Deng sfila tra i dignitari Applausi per il vincitore

Deng sfila tra i dignitari Applausi per il vincitore Il leader tra i delegati del Congresso appena chiuso per dimostrare che sarà sempre lui a guidare la Cina Deng sfila tra i dignitari Applausi per il vincitore PECHINO DAL NOSTRO INVIATO A congresso chiuso, il frutto della gloria. Rimasto invisibile e tanto più incombente mentre il partito varava le sue radicali riforme economiche con un profondo rinnovamento del vertice, Deng Xiaoping è apparso ieri davanti ai duemila delegati, appositamente riconvocati dopo che domenica i lavori si erano conclusi. Accolto dai dirigenti, Deng, 88 anni, «invitato speciale» con la sola carica di presidente onorario dei giocatori di bridge, ha attraversato la grande Saia del popolo tra applausi liberatori di inconfessati timori. Appoggiato al braccio della figlia Rong, 42 anni, dal nomignolo Maomao, cioè batuffolo, ben truccata e con vistoso fazzoletto al taschino, è avanzato lentamente ma sicuro, agitando la mano in segno di saluto. Una apparizione di 20 minuti densa di significato, da solitario monarca che pur ritiratosi dal trono conserva intatto il potere, venuto a ricevere l'omaggio di seguaci e avversari; ad assicurare gli uni e ammonire gli altri di essere ancora lì, attivo e lucido. L'incontro smentisce le voci dei giorni scorsi che davano Deng seriamente malato. Dalle immagini trasmesse dalla TV, il passo lento e una mano scossa da tremore tradiscono l'avanzata età. Ma dai non inibiti primi piani si è notato lo sguardo vivace e reattivo, il sorriso spontaneo, non da avvizzita maschera senile. Congedandosi, ha detto ai dirigenti che lo attorniavano: «E' stato un congresso di grande successo. Andate avanti così». Poche parole, in una sacralità imperial-papale, che sono le sue indicazioni per il futuro. Il vertice è stato completamente rinnovato, con l'uscita di dogmatici e l'immissione di riformatori e di militari proclamatisi «scorta armata dell'imperatore», cioè garanzia di continuità nella transizione al momento del trapasso di Deng. Il comitato permanente dell'ufficio politico, un superpolitburo, è stato portato da sei a sette membri: numero che rendendo possibile la formazione di schieramenti facilita l'assunzione di decisioni. I magnifici sette si sono presentati ieri al paese e alla stampa internazionale al suono della marcetta rivoluzionaria «Avanzando sulla strada». In un tetro salone diviso da una balaustra a segnare l'invalicabile spazio a loro riservato, fanno un teatrale ingresso in fila indiana aperta dal segretario del partito Jiang Zemin, confermato al suo posto. Avanzano di profilo, secondo le posizioni gerarchiche, mettendosi poi di fronte al centro della sala. Politburissimo: uomini di potere allo stato puro, ma impacciati nel goffo cedimento alla politica-spettacolo. Specie se lo spettacolo è un teatrino surrealistico. Allineati davanti a giornalisti precedentemente ammoniti a non far domande, mentre Jian Zemin li presenta sfoggiano sorrisi insinceri, senza saper che fare delle loro mani in cui è il destino di un quarto dell'umanità. Chi se le tormenta, chi le tiene sul petto come un parroco nella predica. Ciondoloni sono le braccia dell'unico militare fra loro, che nasconde male l'istinto a ordinare l'attenti e mettere tutti in riga. Usciti dogmatici e canizie, sono confermati nell'organismo, insieme col capo del partito che si pone come punto di equilibrio. Li Peng, Qiao Shi, Li Ruihuan; il primo, 58 anni, capo del governo, superstite del gruppo che decise la repressione della Tiananmen, appare isolato e eroso nel suo potere; il secondo, 68 anni, è l'eminenza grigia, responsabile della disciplina e dei servizi di sicurezza, risolutamente con Deng; il terzo, 58 anni, in carica per ideologia, anch'egli con Deng, ha lanciato una certa liberalizzazione. I nuovi sono tre. Zhu Rongji, 64 anni, il maggior riformista, responsabile dell'economia. Di figura elegante, fluente in inglese, ha passato metà della vita at¬ traverso purghe con accuse di destrismo. Fino all'anno scorso sindaco di Shanghai, neanche membro del Comitato centrale, arriva al livello più alto saltando varie tappe. Liu Huaqing, 76 anni, ammiraglio, ex comandante della Marina, vecchio compagno di Deng nella Lunga Marcia. E' lui che ha fatto l'inchiesta sull'opposizione alle riforme e dalla quale è partita l'offensiva di Deng contro i duri. Hu Jintao, giovanissimo coi suoi 49 anni, responsabile dell'organizzazione e dei quadri, capo del partito nel Tibet. Già protetto di Hu Yaobang, dovrebbe essere tra i riformatori. Nel vasto rinnovamento spicca l'alto profilo dei militari. Molti vecchi sono stati fatti uscire dalle cariche, ma malgrado i 76 anni l'ammiraglio entra nel superpolitburo e diventa vice presidente della commissione militare del partito. Da questa esce, per entrare nel Politburo, Yang Baybin, fratello del capo dello stato, Yang Shangkun, che a sua volta lascia lo stesso Politburo. Mosse dirette a stroncare le dicerie sulla «dinastia degli Yang» e su novelli «signori della guerra» in una Cina in cui Deng ha fatto di tutto per rendere irreversibile lo sviluppo. Fernando Mazzetti

Luoghi citati: Cina, Pechino, Shanghai, Tibet