Quando il gattopardo scende in cantina

Quando il gattopardo scende in cantina Dal Trentino alla Sicilia sotto gli stemmi nobiliari continua a germogliare la vocazione enologica Quando il gattopardo scende in cantina U! N vino «nobile» è tale se saggiamente invecchiato, di giusto cru, di sapore suadente e profumo inebriante. Ma il vino può essere pure «di un nobile». E qui parliamo di alcuni fra i più prestigiosi vini prodotti da signori di campagna (ma sempre con una residenza alternativa nella grande città) che, anche in tempo di crisi economica, non hanno l'affanno quantitativo della produzione ma solo quello del doveroso prestigio di un'etichetta blasonata. Una sorta di «Gotha» del bel bere che, pur non raggiungendo l'influenza che ha nella vicina Francia, offre tuttavia peso significativo fra i vigneti di classe. Conti e marchesi, in prevalenza, dislocati nei palazzotti aviti, nelle sofisticate cascine riadattate, nelle residenze ricostruite su antiche masserie. E' una nobiltà che s'è convertita alla religione di Bacco dopo secoli di vita cittadina oppure che da sempre pratica vigne e grappoli, di generazione in generazione. E le loro aziende non hanno confini geografici: sono al Nord, nel Centro e al Sud con la concorrenza che si esprime sul piano della qualità e della notorietà, senza invidie regionali. Noblesse oblige. Una comunità blasonata il cui medagliere, nel corso dei secoli, non s'è arricchito soltanto di glorie in battaglia, in diplomazia, negli studi ma anche con successi a rassegne enologiche ed esposizioni che hanno riconosciuto il valore organolettico di questa o di quella bottiglia. Qui ci soffermiamo su alcuni nomi sapendo di fare torto a tutti gli altri non citati, ma la famiglia aristocratica di campagna è più numerosa di quanto si creda, dunque non ci resta che descriverne solo qualche suo valido componente. Antonella San Martino di San Germano, con le sorelle Emanuela e Giovanna, è la titolare dei «Marchesi Alfieri», etichetta che è fiore all'occhiello fra i produttori di San Martino Tanaro, ora Alfieri in omaggio alla famiglia del grande tragediografo originaria di quest'angolo dell'Astigiano. I vigneti ai piedi del castello settecentesco producono Bar¬ bera d'Asti («La Tota, anche se invecchiata, è la mia etichetta preferita») fa sapere la marchesa Antonella, e sorride. Già, perchè «tota» in piemontese significa signorina e così il calembour è assicurato. Ma i poderi di San Martino Alfieri esprimono anche un tenero Grignolino, concepito dai terreni sabbiosi del Sansoero, nome di una collina. Le tre nobili sorelle sono nel giro del vino dal 1982. Chi invece si proclama «da sempre» produttore vinicolo è Daniele Incisa della Rocchetta, rampollo di un'antica famiglia di Rocchetta Tanaro, dolce paesello ai piedi di altrettanto dolci colline. Anche qui Barbera d'Asti soprattutto (il cru migliore è alla Cascina Garberà e Rollone) e poi Grignolino di cui il marchese produce, con parsimonia, solo 700 bottiglie all'anno. Spostiamoci nel Trentino. Il conte Giampaolo Bossi Fedri- gotti, dal suo maniero presso Rovereto, segue la produzione di Cabernet, Merlot e Marzemino («sì, quest'ultimo è quello che piaceva al Leporello di Mozart, ma basta con questa citazione, non se ne può più»). Duemila chilometri più a Sud, in terra di Sicilia, Rapitala e Regaleali (entrambi prodotti nelle varietà bianco, rossi e rosato) sono fra i top del buon bere. Il primo (da Rabat 'a' Allah, terra di Allah) è l'orgoglio del conte Hugues Bernard de la Gatinais, bretone di nascita e palermitano di adozione. Lo si vendemmia in questi giorni e, a differenza del Nord, qui sono tutti soddisfatti. Anche il conte Giuseppe Tasca d'Almerita gongola per il suo Regaleali («adoro più di tutti il Rosso del Conte»): un po' di narcisismo non guasta mai. Edoardo Ballotte La scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti, sorella di Giampaolo che si occupa dei vigneti di Marzemino, parla del vino di famiglia nel suo libro «Amore mio uccidi Garibaldi»