Vicini e Lontani
Vicini e Lontani Vicini e Lontani Renata Rampazzi Margarethe von Trotta è entrata nella sua casa-studio come un turbine e ha incominciato a staccare quadri dalle pareti e dal cavalletto. Ma Renata Rampazzi, quarantenne pittrice torinese da anni in trasferta a Roma, non si è scomposta. Succede sempre così: ogni volta che Margarethe prepara il set per un suo film va dall'amica Renata e fa razzia di carte, oli e acquarelli che considera elementi indispensabili non solo per sue ambizioni cinematografiche, ma addirittura per le storie che racconta. Era già successo con «L'Africana»: davanti ai grandi quadri di Renata i protagonisti discutevano, si interrogavano, riflettevano. Sarà così anche per «Il lungo silenzio», il film che la Von Trotta ha appena incominciato a girare con Alida Valli, Carla Gravina, Ottavia Piccolo e Jacques Perrin, sul tema coinvolgente delle donne che vivono accanto ad un uomo in pericolo. La Valli, tornata al cinema dopo molti anni, interpreterà il ruolo di una pittrice e i quadri di Renata Rampazzi - scelti con predilezione per le sfumature in blu - saranno la sua opera. Ancora una volta più che fondali, protagonisti. Come al solito, alla fine delle riprese, molti dei quadri rimarranno a Margarethe von Trotta, una delle più fedeli e affezionate collezioniste di Renata Rampazzi che da anni raccoglie ormai entusiastici consensi sul mercato internazionale dell'arte. La regista ne possiede tanti, ma ad usarli per i suoi film non ci pensa neppure. Separarsene? Mai. Lidia Urani All'inizio era semplicemente una inerte scatola di cartone. Poi è diventata strumento di creatività. Fra qualche giorno un libro (La scatola Magica, Giocare con l'arte, Zanichelli) racconterà, attraverso un centinaio di fotografie, come è possibile trasformare cinque pareti di cartone nel più povero ma bel giocattolo del mondo. Foto e testi sono stati realizzati con grande passione da Lidia Urani, studiosa di comunicazione visiva, pendolare tra Torino, dove è nata, e Rio de Janeiro dove ha vissuto gran parte dei suoi trent'anni. Racconta la storia della sua lunga e affascinante ricerca sul modo di giocare dei bambini della più grande favela del Rio, la Rocinha. Per più di due anni Lidia ha lavorato con bimbi, una sessantina tra i 2 e i 7 anni, provenienti da gruppi sociali poverissimi immigrati dal Nord-Est brasiliano. Con l'uso della «cassa magica», una semplice scatola di cartone, li ha stimolati ad attività musicali, manuali, ludiche e creative ottenendo eccezionali risultati di creatività, socializzazione, coscienza di sé. Attorno alla scatola-totem i bambini imparavano a organizzarsi, a socializzare, a decidere loro stessi le regole del gioco. Un esperimento nato in Brasile, ma in realtà esportabilissimo perché il mondo dei bambini è senza frontiere. Nel progetto - e nel libro - Lidia Urani ha messo tutto il suo amore per il Brasile e i suoi bambini. Ne è uscito un documento non solo di grande interesse didattico, ma anche una affascinante fotografia di cultura infantile. di Dada Rosso
Luoghi citati: Brasile, Rio De Janeiro, Roma, Torino
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