Quel delitto preparò la svolta del 5 aprile di Filippo Ceccarelli

Quel delitto preparò la svolta del 5 aprile I GIORNI BELL'IRA Quel delitto preparò la svolta del 5 aprile LIMA Salvo (1928-1992). Uomo politico siciliano... E adesso viene da chiedersi cosa ci sarà scritto sui dizionari biografici e magari sui libri di scuola. Nessun dubbio sul fatto che sia stato ucciso. E tuttavia: «Campagne diffamatorie irresponsabilmente condotte hanno spianato la strada a un crimine mostruoso»: questo disse Arnaldo Forlani, il 12 marzo. «Per il cadavere di Lima con queste parole invece Giorgio La Malfa volle commentare l'agguato - provo soltanto umana pietà. Mi auguro che nessuno pensi di aggiungere il suo nome a quelli del generale Dalla Chiesa, di Pio La Torre e di Piersanti Mattarella». Difficile da dimenticare, quella macchia di sangue sulla campagna elettorale. In vita e nel potere quell'uomo era stato a lungo un simbolo: «Meglio Lima di Bobbio» strillava il Sabato come se fosse - e lo era - una sfida a tutto il mondo laico. Anche per questo, da subito, con il cadavere ancora lì steso per terra, "'divampò quel violento, cupo, a tratti anche isterico, contrasto che si scatenò tra... Già, tra chi? Il primo a difendere la memoria di Lima, a denunciarne «la messa a morte quotidiana, crudele e ignobile» non fu un democristiano ma Marco Pannella. Lo fece con passione e per provocazione (dopo due giorni spiegò meglio), contro «trent'anni di linciaggio». A quel punto la de, e non tutta la de (c'è un problematico Martinazzoli che dice: «Non so. Prima di dare a questo delitto un significato politico bisogna stabilire se la cupola fa politica. E per me è già un'idea ostica»), fu come costretta non solo a rivendicare quel cadavere. Ma in definitiva, da Forlani in giù con la clamorosa esclusione di De Mita che era pur sempre il presidente del partito, la de reagì con un'impetuosità e delle implicazioni che oggi paiono come minimo eccessive. Gava: «Un amico. Chi ha indicato Lima all'odio avrà I problemi di coscienza». CriI stofori: «Un feroce assassinio Cossiga non an dò ai funerali conseguenza dell'odio e della calunnia». Cesana, Mp: un delitto «figlio del moralismo, della cinica indifferenza, della velata approvazione del cosiddetto "partito degli onesti"». E la mafia non è che venisse molto nominata. L'espressione più usata, forse per la sua vaghezza, era «delitto politico». Che voleva dir tutto e niente. E non impediva quella immediata chiamata di correità che parve una buona idea per prendere tempo. In ogni caso, anche senza quei toni che già nella prima ora suonavano un po' gratuiti, chi di Lima aveva sempre sospettato non perse l'occasione per celebrare la conferma di quell'antico, radicatissimo sentimento. I repubblicani, come Enzo Bianco: «E' il segnale che si è modificato il rapporto di forza tra vecchia classe politica e mafia» (e «Bianco è uno sciacallo» rispose l'andreottiano Nino Drago). Poi Leoluca Orlando: «Non credo di dovermi pentire per averlo contrastato. Da 25 anni su Lima ci sono fatti...». Quindi il missino Fini: «Lima non è una vittima... Regolamento dei conti nell'ambito dello scontro tra vecchi e nuovi clan». Infine Occhetto e il pds che cercavano una spiegazione «in un avvertimento che va al di là della persona stessa di Lima». Come dire: Andreotti. Che tacque per 24 ore. Poi l'allora presidente del Consiglio rinforzò la linea di difesa democristiana (qualcosa tipo «peggio i calunniatori dei killer») finendo addirittura per identificarsi con la vittima: «Colpite me, non ho paura». Lo disse in viaggio per Palermo, prima dei funerali. Ai quali, con un accorgimento cerimonial-funerario che fece un certo scalpore, l'allora presidente della Repubblica Cossiga non partecipò. «Distinguo i morti di mafia questo è il ministro Martelli in due categorie: quelli che sono morti combattendo la mafia e quelli che...». Lima apparteneva a questa seconda categoria. Filippo Ceccarelli elli | Cossiga non andò ai funerali

Luoghi citati: Cesana, Lima, Palermo