MINA Le mie donne disperate

MINA Le mie donne disperateLa cantante esce dal suo mitico silenzio con un doppio album: «Le sorelle Lumière» MINALe mie donne disperate Le mie donne disperate LUGANO DAL NOSTRO INVIATO Niente è più rumoroso del silenzio, soprattutto quando nasce intorno a persone che dicono qualcosa al cuore della gente. Ma se il silenzio del fantasma Lucio Battisti ci pare sempre più rancoroso, livido, un silenzio come di tomba, quello del fantasma Mina diventa con il passare del tempo un silenzio sempre più incantatore, perfino allegro e briccone. E pare promettere sviluppi imprevedibili. Intanto, cade un tabù: all'interno del consueto doppio album autunnale che uscirà lunedì prossimo, «Sorelle Lumière», Nostra Signora della Canzone Italiana appare ripetutamente con il suo volto vero, capelli tirati e sopracciglia tradizionalmente rase sotto il trucco non proprio leggero. E' riflessa allo specchio ed ha una «M» tracciata col gesso sul cappotto: forse «M» come Mina, oppure M come «muta» quale lei è da tempo (con i media) oppure, come ci spiega il figlio, Massimiliano Pani, produttore e arrangiatore dell'album, quella «M» identifica «Il mostro di Dusseldorf», film-culto di Fritz Lang del 1931, un omaggio al cinema cui Nostra Signora si è ispirata per la parte grafica del disco. 0 forse, chissà, tutte le tre cose messe volubilmente insieme. A Lugano le nuvole nere sono così gonfie che toccano il lago. Nascondersi dentro gli studi della Pdu è un sollievo: il ventinovenne Pani è un ospite squisito, prudente e saggio. Sarà forse grazie a lui (unico tramite con il mondo che scrive e intervista), che il fantasma di Mina si sta rivelando più simpatico di un tempo. Di sicuro, è merito suo - nella veste di produttore il graduale passaggio dei dischi della cantante da una dimensione passatista, polverosa, datata, a una forma più classica, elegantemente distesa e raffinata, anche colta, come compete a una interprete di tanto rango. Però, sia chiaro, le canzoni vengono scelte sempre da Nostra Signora: porge la cassetta con i provini al figlio e lui si mette a lavorare con suoni sempre più morbidi e sfumati, dentro atmosfere che hanno profondi echi jazzati, ma che scompaiono non appena la regìa passa nelle mani di qualcun altro. Questa volta, dentro l'antro ovattato sotto le nuvole nere il buon Max ci è rimasto per otto mesi, in compagnia della voce più impeccabile che mai, più misurata e superba che mai della madre. Ma se il silenzio è vivace, perfino gaio, non altrettanto si può dire delle canzoni che Mina sceglie. Nel disco di inediti, le sorelle Lumière sono di umore piuttosto tetro. Le ampie melodie («minose», come le chiama il produttore) sono cariche di tristezze, di gemiti di donne disperate e amare, protagoniste di un'epoca prefemminista in cui ci si lamentava di maschiacci bugiardi e incoscienti ma senza mai incazzarsi verar.onte, che tanto sui ruoli non si discuteva neanche: in questo primo capitolo, prevalgono tinte nere co¬ me il cielo di Lugano: «Soffro bevo e mi rovino lo se», le fa cantare Carletto Marrale dei Matia Bazar. Le eroine subiscono sempre, lamentandosi querule con l'eccelsa Voce; e il testo sull'unico uomo problematico è non a caso di un brano della giovane cantautrice Valentina Gaultier: «Uomo ferito come un passero che non vola più». Anche la canzone più spiritosa, «Fuliggine» d'uno sconosciuto napoletano, in una morbida bossanova disegna un piccolo mondo antico: «Le mie sorelle, quelle zitelle, non le sopporto più/ E sto in cucina dalla mattina a strofinar su e giù/ Ma dimmi tu che vita è... Principe Azzurrissimo