Falcone-Andreotti, si riapre ferita

Falcone-Andreotti, si riapre ferita Palermo, la sorella del magistrato smentisce l'ex presidente: Giovanni non «assolveva» Lima Falcone-Andreotti, si riapre ferita «Il leader de mi scrisse: ipartiti non si occupino di mafia» «Cossiga telefonò per salvare il procuratore Giammanco» PALERMO DAL NOSTRO INVIATO Dice che non ne può più di veder saccheggiata la memoria di suo fratello. Non sopporta il fatto che adesso tutti siano diventati «amici di Giovanni». Anche quelli che col giudice avevano poco da spartire, anzi gli erano avversi. E' stanca di sentire «grandi strafalcioni» attribuiti a Giovanni. Come le inesattezze ripetute più volte in televisione (e ora annunciate da Panorama) dall'onorevole Giulio Andreotti. «No, non è affatto vero che mio fratello stimasse Salvo Lima. Non gli ho mai sentito pronunciare una sola frase che potesse essere presa come un'assoluzione per l'onorevole. Semmai ne faceva un problema di carenza di prove». Seduta sul divano della sua bella casa di via Principe di Paterno, Maria Falcone, sorella del magistrato assassinato a Capaci con la moglie e con i tre agenti di scorta, non lascia spazio a fraintendimenti. «Secondo Andreotti, mio fratello aveva dato assicurazioni sulla correttezza di Lima. E siccome sono certa che le cose non stanno così, mi sono decisa a intervenire in diretta al Tg3. Da troppo tempo Andreotti insiste su questi concetti». A cosa allude, signora Maria? «Subito dopo la strage di Capaci, ho fatto notare che il presidente del Consiglio non era venuto ai funerali mentre era stato a quelli di Salvo Lima. Lui mi ha risposto con una lettera personale. Apparentemente si scusava, dicendomi che aveva dovuto trattenersi alla Camera per il dibattito in aula. Ma nella sostanza mi rimproverava di aver parlato. E' un capolavoro di opportunismo politico, quella lettera». Si può spiegare meglio? «E' il tentativo di mettermi in mora, adducendo presunte convinzioni di mio fratello. Leggo testualmente: «Da Giovanni Falcone godevo stima e dimestichezza, stimandone l'eccezionale coraggio e la dirittura morale. Purtroppo (non è certo il suo caso) è rimasta inascoltata la massima che suo fratello insistentemente ribadiva: fino a che non lasceremo il tema della mafia fuori dalla disputa tra i partiti gli altri non saranno sconfitti». Capisce? Secondo lui, avrei perso l'occasione per stare zitta». In famiglia avete un rapporto difficile col mondo della politica. «Certamente, se dall'altro lato non c'è sincerità ed effettiva solidarietà». Lei parla come se fosse stata più volte delusa dai politici. E' accaduto altre volte? «Potrei citare gli attacchi immotivati che Giovanni e i magistrati di Palermo hanno subito da Leoluca Orlando. Oppure l'interessamento preventivo di Cossiga per ciò che avrei detto ai giudici del Consiglio superiore della magistratura nell'audizione di luglio». Cosa accadde? «L'ex Presidente della Repubblica mi chiamò al telefono. L'audizione a Roma era stata appuntata per l'indomani. Mi fece un discorso lungo. Tutto per dirmi che lui avrebbe voluto Giovanni alla guida della Procura di Palermo e che fu mio fratello a farlo desistere perché aveva piena fiducia nella candidatura di Piero Giammanco. La conclusione logica doveva essere, quindi, che Giovanni e Giammanco era: no amici ed era giusto che io lo sapessi, proprio nel momento in cui mi accingevo a rappresentare al Csm tutto ciò che mio fratello aveva subito al Palazzo di Giustizia di Palermo». Cosa rispose, signora Maria? «Ringraziai Cossiga per i suggerimenti, ma aggiunsi che le sue parole suonavano per me come una conferma di ciò che sapevo già: e cioè che Giammanco era stato appoggiato da Giovanni e che, dopo la nomina, ruppe ogni accordo e gli rese la vita impossibile. Anzi, raccontai a Cossiga parte della via crucis che mio fratello aveva dovuto subire. Credevo nella buona fede di Cossiga, constataiinvece che il suo era un intervento interessato, in difesa di Giammanco». Ma suo fratello le aveva parlato direttamente dei problemi col procuratore? «Proprio su questo balcone, nella stanza dove ci troviamo adesso. Non lo avevo mai visto così furioso». Parlava solo di Giammanco? «I suoi nemici si conoscono uno per uno. Prenda il giudice Vincenzo Geraci, un altro che va raccontando che era amico di Giovanni. Lo avversò all'epoca dello scontro con Meli, lo avversava per la superprocura. Ricordo che una volta Giovanni si rammaricò moltissimo per un articolo sul "Giornale" in cui Geraci lo accusava di essere una sorta di consigliere del principe e gli attribuiva la paternità dei decreti ministeriali che inauguravano la linea dura del governo». Già, il governo, la Linea dura. Andreotti la rivendica e dice che quella stagione è stata inaugurata proprio sotto la sua presidenza. «Non esageriamo. Per amore di verità bisognerebbe precisare che il cambiamento ebbe inizio grazie all'incontro di Giovanni col ministro Martelli. Mio fratello gli aprì uno squarcio su una realtà che pochi conoscevano. A questa circostanza fortuita si deve aggiungere la sensibilità e la disponibilità dell'allora ministro Scotti. La Dia, la superprocura, i decreti contro le scarcerazioni facili e i boss in ospedale: sono tut-' te iniziative legate all'arrivo di Giovanni al rninistero». L'equivoco dell'assoluzione di Lima da parte del giudice Falcone nasce anche da un episodio preciso. Si disse che il magistrato aveva telefonato ad Andreotti per annunciargli con soddisfazione di aver mcniminato per calunnia un pentito che accusava Lima di aver ordinato un omicidio eccellente. Suo fratello non smentì quella telefonata. «Bisogna conoscere Giovanni. Mio fratello non si curava di ciò che dicevano di lui. Ripeteva che di solito vengono smentite le accuse fondate: "Ma quando una cosa è inesistente, cosa vuoi smentire?"». Francesco La Licata «Mio fratello non era convinto dell'innocenza dell'eurodeputato Ma non aveva prove» «Ora processano l'assassinato invece di cercare chi l'ha ucciso» Sopra Giulio Andreotti e a fianco Maria, sorella del giudice ucciso dalla mafia Sulla opinione che Falcone (nella foto) aveva di Lima è battaglia tra la sorella del giudice e Andreotti L'ex presidente Francesco Cossiga (a sinistra) e il giudice Pietro Giammanco. La sorella di Falcone rivela che Cossiga le telefonò alla vigilia della sua deposizione al Csm