Governissinto non è tabù

Governissinto non è tabù Martinazzoli parla ai giovani nella Collegiata di Carmagnola Governissinto non è tabù «Se c'è convergenza di programmi e uomini» Come si deve vivere da cristiani nella società C'è folla davanti al cinema Elios, due passi dalla parrocchia di Carmagnola. Autorità come i deputati Bodrato e Morgando, il sindaco Giraudo, il segretario provinciale Zanetta, il vicesindaco di Torino Pizzetti. Ma i più sono di qui, e molti stupiti: «Chi l'avrebbe detto, proprio noi». Sì, Mino Martinazzoli ha scelto una piazza inconsueta per la prima uscita di un segretario nazionale. Certo, quando aveva accettato l'invito per celebrare i 500 anni della Collegiata, Scalfaro non era presidente, Forlani occupava la poltrona che oggi è sua, il disastro economico stava nascosto tra le pieghe di bilanci che gli italiani non conoscevano. «La realtà muta in fretta, e non sempre la politica a pronta ad adeguarsi», dirà il segretario. Ma la prima dichiarazione «forte» nasce in sacrestia, di fronte a pochi giornalisti ammessi da don Aldo, parroco di San Pietro e Paolo. Ed è una smentita sul suo presunto «no» al governissimo. «Non sono stato capito - dice Martinazzoli -. Io volevo dire che non servono grandi alleanze indiscriminate per arginare la polemica e la forza delle Leghe. Se si tratta di una scelta difensiva non serve». E allora?. «Se l'azione politica non è difensivistica, ma se creata su convergenze di programmi e su una classe dirigente autorevole, non vedo perché ci debbano essere preclusioni. Tanto più in situazioni locali». Come dire in casa democristiana il governissimo non è più un tabù. A Roma come in periferia. Come a Torino, città dove l'esperimento di un governo de, psi, pds potrebbe diventare realtà: «E' finita l'era delle contrapposizioni ideologiche. Semmai è il pds a preoccuparsi, e dal suo punto di vista non a torto, di non fare da ruota di scorta». Ma non di formule o strategie ha bisogno la folla del cinema Elios. Al vecchio militante che invita i giovani all'impegno politico («qualcosa per cui vale ancora la pena di battersi»), la gente chiede un'azione esemplare «per farci capire che il tempo degli scandali e della corruzione è tramontato». Martinazzoli ha deciso di chiamare le cose per nome e cognome: «Mi parlate di una questione mortale. Io non credo che i cittadini siano contrari al sacrificio personale per il risanamento delle finanze statali. Il problema è la credibilità di chi questi sacrifici impone. Cosa farò io? Ho annunciato una ricognizione economico-finanziaria del partito, che in alcuni luoghi parrebbe aver vissuto sopra le proprie possibilità». Applausi. «Tra l'altro i partiti di apparato hanno difficoltà a dialogare con la gente. Meglio essere più snelli, più magri». Applausoni. Uno dalla platea: «Ci spiega come fanno i candidati a spendere tutti quei soldi?». Martinazzoli: «Sarebbe meglio proibire gli spot televisivi, le inserzioni sui giornali, i manifesti personali. Però c'è un problema: come farebbero questi candidati a farsi conoscere in circoscrizioni tan- to vaste?». Vedremo che fare, lascia intendere il segretario. Alla fine, provocato, si lascia scappare la parola «democrazia cristiana», fin lì accuratamente evitata in un incontro che non doveva essere, e non è stato, comizio, ma riflessione su impegno cristiano e militanza politica. «La de all'opposizione? Non è vietato, ora che la fine del comunismo ci libera dall'obbligo di governare. Non per questo vogliamo togliere il disturbo. Chi crede nel proprio progetto deve lottare per realizzarlo. Penso che la storia italiana abbia ancora bisogno di noi». Giampiero PaviolO E' il primo appuntamento pubblico del segretario de II segretario de Martinazzoli nel cinema della collegiata di San Pietro e Paolo; a fianco don Aldo Marchetti

Luoghi citati: Carmagnola, Roma, Torino