Il lungo assedio della dc al fortino del banchiere
Il lungo assedio della dc al fortino del banchiere Il lungo assedio della dc al fortino del banchiere imi'' ENRICO CUCCIA IL TIMONIERE DELLA FINANZA B MILANO URATTINAIO? Chissà come l'ha presa l'accusa di De Mita quel banchiere taciturno che si chiama Enrico Cuccia, romano di nascita per puro caso ma «siciliano delle montagne, di sangue freddo», come lo ha definito Guido Carli. E' probabile, almeno a sentire quei pochi che lo conoscono per davvero, che l'abbia preso per un complimento, quasi un regalo di compleanno in anticipo perché, tra un mese esatto, Enrico Cuccia compirà 85 anni. E, a quell'età, non può che dar soddisfazione far ancora paura, venir vissuto come un grande nemico, capace di ordire trame in grado di far tremare i palazzi del potere politico. Lui, amico intimo di Ugo La Malfa, una sorta di padre scientifico per Giorgio La Malfa che a lungo ha lavorato all'ufficio studi di via Filodrammatici, amico per mezzo secolo di chi conta nel mondo della finanza e della politica in Europa e a Washington. E adesso, agli occhi di De Mita, padrino di Mario Segni che, senz'altro, gode nella Milano che conta di suffragi convinti. Meglio far paura, venir tacciato di chissà quali trame che venir accantonato, annientato come non pochi avrebbero gradito a piazza del Gesù, soprattutto nell'ultimo decennio. Sempre meglio, comunque, che ricevere complimenti sospetti e mal accolti. Basti ricordare quel che accadde, dieci anni fa, a quell'azionista di Mediobanca che, dopo un lungo elogio dell'opera del banchiere, parlò di una «sua dipartita». «Grazie per il necrologio» fu la secca replica di don Enrico, sempre elegantissimo, mai sorridente. Eppure, l'etichetta di grande burattinaio Cuccia se la porta dietro da sempre, fin dalle origini della sua carriera di banchiere. Le ragioni? Forse la spiegazione più chiara l'ha data Napoleone Colajanni, l'ex senatore del pei che ha dedicato un lungo saggio al banchiere. «L'immagine di Cuccia - scrive - è a metà strada tra quella dell'angelo custode e quella di chi tira i fili nell'oscurità. Cuccia è certo una personalità scomoda, anche non facile da interpretare al di là delle apparenze, ma il proverbio secondo cui chi ha un carattere lo ha cattivo, dovrebbe pure indurre ad un attimo di riflessione. Probabilmente è soltanto un uomo di tenace concetto in un'epoca in cui questi scarseggiano». Già, un uomo di carattere, un uomo di potere, capace di resistere a bordate di ogni tipo, soprattutto negli ultimi vent'anni, da quando è scoppiata la sua guerra con Giulio Andreotti, l'eterno nemico in arrivo da Roma. Eh sì, perché l'aria di mistero, di scure trame che circonda secondo i nemici il potere di Cuccia, si può spiegare solo ricapitolando il lungo, ostinato braccio di ferro con l'uomo-simbolo del potere de. Le ostilità scoppiano all'inizio degli Anni Settanta, sul fronte della chimica. Cuccia vuol rimediare alle difficoltà scaturite dalla nascita della Montedison, affidata alle mani di Giorgio Valerio. Dal cappello di Mediobanca esce la soluzione più clamorosa e inattesa: Eugenio Cefis. Ad Andreotti questa soluzione non piace, perché Cefis è troppo vicino a Fanfeni. Scatta così la controscalata di Raffaele Girotti e Nino Rovelli, finanziato dallo stesso Girotti, alla testa dell'Eni. Manco a dirlo, alle spalle di Girotti e Rovelli c'è Giulio Andreotti. Le strade di don Giulio e di Cuccia s'incrociano pochi anni dopo, ed è guerra ancora più aspra. Il terreno di scontro? La sorte di Michele Sindona, buon amico del clan di Andreotti e nemico giurato di Cuccia. Sindona punta ad un gigantesco aumento di capitale per salvare il I gruppo, Cuccia riesce a mobili¬ tare l'amico Ugo La Malfa, allora ministro del Tesoro. Per oltre un anno La Malfa non convoca il comitato che deve dare l'approvazione all'aumento della Finambro. Per Sindona è l'inizio della fine, per Cuccia è un grande successo. E per Andreotti? Probabilmente il divo Giulio deve rinviare i suoi piani di ingresso nella capitale degli affari. E la storia delle congiure, delle battaglie aspre tra finanza laica e cattolica è destinata a proseguire per tutti questi anni. C'è, soprattutto, la tragedia del vecchio Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, l'altro grande nemico di Enrico Cuccia. C'è il tentativo, sotto la benedizione di De Mita, di elaborare progetti per ridimensionare il ruolo di Cuccia in Mediobanca. E lui? Resiste, elabora piani, supera indenne il momento del massimo potere del nemico Andreotti. Ed è ancora lì, indiscusso capo della finanza laica. Burattinaio? Forse no, ma osso duro senz'altro sì. Ugo Bertone Ha saputo resistere anche alle bordate dell'eterno Andreotti A sinistra Enrico Cuccia Qui accanto Ciriaco De Mita
Luoghi citati: Europa, Milano, Roma, Washington
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