L'ultrà diventa campione di Maurizio Caravella

L'ultrà diventa campione Come Araldi è arrivato a un passo dal titolo di thai-boxing L'ultrà diventa campione Era un violento, fu anche arrestato e processato Domani sera affronterà il thailandese Nqngkong QUANDO LO SPORT AIUTA MODENA DAL NOSTRO INVIATO A parto le ginocchiate al basso ventre e i morsi, che denoterebbero una chiara mancanza di stile, è permesso praticamente tutto: calci in faccia, negli stinchi e magari anche nel sedere, cazzotti, gomitate in pieno stomaco e altro ancora, a seconda dell'estro del momento. Si combatte a piedi nudi e quando si danno calci bisogna essere velocissimi: perché l'avversario può trattenere col braccio la gamba che lo ha appena colpito, lasciando il malcapitato in precario equilibrio su un piede. Sarebbe un po' eccessivo, lo avrete capito, chiamare tutto ciò «noble art», anche se la nobiltà com'è noto a tutti si misura nell'animo e non nei piedi. Però è un tipo di pugilato anche questo: si chiama thai-boxing, cioè boxe thailandese, cioè boxe dei poveri, molto praticata anche dagli extracomunitari per mangiare. E un italiano (Michele Araldi, 24 anni) domani sera combatterà a Modena per il titolo mondiale. Contro un thailandese, naturalmente: si chiama Nongkong, i suoi piedi sono come asce e come dà i calci in faccia lui non li sa dare nessuno. Michele Araldi, il guerriero di casa nostra, ha un drago tatuato sul braccio destro, un orecchino fisso all'orecchio sinistro, il setto nasale rotto e leggermente deviato, capelli cortissimi, baffi e pizzo. Sul quadrato, è una furia che tutto travolge. Fuori è uno studente di Scienze Politiche che va a messa ogni domenica e prega la sera prima di ogni match. Per sicurezza, comunque, molti evitano di contraddirlo, ricordando il suo passato un po' vivace. Usando un eufemismo, infatti, si può dire che fino a qualche anno fa Araldi non fosse un modello di virtù. «Facevo parte di un gruppo di ultras - racconta - e se c'erano baruffe, allo stadio di Modena o fuori, io ero sempre in mezzo: c'era molta aggressività dentro di me e, lo confesso, faticavo non poco a contenerla. Quando scoppiavano risse fra bande rivali, io ero in prima o al massimo in seconda linea. Sa, sono missino, sono stato anche segretario provinciale del Fronte della Gioventù: ho degli amici ma qui siamo in Emilia, ho anche molti nemici. Paura? Sì, ne avevo. Ma non di prendere pugni: di finire in manette». E fa un gesto eloquente con i polsi incrociati. Una volta, in effetti, gli successe persino questo. «Avevo diciotto anni. Ci furono tafferugli, intervennero i carabinieri, a uno di loro dissi evidentemente qualcosa di poco simpatico: perché fui arrestato e denunciato per oltraggio a pubblico ufficiale, poi processato e condannato a qualche mese, con la condizionale. Pensai che dovevo proprio cambiare vita. I miei genitori non meritavano che li facessi soffrire». Saggia idea. Andava già"in palestra: prima il kung-fu, poi il pugilato (undici incontri da dilettante). Pensò che proprio la palestra fosse il luogo ideale per scaricare tutta l'aggressività che aveva dentro. Diventò istruttore, passò alla thai-boxing tre anni fa, nel '90 conquistò il titolo italiano, che poi non difese più: perché nessuno osò sfidarlo, i professionisti in Italia sono solo quattro o cinque e si tengono a debita distanza. Allora girò un po' il mondo, in cerca di avversari. E vinse quasi sempre. «Se ti alleni seriamente-- spiega - la sera sei stanco morto. Questo è uno sport che ti stronca. Sogni solo di metterti a letto. Baruffe, scontri tra bande rivali? Non ti passa neppure più per la testa. A molti la boxe thailandese serve per mangiare, a me è servita per diventare uomo. «Le riprese sono solo cinque, di tre minuti, ma non c'è un attimo di pausa. Non puoi rifugiarti in clinch, abbracciare l'avversario per prendere fiato: se lo fai, ricevi una ginocchiata e vedi tutto nero». Ma non ha paura di farsi male, 0 di far male a qualcuno? Il pugilato, al confronto di questa terri¬ bile thai-boxing, è uno sport pei' signorine. «Non puoi permetterti di aver paura. Se ne hai, anche solo un po', devi stare a casa: perché l'avversario se ne accorge subito, gli basta guardarti negli occhi, e sei finito. La boxe thailandese è come una lotta per la sopravvivenza: o tu o io. E quando vedi l'avversario al tappeto, senti dentro di te un senso di liberazione: è finito il match, è finita anche la sofferenza, è andata bene. Poi pensi a lui, speri di non avergli fatto troppo male. Ma soltanto dopo». Sembra incredibile, ma questo sport da antichi guerrieri è praticato anche dalle ragazze: come Vanessa Barbi, 18 anni, modenese anche lei, che lavora in uno studio dentistico e nei ritagli di tempo va in palestra a dare e prendere calci e ginocchiate. «E' la mia fidanzata - rivela Michele -, ha già disputato un incontro, ma non so se ne farà altri. Sa come sono le ragazze: hanno paura di rovinarsi la fac*- eia, si guardano allo specchio dopo un combattimento, fanno una smorfia e magari decidono di smettere. O proseguono ad allenarsi, ma solo per difesa personale. Bisogna capirle». Araldi avrebbe dovuto incontrare l'olandese Kley per il titolo europeo, ma gli è capitata l'occasione di combattere con Nongkong per il Mondiale (il titolo fino ai 70 kg attualmente è vacante) e non se l'è lasciata sfuggire. Ha organizzato tutto lui, con l'aiuto dei suoi amici della palestra Waddan ha trovato anche gli sponsor. Nongkong si accontenta di cinque milioni, Araldi potrebbe anche accontentarsi di combattere gratis: dipenderà dall'incasso. Una battaglia importante, comunque, l'ha già vinta. Ora se picchia più forte diventa campione del mondo, non rischia le manette. Prendendo a calci in faccia solo gli uomini giusti si può anche diventare eroi. Maurizio Caravella Pugni, calci in faccia gomitate, ginocchiate In questi match quasi tutto è lecito Nella foto grande Araldi a Parigi in maggio con il russo Zadiran e un primo piano del modenese. Si combatte a piedi nudi: cinque round di tre minuti

Persone citate: Araldi, Michele Araldi, Vanessa Barbi

Luoghi citati: Emilia, Italia, Modena, Parigi