«Non riconosco quel figlio che mi copre d'infamia»

«Non riconosco quel figlio che mi copre d'infamia» IL PADRE SOSPETTATO «Non riconosco quel figlio che mi copre d'infamia» ARONA DAL NOSTRO INVIATO «Se la polizia mi desse quel ragazzo fra le mani, l'ammazzerei», urla Francesco Spilotros, operaio di 51 anni, che per lo stato civile è padre di Stefano, 22 anni, l'agente immobiliare di Rodano che si è autoaccusato dell'omicidio del piccolo Simone Allegretti, di Foligno. Francesco abita a Mercurago, frazione di Arona, al primo piano di una palazzina in via Dante Alighieri 22. Da 21 anni convive con Adelaide Inserra, 53 anni, che lavora alla mensa delle Ferrovie dello Stato di Arona, con il figlio di lei, Antonio Massimiliano, 22 anni, perito meccanico, e la nonna, Lucia, 80 anni. La famiglia aveva una vita tranquilla fino a quando Francesco Spilotros ha saputo dal telegiornale che il ragazzo con il suo cognome si era autoaccusato dell'omicidio di Simone. «Per me è stato un colpo, anche se quel mio figliastro non l'ho mai visto». L'uomo racconta la storia della sua vita. Un romanzo. Si è sposato con Chiara Ingrosso quando aveva appena 15 anni. «Lo abbiamo fatto dopo una fuga d'amore, era il giorno di Pasquetta del 1965. Però è stato un matrimonio di brevissima durata e dopo un paio d'anni o tre siamo andati ognuno per conto proprio». Ma nel frattempo erano nati Giuseppe, che ha 27 anni, e Monica, di 25: «Ma non sono figli miei. Sono sterile, forse sin dalla nascita. Lo avevano accertato i medici del Policlinico di Bari», precisa l'operaio. I coniugi si sono poi separati e lui è andato a lavorare in Germania, a Monaco di Baviera. Un paio d'anni dopo è rientrato in Italia ed è andato a vivere in casa della cognata, a Taranto, dove ha conosciuto l'attuale convivente, Adelaide Inserra. Ma in quel periodo Francesco Spilotros è rimasto coinvolto in una squallida vicenda: la moglie Chiara e la cognata lo hanno accusato di aver usato violenza a una nipote di 5 anni. L'uomo ha sempre negato, ma è stato processato e condannato con la condizionale a un anno e quattro mesi. «E' anche per questa storia che ho abbandonato il tetto co¬ niugale». E l'altra qual è? «Niente, avevo saputo che mia moglie se la intendeva con altri uomini. Evidentemente quella donna mi voleva male perché disse in questura che la costringevo a fare la vita e pretendevo da lei i soldi. Niente di più falso." Da allora non l'ho più vista». Francesco Spilotros si arrabbia: «Mia moglie, ma diciamo ex moglie, ha avuto altri due figli, Sabrina, 24, e quest'ultimo, Stefano, di 22 anni. Portano il mio cognome per il semplice fatto che non mi sono mai separato legalmente da quella tizia. Adesso lo farò, costi quel che costi, e toglierò, se mi è possibile, anche il cognome di Spilotros ai 4 figli». Tra le varie confessioni e ritrattazioni Stefano avrebbe accusato suo padre dell'omicidio del piccolo Simone. «Ma che stupidaggini racconta! - sbotta l'uomo -. Il 4 ottobre, quando è scomparso il bimbo, era il mio onomastico e l'ho festeggiato a pranzo, nella mensa delle Ferrovie, e nel pomeriggio in famiglia. Non so neanche dove sia Foli¬ gno, l'ho saputo dalla televisione. E' la verità». L'accusa era tremenda, anche se detta da un probabile mitomane, e la polizia ha voluto controllare. L'uomo continua: «Mercoledì mattina verso le 6 squilla il telefono. Mi stavo preparando per andare al lavoro, mi sono spaventato, ho pensato a una disgrazia. Era la polizia che mi informava che fuori dalla porta c'erano gli agenti e di non fare resistenza. Ho aperto e sono entrati in una decina con le armi spianate. Erano in borghese, c'erano anche due donne e, credo, un magistrato. Mia moglie, mio figlio e mia suocera stavano ancora dormendo, sono saltati dal letto, tremavano». L'operaio accende l'ennesima sigaretta e continua: «Mi hanno buttato all'aria tutta la casa, che tra l'altro non è la mia, ma di mio figlio Antonio Massimiliano. Cercavano pistole, coltelli e cacciaviti. Volevano sapere se avevo un gippone bianco e una Golf. Non ho neanche la patente. Mio figlio aveva una Golf, ma l'ha permutata due anni or sono con una Uno turbo. Mi hanno preso una quindicina di videocassette e tra queste due erano di argomento pornografico e alcuni giornaletti, sempre pornografici, che erano in bagno». Francesco Spilotros tace, sembra rincorrere il filo dei ricordi e aggiunge: «Mi hanno preso anche un'agenda con indirizzi e numeri telefonici, il blocchetto degli assegni e anche due astucci di preservativi. Hanno anche messo da parte dei ferri per fare la maglia, un normografo, alcune matite che hanno poi lasciato sul termosifone». Ma non era finita: la polizia ha voluto dare un'occhiata all'abitazione di Adelaide Inserra, a Colazza, da tempo disabitata - «C'erano addirittura le ragnatele» -, ma non hanno trovato nulla. Francesco Spilotros ha finito di raccontare, e l'unica cosa che desidera è quella di essere lasciato in pace. Si augura che Stefano si decida finalmente a dire la verità: «Ma se nel frattempo l'avessi tra le mani...». Aldo Popaiz L'uomo fu accusato di violenza ad una nipote di cinque anni e condannato a 16 mesi «Ma ho un alibi per quel giorno e non so nemmeno guidare» Francesco Spilotros (foto grande) che allo stato civile risulta il padre di Stefano (qui accanto)

Luoghi citati: Arona, Bari, Colazza, Foligno, Germania, Italia, Monaco Di Baviera, Rodano, Taranto