La Cecoslovacchia sbarra il bel Danubio blu di Tito Sansa

La Cecoslovacchia sbarra il bel Danubio blu EUROPA CENTRALE In Ungheria l'esercito e gli ecologisti mobilitati contro i lavori per la diga di Gabcikovo La Cecoslovacchia sbarra il bel Danubio blu Deviato il fiume, sospesa la navigazione, rissa tra Praga e Budapest BUDAPEST NOSTRO SERVIZIO Il Danubio, la principale via di comunicazione tra l'Europa centrale e quella balcanica, è bloccato, centinaia di navi sono agli ormeggi, reparti speciali ungheresi sono affluiti a Rajka, al triangolo di frontiera austro-ceko-magiara, il clima politico tra Budapest e Praga (e Bratislava) è avvelenato, la tensione aumenta, migliaia di ecologisti protestano ogni giorno lungo le rive del fiume. Ad appena un mese dall'apertura del canale Reno-Danubio, il plurisecolare sogno di navigare da Rotterdam a Odessa è per il momento svanito. Nei decenni passati la navigazione sul Danubio era stata bloccata solo da eventi meteorologici, il ghiaccio in inverno e le piene primaverili, neppure le guerre l'avevano fermata. Stavolta il blocco è provocato dall'uomo, lo ha ordinato il governo di Praga in nome dell'ancora unita (fino al 31 dicembre) Repubblica cecoslovacca, con gran dispetto di Budapest, che si è appellata alla comunità internazionale presentando un ricorso alla Corte di giustizia dell'Aia, medita di protestare al Consiglio di sicurezza dell'Orni e minaccia sanzioni nei confronti della slovacca Bratislava, non ancora indipendente. Cos'è accaduto? Praga ha deciso unilateralmente di deviare il corso del Danubio a Sud di Bratislava, laddove segna il confine con l'Ungheria, avviando le acque in un faraonico canale navigabile lungo una quarantina di chilometri, al termine del quale una colossale centrale elettrica (a Gabcikovo) dovrà produrre tre milioni di kilowatt di energia. Il progetto - è d'obbligo precisarlo subito - è comune, l'ac¬ cordo fu firmato nel 1977 dai governi comunisti di Praga e di Budapest e prevedeva, nel nome dell'amicizia tra «popoli fratelli», anche la costruzione di una seconda diga con una centrale elettrica una cinquantina di chilometri a Nord di Budapest. I lavori - pure essi in comune - cominciarono all'inizio degli Anni Ottanta. Ma i comunisti Husak e Radar, allora al potere, non avevano fatto i conti con gli ecologisti magiari. Uniti in una specie di partito, questi riuscirono a dimostrare, con l'aiuto di eminenti scienziati, che la deviazione del Danubio avrà effetti disastrosi: inquinamento delle falde acquifere, abbassamento del terreno, rischio di crollo degli argini in zona sismica e pertanto inondazioni, moria di piante e animali. Per coinvolgere l'opinione pubblica austriaca uno scienziato ha predetto il prosciuga¬ mento in un «deserto di sale» del lago di Neusiedl, a Sud di Vienna, e la perdita di centinaia di milioni di dollari per il turismo e i vigneti. Ma i viennesi sono rimasti sordi, anche perché l'ex vicecancelliere Androsch partecipa con cospicui finanziamenti alla costruzione. Caduti i regimi comunisti, i governi di Praga e Budapest hanno litigato per tre anni sul progetto. Nel maggio di quest'anno gli ungheresi, dopo un voto unanime del Parlamento, hanno scisso il trattato bilaterale del 1977. Lungo sarebbe citare qui gli argomenti tecnici, scientifici, politici, nazionalistici e demagogici e le accuse tra i due governi. A Praga, intransigente con chi «non tiene fede ai trattati», Budapest ha lanciato l'accusa di modificare le frontiere e di monopolizzare la navigabilità, accuse che la stam¬ pa e la radio di qui continuano a ripetere. Non è compito del cronista di abbracciare l'una o l'altra delle tesi dei contendenti, ma riferire i fatti. I quali sono: gli ungheresi si sono svegliati tar- j di e cercano in ogni modo di fermare i vicini. Sono riusciti a strappare al ministro degli Esteri tedesco Kinkel la minaccia di sanzioni alla non ancora nata Slovacchia. Invano: alle 10 di ieri mattina, a Cunovo, pochi decine di metri a Nord del confine ungherese, gli slovacchi hanno gettato un pontone sul Danubio dal quale decine di autocarri hanno gettato enormi la- stroni di cemento per deviare il fiume. «Una provocazione dicono a Budapest -. Un gesto dal quale non c'è ritorno». «Dovevamo farlo adesso, approfittando dell'unica magra annuale del fiume - risponde la società costruttrice -. Tra una settimana sarebbe stato troppo tardi». Garantiscono che entro martedì 3 novembre la deviazione sarà compiuta e, dopo due settimane di blocco, la navigazione potrà riprendere. A meno che (ma pochi lo credono) Budapest non ordini una prova di forza per fermare i lavori. Tito Sansa II tratto del Danubio al confine tra Slovacchia e Ungheria Nell'area dovrà sorgere la diga delle polemiche

Persone citate: Husak, Kinkel, Rajka