«Lima garante della mafia nel Palazzo»

«Lima garante della mafia nel Palazzo» Palermo, svolta nell'inchiesta grazie alle rivelazioni dei pentiti che disegnano la nuova cupola «Lima garante della mafia nel Palazzo» Incriminati i 24 boss che lo avevano condannato PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Sette mesi dopo l'agguato, ventiquattro boss di Palermo sono stati incriminati dalla procura della Repubblica come mandanti dell'omicidio dell'ex sindaco de Salvo Lima, la mattina del 12 marzo scorso. L'eurodeputato sarebbe stato ucciso dalla mafia, di cui era l'anello di congiunzione con il potere politico. Sconosciuti ancora i due killer, resi irriconoscibili dai caschi integrali da motociclista che da-una potente moto spararono al leader andreottiano siciliano appena uscito dalla sua villa nel lido di Mondello, risparmiando due suoi amici di corrente, l'assessore provinciale Leonardo Liggio ed il docente universitario Alfredo Li Vecchi. Gli 007 della Dia, la direzione investigativa antimafia, incaricati dai magistrati di eseguire gli ordini di custodia cautelare, hanno arrestato cinque degli accusati. Gli altri 19 erano già in prigione per i maxi processi o latitanti come il numero uno delle «famiglie» siciliane Salvatore Riina ricercato da oltre 25 anni. Gli arrestati tra ieri notte e l'alba sono Giuseppe Bono, 59 anni, che con il fratello Alfredo da 8 anni è sospettato di aver riciclato centinaia di miliardi in Lombardia ed all'estero in hotel, bar, ristoranti e ritrovi notturni; Francesco Intile, 66 anni, boss di Caccamo, paese nell'entroterra di Palermo; Vito Palazzolo, 75 anni, di Cinisi, implicato nelle indagini Italia-Usa sulla pizza connection; Antonino Geraci, detto «Nenè», pure di 75 anni, capo a Partinico e descritto nel 1984 da Buscetta come autorevole membro della «cupola»; Giovanni Cusimano, 43 anni, collocato dagli inquirenti al vertice del gruppo di Partanna Mondello. In gran segreto e sotto forte scorta i cinque arrestati hanno raggiunto le carceri dove sono detenuti gli altri accusati, ad eccezione dei latitanti, a Termini Imerese, Firenze, Pisa e qui all'Ucciardone. Sono stati uniti per agevolare gli interrogatori che cominceranno fra pochi giorni. Gli incriminati, già reclusi per altra causa, hanno avuto notificati in giornata stessa gli ordini di custodia cautelare sottoscritti dai due procuratori aggiunti della Repubblica di Palermo Elio Spallina e Vittorio Aliquò e da quattro sostituti della direzione distrettuale antimafia: Guido Lo Forte, Giuseppe Pignatone, Gioacchino Natoli e Roberto Scarpinato. La svolta nell'inchiesta sull'omicidio Lima, nell'aria da qualche giorno, è stata ufficializzata ieri mattina. In 139 cartelle dattiloscritte, la procura ha condensato l'ordinanza a supporto dei 24 ordini di custodia cautelare. E' un racconto ovviamente ancora tutto da dimostrare che contiene essenzialmente le rivelazioni di alcuni pentiti. I più noti sono Tommaso Buscetta, tornato a parlare dopo le uccisioni di Lima, Falcone e Borsellino, l'il settembre, giusto sei giorni prima dell'omicidio di Ignazio Salvo, il potente ed arcimiliardario ex esattore delle tasse. Per 146 volte citato negli atti della commissione parlamentare antimafia, l'onorevole Lima viene accusato dai «pentiti» di essere stato una specie di anello di congiunzione tra mafia e politica. Una pesante insinuazione che Leoluca Orlando non ha mai voluto mitigare, neppure dopo la morte violenta di Lima. Sul filo della narrazione dei pentiti, fra i quali anche Gaspare Mutolo e Giuseppe Marchese, si risale anche al padre dell'eurodeputato. Mutolo ne parla come di un affiliato alla vecchia «famiglia» di Palermo centro. Altri nomi importanti vengono attribuiti dalla procura alle rivelazioni dei pentiti. Uno per tutti: quello del defunto onorevole Franco Restivo, a lungo presidente della Regione, poi ministro degli Interni, della Difesa, dell'Agricoltura, vicepresidente della Camera: se ne parla addirittura come di «compare» del capomafia di Bagheria Antonio Mineo, assassinato, ormai ottuagenario, nel 1989. Fantapolitica, fantamafia o verità? . Una vera «bomba» a palazzo di giustizia, lo stesso «palazzo dei veleni» del corvo e delle lotte tra magistrati, delle polemiche tra giudici e difensori impegnati nei tre maxiprocessi. Ora la conferma che Salvo Lima è stato assassinato dai mafiosi, ma con la clamorosa aggiunta che l'uomo politico sarebbe stato «vicino» alla mafia. Gli investigateli parlano anche di «sostituti boss», cioè personaggi subentrati temporaneamente in cima a Cosa nostra ad altri attualmente in prigione ed impossibilitati ad esercitare le loro funzioni: Massimo Troina per Giuseppe e Giacomo Gambino, Francesco Di Trapani in vece del consuocero Francesco Madonia in prigione per il delitto dell'industriale Libero Grassi e per la condanna subita nel «maxi-uno», Giovanni Brusca per il padre Bernardo e Giuseppe Montalto per il padre Salvatore. Antonio Ravidà