portami via». Le tinte generali sono tanto forti che, in «Quando finisce una canzone», l'interprete si sente in dovere di sdrammatizzare citando ironicamente lo stile di Wanda Osiris. Poi il gran finale, «Follia», sfocia nel fogliettone di un torbido delitto: «Ormai non sento più la voce sua da vile incantatore... Fino a un minuto fa è stato lui il mio carceriere... Il mio pugnale è lì, piantato lì al centro del suo cuore». Pare che la povera Mina sia perseguitata dal suo destino «minoso»: i pezzi che le arrivano da ogni dove sono sempre disegnati su misura per il suo già carismatico stile; e fra questi lei sceglie, con l'accortezza - ora di farsi fabbricare alcune canzoni su misura. Ma non le dev'essere facile sfuggire a meccanismi che si sono consolidati anche dentro di lei: l'album dedicato ai classici si apre emblematicamente con «Come mi vuoi» di Eduardo De Crescenzo. Brano assai gradevole, interpretato benissimo, ma sempre in zona passiva: «Come mi vuoi/ Strana disonesta anche un po' maldestra». Pensare che Mina ha sempre fatto di testa sua. Questo secondo album, dei classici, è assai più vario ed anche musicalmente molto più interessante, soffuso di citazioni e atmosfere vellutate. Il Pani produttore e arrangiatore si è divertito con i suoi amici musicisti jazz, chiamando solisti come Giammarco al sax o Franco Ambrosetti alla tromba, accanto ad esponenti del mondo pop come il batterista Eliade Bandini o il giovane chitarrista Andrea Braido. Sulle scelte di Mina meno bislacche del solito, comunque - s'è impiantato un gioco di rimandi (o evidenze di plagi?) musicali di Pani: «Un nuovo amico» di Cocciante termina con «E poi» di Shapiro, che fu un grande successo dell'interprete; «l'il Fly For You» degli Spandau Ballet (per la verità non eccelsa) si chiude con «Oye come va» e «Black Magic Woman» di Santana. Una meraviglia è «Cry Me a River», standard che Julie London cantava nei primi Anni 50, rifatta con una salda impronta classica sulle volute sfuggenti della grande tromba muta di Ambrosetti; e deliziosa risulta la conosciutissima «I ricordi della sera», omaggio al Quartetto Cetra. Da lì poi, si salta imprevedibilmente a «Figlio Unico» di Del Turco o a «Cigarettes and Coffee» di Scialpi: salti calcolati, evidentemente, con l'intento di riconfermare non solo l'eclettismo dell'artista, ma anche la vena imprevedibile che sempre ispira le scelte di Mina. Ponderata sembra poi la decisione di inserire fra i brani classici ben tre titoli di Massimiliano Pani, presi dall'lp di debutto, uscito l'anno scorso, per farne risaltare le doti di autore. Operazione riuscita, soprattutto in tCome stai?» che si chiude con un tenero duetto fra madre e figlio: Pani tira fuori una grinta inconsueta, e il brano, fino ad allora morbido, si colora di chitarre rock. «L'ha voluto lei, l'ha voluto lei», si scusa Max spalancando i grandi occhi chiari. Però, che fantasma formidabile, quella sua mamma. Marinella Venegoni Nei brani inediti canta eroine piene di tristezza, ma poi arrivano i classici Mina insieme con il figlio Massimiliano Pani che oggi ha 29 anni ed è produttore e arrangiatore dell'album «Sorelle Lumière» di Curzio Maltese «Scusate se all'inizio del telegiornale ci sono stati problemi nella titolazione elettronica dei servizi e nella partenza dei servizi stessi. Ma anche noi del Tg3 siamo in piena fase di trasferimento verso i nuovi studi di Saxa Rubra e dunque è possibile che in questi giorni si verifichino dei disservizi, dei quali tuttavia... (prosegue, ndr)» (Mariolina Sattanino, tg3, ore 19,10)

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