La rivincita di Saddam su Bush

La rivincita di Saddam su Bush Ex funzionario delle Nazioni Unite: tecnologia Usa nella Bomba irachena La rivincita di Saddam su Bush Nuove accuse al Presidente, anche dall'Onu WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'ex responsabile delle ispezioni Onu sulle armi irachene, David Kay, ha apertamente contraddetto un'affermazione, fatta da George Bush durante il dibattito presidenziale di lunedì scorso, riguardante le forniture di materiale militare americano a Baghdad. Attaccato da Ross Perot sugli incoraggiamenti dati dalla sua amministrazione a Saddam Hussein fino alla vigilia dell'invasione del Kuwait, Bush, tra le altre cose, aveva risposto: «Il potenziale nucleare iracheno è stato investigato dalle Nazioni Unite e non è stata trovata la più piccola scintilla di prova che vi fosse coinvolta tecnologia americana». «No - ha smentito Kay -, C'erano certamente tracce di equipaggiamenti americani e anche di tecnologia americana». Kay, che diventò un eroe nazionale quando venne sequestrato dagli iracheni all'interno del ministero dell'Agricoltura di Baghdad, ha aggiunto che «tutti i Paesi industrializzati fornirono equipaggiamenti a Saddam e senz'altro in misura maggiore di quanto fecero gli Stati Uniti». «Ma - ha ripetuto durante un'intervista concessa ieri mattina a Nbc-Tv - manufatti e tecnologia americani vennero trovati come componenti del programma nucleare iracheno». La dichiarazione di Kay ha semplicemente confermato quanto, del resto, era già noto da tempo. Ma, a meno di due settimane dal voto, ha sottolineato una «gaffe» di Bush su un terreno, quello della guerra contro l'Iraq, che costituiva uno dei suoi pochi punti di forza. Più in generale, il Presidente uscente subisce attacchi sempre più frequenti sulle vicende che hanno portato alla Guerra del Golfo, grazie alla quale, solo un anno fa, godeva di un margine di approvazione record da parte del pubblico americano. Sulla base di quanto è finora noto, il Dipartimento di Stato ha respinto altre due accuse lanciate a Bush da Ross Perot: che l'amministrazione aveva incoraggiato Saddam a impadronirsi del Nord del Kuwait e che i documenti che lo provano sono stati deliberatamente occultati. In effetti, sia l'ambasciatrice a Baghdad Aprii Glaspie, nel suo contestato colloquio del 25 luglio del '90 con Saddam, sia altri cablogrammi del Dipartimento di Stato consegnati al Congresso, invitarono Saddam a risolvere «paci¬ ficamente e nel rispetto della legalità internazionale» la sua disputa con il Kuwait sui confini. Né, al momento, risulta che sia stata nascosta alcuna documentazione che dimostri il contrario. Ma Albert Gore, vice di Bill Clinton, ha insinuato che esiste una lettera di Bush a Saddam, finora non resa pubblica, dal tono «ossequioso». Il «Washington Post» è entrato in possesso della lettera e l'ha pubblicata ieri. Il linguaggio è effettivamente molto diplomatico, ma Bush fa esplicito riferimento a «fondamentali preoc¬ cupazioni degli Stati Uniti su politiche e attività irachene». «Continueremo a sollevare queste preoccupazioni - aggiunge - in spirito di sincerità e amicizia». «Non c'è quindi indicazione commenta il Washington Post che gli Stati Uniti approvassero l'occupazione del Nord del Kuwait». Resta però il fatto che la lettera è del 28 luglio del '90, appena tre giorni prima dell'invasione. Di conseguenza rafforza perlomeno l'opinione che la politica di Bush verso Saddam non sia stata lungimirante e che, forse, la guerra è diventata necessaria proprio per riparare a questo errore. Il fatto che sia Clinton che Gore abbiano a suo tempo approvato la Guerra del Golfo non diminuisce l'impressione che Bush, anche in quella circostanza, non fu il grande leader che afferma di essere. Ieri, a Washington, è iniziato il settimo round dei colloqui di pace per il Medio Oriente, salutati come un altro successo dell'amministrazione in politica estera. In apertura, il governo americano, che funge da mediatore, ha appoggiato con più decisione del solito la posizione israeliana, forse nella speranza di conquistare un po' di voti della comunità ebraica, la quale, tuttavia, resta compattamente schierata con i democratici. Paolo Passarmi