Auto in blocco alle società

Auto in blocco alle società Auto in blocco alle società Curiosi aspetti del mercato inglese BIRMINGHAM. Curioso mercato quello britannico, e per tanti motivi. Il principale si chiama «company fleets». Ovvero, le flotte delle società: le grandi aziende comprano migliaia di vetture sia per uso di servizio sia per girarle, come benefit, ai loro dipendenti. Non solo manager e alti gradi, ma impiegati e segretarie. Il risultato? Tra il 50 e il 60% delle consegne è rappresentato da queste auto (contro una media europea del 10-15%); il resto è composto da vendite - come dire? - normali, cioè fatte a singoli privati. «E' un fenomeno - dicono gli specialisti - che affonda le sue radici negli Anni Sessanta e che trae le sue origini dall'intento di aggirare le barriere fiscali elevate allora dai governi laboristi. Invece, di dare più soldi le società hanno preferito fornire auto, lasciando una certa discrezionalità al loro personale. Questo ha portato alla creazione di un mercato di lusso, con molte Mercedes e Bmw e con modelli superaccessoriati. La situazione-tasse è poi cambiata, ma l'usanza è rimasta». Il fenomeno aiuta anche a spiegare perché i prezzi in Gran Bretagna siano piuttosto elevati. Le company fleets, in realtà, fruiscono di forti sconti (un conto, naturalmente, è per un costruttore vendere mille auto in un colpo, un conto una sola) e il costo di listino viene alla fine pagato soltanto dai «privati», pur con varie agevolazioni. E oggi, in presenza di un momento economico difficile, le società sono restie a cambiare le loro flotte e tendono a dilazionare il rinnovo: da due-tre anni a quattro-cinque. Così il mercato rallenta in maniera vistosa. «Un altro aspetto interessante - spiegano a Birmingham - è costituito dal fatto che le società inglesi tendono a comprare esclusivamente modelli nazionali. Così, il mercato per le estere si restringe automaticamente». La Ford è leader delle vendite in Gran Bretagna, soprattutto perché è al primo posto nel campo delle «flotte». Ma, sottoposta in questo settore a un vigoroso attacco della General Motors (qui con il marchio Vauxhall), ha perso nei primi 9 mesi dell'anno l'8%. Senza contare che la Escort non ha raggiunto il successo che quelli della Ford speravano. Anche il Gruppo Rover è in calo (-13%), ma qui il motivo è diverso. L'erede della grande tra¬ dizione automobilistica inglese sta da una parte ristrutturando la sua metodologia di produzione e di lavoro, sull'esempio giapponese, dall'altra ha in atto una politica di immagine e commerciale volta a elevare le varie gamme di modelli. Il punto di pareggio è destinato a scendere e le Rover tendono sempre più a essere vetture d'elite, quasi di nicchia. «La nostra produttività - dice John Towers, amministratore delegato del Gruppo - è in aumento. Facciamo 35 auto all'anno per dipendente contro una media europea di 30 e una giapponese di 40. E in trenta mesi abbiamo presentato 15 nuovi prodotti». Tra le Case estere, in primo piano la Peugeot, che ha l'8% del mercato. La Fiat (2,06%) si prepara a commercializzare la Cinquecento, che qui - naturalmente con guida a destra - dovrebbe arrivare in primavera. La city car italiana è piaciuta anche in Gran Bretagna. A Birmingham viene esposta con tre dei prototipi visti al Salone di Torino (Bertone, Pininfarina e Zagato). Anche un'occasione per ricordare la grande creatività dello stile italiano. [m. fe.l

Persone citate: John Towers, Pininfarina, Zagato

Luoghi citati: Birmingham, Gran Bretagna, Torino