Tutti i fischi per Sinead alla festa di Dylait di Giuseppe Ballaris

Tutti i fischi per Sinead alla festa di Dylait New York, l'artista irlandese scappa in iacrime, contestata per avere strappato le foto del Papa Tutti i fischi per Sinead alla festa di Dylait II menestrello è in smoking, dicono: canta come un cane ferito NEW YORK. Tutto esaurito e tributo storico di quattro ore (costato cinque milioni di dollari) al Madison Square Garden. La Columbia Records ha celebrato i trent'anni dall'uscita del primo disco di Bob Dylan e le più grandi stelle del rock sono accorse a interpretare i classici dylaniani, però il giorno dopo la prima pagina dei quotidiani non era per Bob Dylan, ma per Sinead O'Connor strapazzata dai 18 mila presenti al megaconcerto. Il pubblico non ha perdonato alla cantante irlandese le violente invettive lanciato il 3 ottobre contro la chiesa cattolica dagli studi della Nbc. Nonostante la lusinghiera presentazione di Kris Kristofferson («Ecco un'artista il cui nome è sinonimo di coraggio ed integrità»), Sinead O'Connor è stata accolta da una bordata di fischi che ha soffocato le urla di incoraggiamento dei suoi fans. Immobile di fronte al microfono, l'artista ha atteso per qualche minuto che la protesta si spegnesse. Kristofferson è addirittura rientrato sul palco dicendole: «Non ti far spaventare da quei bastardi», ma il frastuono non si è placato. Di scatto, senza alcun accompagnamento, la O'Connor ha quindi sfidato il pubblico con alcune strofe di «War», l'inno contro la discriminazione razziale di Bob Marley che aveva già interpretato nella sua contestata apparizione in televisione. Poi, di corsa e in lacrime, ha abbandonato la scena. La canzone con cui aveva scelto di onorare Dylan, «I believe in you», è rimasta nel cassetto. E' toccato poi a Neil Young, senz'altro uno dei migliori della lunga serata: la sua bella versione di «All Along the Watchtower» ha scatenato un intenso, sincero entusiasmo. Straordinario come al solito Eric Clapton, buoni gli interventi di Ron Wood dei Rolling Stones, di George Harrison e dell'ospite «a sorpresa» Stevie Wonder, unitosi a John Mellencamp per «Blowin' in the Wind». Dylan, introdotto da Harrison, arriva sul palco alle 23,30, esattamente a mezz'ora dal termine: elegante in corpetto e pantaloni smoking. «Oggi canta come un cane ferito», scriveva Peter Watrous sul «New York Times», ed è vero, la sua voce sembra quasi storpiata a mo' di personaggio dei cartoni animati, ma la verve e il feeling sono lì, rimasti incredibilmente intatti. Dopo un paio di pezzi si unisce a Clapton, Petty, McGuinn e Young per «My Back Pages», poi nel gran finale tutti gli artisti intonano «Knockin' on Heaven's Door». Lo spettacolo si chiude con Dylan nuovamente da solo per qualche minuto. I biglietti (fino a 150 dollari) sono esauriti in un'ora, e i bagarini ne hanno piazzati alcuni a seicento dollari. Giuseppe Ballaris Bob Dylan con George Harrison e Johnny Cash durante il concerto. I biglietti esauriti anche se costavano 160 mila lire

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