«Il dramma non si ripeterà» di Gabriele Beccaria
«Il dramma non si ripeterà» «Il dramma non si ripeterà» In Italia battuto il rischio-trasfusioni Francia, 1985: un caso da preistoria. Preistoria dell'Aids, quando l'allarme hiv era ancora di basso profilo e le difese contro il virus allentate. La tragedia degli emofiliaci francesi non si ripeterà. Sette anni dopo lo scandalo, in Italia si respira una volta tanto - aria di ottimismo. Ci rassicura il ministero della Sanità, che ha reso noto che i casi di Aids conclamato, emersi in seguito a trasfusioni di sangue o a somministrazioni di emoderivati, appartengono tutti al periodo precedente ai controlli di massa, che partirono proprio in quell'anno maledetto, l'85. E' da allora, infatti, che i nuovi test individuano con certezza «l'incubo del secolo». Oggi non c'è unità di sangue o di plasma che non sia testata contro l'hiv, spiegano all'Avis. «Siamo tranquilli». Allora siamo arrivati alla soglia di rischio-zero? Non del tutto. L'hiv, si sa, oltre che mortale è anche insidioso. Qualche volta può sfuggire alle analisi. Succede quando si nasconde nel sangue dei donatori che stanno attraversando il «periodo finestra», quella fase di incubazione - in genere sei mesi - in cui il vi¬ rus risulta invisibile. L'organismo non ha ancora sviluppato gli anticorpi specifici e il sangue dà un responso di sieronegatività, anziché sieropositività. «E' per questo motivo - spiega Donatella Laiolo, medico dell'Avis di Torino - che il donatore è attentamente selezionato». Viene sottoposto all'esame di questionari e colloqui riservati, una specie di interrogatorio allo scopo di sondare se si è avventurato in tempi recenti in qualche «comportamento a rischio». Se si affacciano dei dubbi - è evidente - la donazione salta. L'accanimento dello «screening» ha prodotto i suoi effetti. Secondo il ministero della Sanità, appena quattro donazioni di sangue ogni 100 mila risultano positive all'Aids. «Il rischio è davvero bassissimo», osserva Fulvio Mozzi, biologo del Policlinico di Milano. Il rischio-zero (o quasi), invece, lo hanno raggiunto gli emoderivati, i prodotti che risultarono fatali alle centinaia di emofiliaci francesi infettati dal «Centro nazionale per le trasfusioni» di Parigi. Vengono sottoposti al ((trattamento al calore», un'energica bollitura che non lascia scampo al virus. L'hiv - spiegano nei laboratori di ematologia - ha un punto debole: è termolabile. Il calore lo uccide. Gli sforzi della medicina per individuare il virus continuano. «Oggi si punta a migliorare ancora le norme di sicurezza», spiega Carlo Rumi, ematologo del Policlinico Gemelli di Roma. In primo luogo, a unificare i test - i kit diagnostici preparati dalle case farmaceutiche - in modo da semplificare procedure e controlli. In secondo luogo, a incoraggiare - per chi deve subire, per esempio, operazioni delicate - l'autotrasfusione. Il sangue infetto assume così i contorni di un dramma ormai superato. Gli ultimi dati - marzo 1992 - rivelano che su 12.500 casi di Aids conclamato, appena 150 sono quelli di emofiliaci contagiati.da emoderivati e 170 quelli di persone contagiate da trasfusioni. Il fantasma dell'Aids si annida ormai altrove. Anche tra gli insospettabili. Per esempio - mette in guardia Giuseppe Leone, direttore della divisione di Ematologia al Gemelli - come si può essere sicuri che il medico che ci cura non sia sieropositivo? Gabriele Beccaria
Persone citate: Carlo Rumi, Donatella Laiolo, Fulvio Mozzi, Giuseppe Leone
Luoghi citati: Francia, Italia, Milano, Parigi, Roma, Torino
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