Beffa via satellite del pentito che conosce i killer di Livatino

Beffa via satellite del pentito che conosce i killer di Livatino Caltanissetta: doveva deporre, è sparito. Sarebbe riapparso in serata Beffa via satellite del pentito che conosce i killer di Livatino CALTANISSETTA NOSTRO SERVIZIO E' sparito, ma forse è già tornato o è stato rintracciato, il pentito della mafia di Palma di Montechiaro Gioacchino Schembri che ieri avrebbe dovuto testimoniare via satellite (procedimento mai avvenuto prima in Italia) davanti alla corte d'assise di Caltanissetta, rimanendo «al sicuro» in una località segreta, forse vicino Roma o addirittura nella stessa capitale. E il processo per l'omicidio del giudice Rosario Livatino, trucidato a colpi di lupara il 21 settembre del 1990, rischia di incepparsi. Il collegamento assicurato da Telespazio e dalla Rai ieri mattina è saltato con disappunto generale in aula, ad eccezione dei difensori che non hanno mancato di far rimarcare la «scarsa o nulla attendibilità» del teste. Schembri, del quale mancavano notizie da mercoledì, sarebbe nuovamente «a disposizione» dei carabinieri dei Reparti operativi speciali, che l'hanno in custodia da quando in primavera è stato estradato dalla Germania. Un ufficiale dei Ros, ieri pomeriggio a Roma, provando a smorzare il clamore suscitato dalle prime notizie sulla sparizione di Schembri, ha detto che probabilmente il pentito oggi risponderà alla corte. C'è aria di mistero, oltre al disorientamento, proprio mentre le rivelazioni dei pentiti sul delitto dell'eurodeputato Lima ripropongono a lettere cubitali dubbi e certezze sui collaboratori della giustizia, il cui apporto Falcone e Borsellino consideravano prezioso, di più, indispensabile per il buon esito delle inchieste antimafia. Tutto lascia credere che, vinto dalla paura, Schembri mercoledì abbia pensato di chiudere la bocca, o abbia provato a fuggire. La verità, probabilmente, si saprà stamattina. Pochi minuti, con frasi tra il concitato e l'imbarazzato ieri a Palazzo di giustizia. I tecnici hanno assicurato in orario il collegamento con il pentito che avrebbe dovuto essere affiancato da un ufficiale dei carabinieri. Ma sullo schermo è comparso solo quest'ultimo, il capitano Giovanni Adinolfi. Il presidente Renato Di Natale, già a conoscenza dell'imprevista defezione del teste-bomba, ha domandato: «Ci sono no- vita?». E il capitano: «Sì, presidente. Debbo comunicarle che 10 Schembri si è reso irreperibile da ieri pomeriggio e stiamo cercando di rintracciarlo». 11 collegamento a questo punto è stato considerato inutile e, consultati il pm Francesco Polino e i difensori, il presidente ha rinviato a oggi. Schembri, 36 anni, gestore di una pizzeria a Mannheim vicino Colonia, frequentata da molti siciliani immigrati e da pregiudicati, attualmente è un «libero cittadino» che lo Stato aiuta a vivere in Italia in una località segreta protetto, ma non guardato a vista dai Ros. Era stato arrestato in aprile dai carabinieri e dalla polizia tedesca durante l'operazione «Gattopardo», denominata così perché Palma è il poverissimo paese d'origine dei Tornasi di Lampedusa. Dopo l'arresto, ed estradato in Italia, Schembri si decise a collaborare con giudici e carabinieri, ottenendo protezione, denaro e la relativa libertà che può consentirsi un uomo braccato dalla mafia. Riferì che nell'ottobre del 1991 Gaetano Puzzangaro (a sua volta catturato in Germania e due mesi fa trasferito in un carcere di sicurezza in Italia) si era vantato con lui e con il tedesco Heiko Kshinna di essere uno degli assassini del giudice Livatino. Il tedesco, un trafficante di armi che si è pure pentito, interrogato per rogatoria il mese scorso a Stoccarda, ha confermato la circostanza. Ieri in aula, a Caltanissetta, tutti si aspettavano che Schembri facesse altrettanto. Sono noti da tempo vari particolari. Kshinna, ad esempio, ha precisato che l'incontro con Puzzangaro avvenne al primo piano della pizzeria gestita da Schembri a Mannheim. Altri due presunti killer sono stati arrestati in Germania pochi mesi dopo l'uccisione del magistrato: Domenico Pace e Paolo Amico, ora 25 e 24 anni, pure di Palma, «picciotti» sospettati di far la spola tra Germania e Sicilia e pronti a rispondere alle chiamate dei boss, che li ingaggiavano di volta in volta. L'arresto di Amico provocò un terremoto in Comune. Il sindaco Paolo Scarna, de, 48 anni, direttore amministrativo dell'Usi di Agrigento, si dimise perché fratellastro del padre del presunto sicario. Si dimisero a ruota anche gli assessori del suo bicolore dc-psdi. Pochi giorni e l'intero Consiglio comunale rassegnò il mandato mentre affioravano inquietanti connessioni tra mafia e politica nel paese che è all'ultimo posto della produzione del reddito in Italia e che, sul finire degli Anni Cinquanta, il sociologo Danilo Dolci indicò alla stampa internazionale come l'emblema del degrado e della corruzione, facendolo diventare un «caso mondiale». Per due volte le elezioni amministrative a Palma di Montechiaro sono state rinviate recentemente su richiesta del prefetto Piero Massocco, nella convinzione che la mafia avesse continuato a condizionare la vita pubblica nel paese. Le elezioni si sono svolte solo il 17 giugno scorso: la de ha ottenuto 17 consiglieri su 32, dunque maggioranza assoluta, ed ora amministra con una giunta monocolore. Antonio Ravidà Brutta sorpresa all'apertura del processo Livatino: sullo schermo è apparso un carabiniere al posto del teste-chiave, scomparso