Con Re Muti arrivano i dollari? di Armando Caruso

Con Re Muti arrivano i dollari? Scala a New York Con Re Muti arrivano i dollari? NEW YORK DAL NOSTRO INVIATO Ore 23,30: austeri professori d'orchestra in pigiama che si precipitano giù per le scale dell'albergo, vocianti coristi che abbandonano le stanze, l'allarme via radio in un incomprensibile slang che accresce il caos. Qualcuno sdrammatizza: «Non si può più neppure fumare in pace». Altri canticchiano: «Un bel dì vedremo, levarsi un fil di fumo». Il sofisticatissimo sistema antincendio dello Sheraton Hotel non perdona neppure un'innocente sigaretta. Qualcuno intona: «Stride la va-a-a-ampa». Comincia così la prima giornata americana della Scala, che ieri sera alla Carnegie Hall ha presentato il «Requiem» di Verdi diretto da Riccardo Muti. Sul palco della più prestigiosa sala concertistica del mondo c'erano il soprano Maria Dragoni, il mezzosoprano Luciana D'Intino, il tenore Richard Leech e il grande basso americano Samuel Ramey. Che il «Requiem» si risolvesse con un successo personale di Muti, era scontato. Il Maestro ha carisma da vendere: riesce a soggiogare anche i pubblici europei più smaliziati, figuriamoci l'americano, facile agli entusiasmi. Orchestra e coro, a onor del vero, sono apparsi in stato di grazia, quasi volessero dimostrare che la fiducia loro accordata dalla neonata Fondazione Americana per la Scala è ben riposta. Festa, dunque, con i magnati della finanza. L'ordine è rastrellare miliardi oltre Atlantico per sostenere immagine e produzione artistica. Muti come re Mida: basta un colpo di bacchetta e tutto si trasforma in oro sonante. Ma i tagli finanziari di Amato & C. restano assillanti. Muti censura: «Non saranno i mihardi tolti alla cultura, l'aver eliminato i cori, o sottratto ossigeno alle orchestre Rai, a salvare l'economia italiana. Questa è anche crisi culturale: tutto quello che non ha distrutto il periodo fascista lo sta distruggendo l'era dei Baudo, dei Ferrara, degli Sgarbi. La Rai dà miliardi alla Laurito, ma non sa amministrare le sue orchestre e chiude la "Scarlatti" di Napoli che negli Anni 50 era una delle migliori d'Europa. E poi ci sono sovrintendenti che stanno continuando la distruzione della lirica con scelte cervellotiche (Cresci?) e hanno il coraggio di invocare una legge speciale per il loro teatro (sì, proprio lui). Se ciò dovesse accadere, parlerò ufficialmente, ma non da New York». A cena s'accalora, non mangia ed esterna: «E' un dramma, credetemi. In Italia non ci sono neppure le orchestre per studiare. Quando ho vinto il "Cantelli" io stesso avevo fatto pochissima esperienza. Qui negli Usa ci sono buone formazioni in ogni college. Sì, è vero, i giovani direttori americani sembrano degli automi, dei tranvieri, ma perlomeno sono messi in grado di studiare. Da noi il direttore è visto ancora in modo assurdo, come un impedimento alla comprensione della musica». Nonostante tutti questi guai, per il Maestro la festa continua, rallegrata dal bel volume «Riccardo Muti, venti anni a Filadelfia», che la prestigiosa orchestra gli ha donato. E mentre il sipario cala sul «Requiem» verdiano, replica il 23, Alfredo Leonardi, vicepresidente della Fondazione Scala, annuncia addirittura i titoli della stagione '93-'94: «Ballo in maschera» (Muti), «Rigoletto» (Solti), «Ratto dal serraglio» (Sawallisch), «Elettra» (Sinopoli), ((Angelo di fuoco» (forse Chailly), «Tosca» (Muti). In attesa dei dollari. Armando Caruso

Luoghi citati: Europa, Filadelfia, Italia, Napoli, New York, Sinopoli, Usa