso alla Jean Clair. La Pontiggia pone in capo al suo saggio nel catalogo Fabbri (un contributo informatissimo, equilibrato, veramente fondamentale) una citazione di Savinio del 1924: «La perfezione non mai la ritroviamo nel presente. Nasce così quel fascino, quella nostalgia del passato e assieme il poetico desiderio di rievocarlo». E la fa seguire dalla definizione di Margherita Sarfatti, sul Popolo d'Italia del novembre 1918, in memoria di Guillaume Apollinaire, il profeta dell'avanguardia cubofuturista e orfica: «Un classico vero, nell'essenza». Il saggio propone il punto cardine e il taglio di fondo della mostra e delle sue scelte non tanto e non solo di artisti quanto di specifiche declinazioni formali e culturali concretate in opere: alle spalle a nell'intimo di Valori Plastici e Novecento e Ritorno all'Ordine («etichette... filologicamente corrette e storicamente precise») vi è un'unica e fondamentale idea, l'«idea di classico». Ed è, questa, un'idea che non nasce come pura reazione d'ordine e di neonaturalismo ai massacri anche ideali della prima guerra mondiale, ma fa parte del dibattito artistico già nella prima età delle avanguardie. E' presente nell'antiimpressionismo dei Nabis come viene proposto da Denis e dallo stesso Gauguin, così come nell'ordine e nei ritmi geometrici dei cubisti della «Section d'Or», da cui prende le mosse Severini per approdare al suo «classicisme» orgogliosamente ed esplicitamente erede del cubismo. E' l'altro cardine del discorso: «Diversi... erano i significati che si davano a questa parola, diversi i modelli, le opere e le epoche a cui si faceva riferimento. C'era chi aspirava a un classicismo assoluto, e chi voleva rivoluzionarlo, conciliandolo con la modernità». Ed ecco allora che i patroni ideali della mostra sono individuabili, e giustamente individuati, in Severini e De Chirico. Il primo risale dalla «Section d'Or» addirittura alle proiezioni prospettiche rinascimentali di Dùrer e rivendica l'organizzazione geometrica cubista anche nel caso di quel caposaldo europeo del ritorno al classico (rinascimentale) che ò la Maternità del 1916; a dimostrare la complessità e la latitudine di questi agganci creativi classico-moderni la mostra affianca alla prima, dello stesso 1916, una seconda Maternità a matita e gouache nettamente leonardesca. L'altro polo è ovviamente il classicismo dechirichiano come ritorno alla tradizione del «mestiere», ivi compresa la gamma dei generi nobili, il ritratto e autoritratto, il paesaggio ideale figurato, la presenza statuaria come simbolo, metafora e memoria della suprema classicità e misteriosofia, quella greca. In una mostra siffatta, impo- stata anche tematicamente (il mestiere e l'immagine dell'artista; il ritorno alla figura maschile e femminile, dall'eroe-atleta alla maternità; il paesaggio e la natura morta), l'arcana sospensione neorinascimentale di forma e luce delle figure di Casorati appare come un punto di equilibrio fra i due poli, con i suoi ribaltamenti spaziali pienamente «moderni». Accanto a queste, fondamentali, emergono altre alternative. Dopo le versioni «neooggettive» dell'ispirazione rinascimentale della sua Maternità e del Ritratte di Notori entrambi del 1921, Achille Funi propone il classicismo integrale culminante nel grande Publio Orazio uccide la sorella del 1932, proveniente da Berlino. Esatto contraltare di quest'ultima cultura - alla cui base vi è la severità architettonica classicoespressionista di Sironi - è quella eterodossa dei romani. Ferrazzi, presente con due opere, è assolutamente unico nella sua ispirazione ai Manieristi fiorentini del '500. Socrate nelle sue Bagnanti intorno al 1922 coniuga evidenza corporea e di luce fra Venezia e Caravaggio con espliciti omaggi a Manet. Non manca la pura reazione, ma nei migliori prevale la nostalgia poetica del passato di cui diceva Savinio, da cui nasce una feconda dialettica fra tradizione e innovazione. Nulla a che vedere con le miserie del «citazionismo» dei nostri Anni 80. Marco Rosei Non una reazione d'ordine ma un ritorno al mestiere. Diceva Savinio: «La perfezione non si ritrova nel presente» ^ Ecco particolari di alcun» opere protagoniste fino al 31 dicembre, della mostra «L'idea del Classico» al Padiglione Arte Contemporanea di Milano Sotto il titolo, Giorgio de Chirico: «Donna sulla spiaggia» (1931). Qui sopra, Achille Funi: «Maternità» ( 1921 ). A sinistra, Ferruccio Ferrazzi: «Donne di notte» ( 1925) Sotto, Alberto Savinio: «Il sogno di Achille» (1929)

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