Una talpa della piovra al ministero

Una talpa della piovra al ministero Infiltrata alla Difesa, doveva dare indicazioni ai killer per un attentato contro giudice catanese Una talpa della piovra al ministero // magistrato avrebbe dovuto essere ucciso domenica scorsa Smascherata grazie ad alcune intercettazioni telefoniche FIRENZE DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Grazie a una talpa infiltrata nel ministero della Difesa la mafia stava mettendo a punto un piano per uccidere il giudice catanese Ferrara, titolare di delicate inchieste su Cosa Nostra. Sono queste le due clamorose indiscrezioni emerse dopo il blitz degli uomini della Finanza nell'autoparco milanese. Al magistrato, entrato nel mirino delle cosche, da qualche giorno era stata triplicata la scorta. Inoltre uno degli agenti addetti alla sua sorveglianza, sospettato di essere un informatore della mafia, era stato sostituito. Ma, quando in base a una serie di «intercettazioni ambientali» si è avuta la sensazione che i tempi per l'attentato fossero ormai maturi, si è preferito agire d'anticipo con gli arresti di sabato. I killer di Cosa Nostra, infatti, erano ormai pronti a far saltare in aria l'auto del giudice siciliano. La nuova, clamorosa azione, avrebbe probabilmente potuto avvenire domenica mattina. «C'era anche il sospetto che l'organizzazione criminale, tenuta da un mese sotto controllo, avesse avuto sentore dell'indagine in corso», ha detto uno degli inquirenti. L'ordine di uccidere il giudice catanese sarebbe partito da un carcere dove sono rinchiusi alcuni boss mafiosi. Il «gruppo operativo» di Milano, una volta ricevuto il comando, avrebbe attivato gli infiltrati e reclutato gli uomini per l'attentato. Un po' come, probabilmente, è accaduto per l'assassinio del giudice Falcone. E proprio l'attentato..di Capaci sarebbe stato preparato grazie a una serie di informazioni riservate che Cosa Nostra era riuscita ad avere da un proprio infiltrato al ministero della Difesa. Dalle intercettazioni telefoniche disposte dalla direzione distrettuale antimafia di Fi renze si è scoperto che dall'au toparco milanese, vera base operativa dell'organizzazione mafiosa nel Nord Italia, veni va chiamato con frequenza un numero corrispondente al radiotelefono di una thema blindata in dotazione al ministero della Difesa. Una vettura del genere viene affidata solo a funzionari di grado elevato ma non è ancora stato individuato a chi le chiamate fossero diret te. Sembra invece accertato che Giovanni Salese, titolare dell'autoparco e uno degli ar restati di sabato, andasse spesso a palazzo Baracchini, sede del ministero, per incontrarsi con qualcuno. Gli uomini del Gico (il gruppo speciale della guardia di finanza), che da tempo lo pedinavano, sa rebbero riusciti anche a foto grafarlo. E' per avere informazioni dalla talpa di Cosa Nostra che Salese frequentava il ministe ro? I primi sospetti sull'esi- stenza di un informatore ad alto livello al soldo di Cosa Nostra si erano avuti proprio dopo l'attentato in cui rimase ucciso il giudice Falcone. «Con quello che abbiamo scoperto si capisce benissimo che per la mafia dev'essere stato uno scherzo sapere quando il magistrato sarebbe arrivato all'aeroporto di Punta Raisi nonostante il suo fosse un volo segretissimo - ammette uno degli inquirenti - e la stessa cosa, probabilmente, è avvenuta per l'attentato al giudice Paolo Borsellino. La realtà è che le cosche potevano disporre di informazioni di prima mano, anche estremamente riservate, a conoscenza solo di poche persone all'interno del ministero della Difesa». Ma nella tarda serata di ieri è arrivata dal procuratore capo di Firenze Piero Luigi Vigna una mezza smentita che trasforma le clamorose indiscrezioni in un giallo. Vigna ha «smentito che nell'ambito delle indagini sia stata individuata una Thema blindatr, appartenente al ministero della Difesa», ha invece ammesso l'esistenza di «una Thema non blindata, intestata a una donna e che veniva guidata da uno degli arrestati. Inoltre sono state trovate due vetture blindate, un'Alfa e una Dedra, che erano utilizzate dal gruppo di persone arrestate all'evidente scopo di tutelarsi da possibili attacchi di avversari». Il procuratore capo non ha invece fatto commenti alle indiscrezioni sui risultati delle intercettazioni telefoniche e, in particolare, alla scoperta del numero corrispondente a un telefono intestato, secondo gli investigatori della Dba e deLGico, al ministero della Difesa. Continua intanto il lavoro degli inquirenti nell'autoparco milanese. Usando perfino delle ruspe si sta scavando alla ricerca di armi. Tra il materiale già sequestrato vi sono visti consolari in bianco rilasciati o rubati dal consolato della Bolivia a Milano. Secondo gli investigatori servivano per ritirare alla dogana partite di droga il cui commercio costituiva la maggiore fonte di entrata (circa 700 milioni al giorno) per l'organizzazione mafiosa. Allo scopo di «calmierare» il prezzo dello stupefacente sul mercato sudamericano le maggiori famiglie mafiose si erano «consorziate». Di questo «cartello italiano» della droga facevano parte i Riina, i Cursoti, i Santapaola, i Madonia. Proprio oggi all'autoparco sarebbe dovuta arrivare una tonnellata di cocaina da smistare sul mercato del Nord Italia. L'inchiesta, comunque, sembra tutt' altro che conclusa. Secondo il sostituto procuratore della Repubblica Giuseppe Nicolosi, che la coordina, può anzi riservare ancora «sviluppi molto interessanti». Francesco Matteini mmmmmà Elisi Ma il procuratore di Firenze Vigna smentisce che la spia chiamasse dal radiotelefono di un'auto blu intestata al dicastero A lato, il magistrato di Firenze Vigna e il ministro della Difesa Andò. Sotto, la strage di Capaci

Luoghi citati: Bolivia, Capaci, Ferrara, Firenze, Milano, Nord Italia