Andersen? Censuratelo

Andersen? Censuratelo L'editore americano cambia le fiabe per renderle «più sane» Andersen? Censuratelo NEL '68, CAPPUCCETTO BLU ALLARME, gli americani censurano le fiabe di Hans Christian Andersen. La piccola fiammi Yferaia non morirà più di freddo allo spegnersi dell'ultimo bastoncino: troppo crudele. La «magia nera» diventerà «magia cattiva»: meglio tenere i cuori semplici lontano dai riferimenti demoniaci. Il «vecchio cinese» di La pastorella e lo spazzacamino sarà convertito nel «vecchio uomo»: c'è puzza di razzismo. Anche La sirenetta passerà per le cesoie del Catone a stelle e strisce: il «freddo mare della morte» sarà annacquato da un più semplice «freddo mare». L'usignolo, L'abete e Gli abiti nuovi dell'imperatore dovranno sacrificare il pessimismo e tristezze. Ma, soprattutto, saranno banditi il sesso e la violenza. La decisione del Chronicle Book, l'editore statunitense che appellandosi ai sani principi della società americana vuole purgare le fiabe più famose del mondo, sta causando una vera e propria rivolta di piazza in Danimarca, dove Andersen è un eroe nazionale. Lo stesso traduttore, il professore inglese della University of East Anglia, Glyn Jones, ha deciso di ritirare la propria firma dai libri. Considerato uno fra i migliori conoscitori della letteratura danese, ha troncato ogni rapporto con l'editore americano quando gli è stato chiesto di cambiare il finale della Piccola fiammiferaia «per rendere la storia più allegra». A dire il vero, era stato lo stesso Jones a fornire l'idea di purgare le fiabe di Christian Andersen: «In quelle storie c'è davvero troppo sesso e violenza per gli occhi ingenui dei bambini», aveva detto all'editore mentre si stavano programmando le pubblicazioni. «Ma era un giudizio critico, non credevo mi prendessero così sul serio», ha poi dichiarato a The European. In campo è scesa anche la Società degli scrittori danesi che ha definito l'iniziativa «scandalosa». «La tentazione di censurare e modificare i capolavori ha origini antiche - si infuria Monique Christiansen -. Le traduzioni decise dalla Chronicle alterano l'essenza delle opere, ne riducono l'effervescenza e l'impatto che l'autore voleva ottenere». Andersen nacque a Odense nel 1805 da un ciabattino e da una donna che finì i suoi giorni in un ospizio per alcolizzati. Nelle sue fiabe c'è la crudezza di tante infanzie mortificate, c'è sì pessimismo, ma anche tanto realismo sociale. Quello era il suo messaggio, perché modificarlo? Le «sevizie» americane al povero Hans Christian Andersen non si limiteranno, comunque, ai contenuti delle storie. Gli sarà tolta di mano anche la penna: «Il suo stile è letterariamente mediocre - dice l'editore -. Dovrà quindi essere arricchito». Perché allora non scrivere nuove fiabe e lasciare il soldatino di piombo e i suoi fratelli a chi li sa apprezzare per quel che sono? Proprio lo stile di Christian Andersen, nelle fiabe, era stato considerato rivoluzionario: l'autore le aveva raccontate attingendo volutamente al linguaggio parlato, ricorrendo ad espressioni popolari antiche. Pier Luigi Vercesi /■>< IE è vero che un «popolo L ' che non ha più fiabe è m condannato a morire di Il freddo» è anche vero che hJJ di una fiaba si può fare qualsiasi cosa, come fecero a loro tempo i Grimm, Goethe, Brentano, Rilke, lo stesso Andersen. Disintegrazione e ricostruzione di quei materiali narrativi che formano il plot della fiaba vanno e vengono: il cantastorie illetterato che sulle rive del Gange racconta, a modo suo, una fiaba raccolta mille anni prima nel «panciatantra» non si pone certo tanti problemi di filologia, ma qualcuno forse di sensibilità e opportunità sul tempo morale in cui vive. E allora se è possibile conoscere la funzione dei suoi personaggi, ridurla a formula geometrica, è anche vero che sulla fiaba si può commettere ogni genere di arbitrio ed essere perdonati. Perché la fiaba nasce dalla paura e dal desiderio di razionalizzare quella paura per spiegarsi il mondo. Deformare una fiaba è la spia di una nuova paura che incombe e il bisogno di renderla leggibile. Ci sono stati anni, non lontani, il Sessantotto, in cui la fiaba doveva essere demistificata: Cappuccetto non poteva più vestirsi di rosso, ma doveva diventare in giallo e in blu. Furono anni duri anche per il lupo di Cappuccetto. In quei panni perdeva dignità, si doveva restituirlo alla sua identità di nobile animale. Qualche anno dopo le fiabe diventarono tutte pedagogiche. Chi comprerebbe un puzzle già risolto? E chi una Settimana enigmistica già compilata? Con le fiabe accadde così: non c'era più la storia di Biancaneve e del principe azzurro, di Sirenetta e di Cenerentola, ma le funzioni messe a nudo. I bambini dovevano imparare cos'è l'Edipo e il valore delle mestruazioni. A quel tempo ci fu «aspro combattimento» per una francese Cappuccetto rosso ambientata nel degrado di una città d'oggi. Eppure la fiaba ha sopportato anche questi strizzoni. Striz¬ zoni insensati perché la sua forza sta nello svelare all'altro, nella magica capacità di far leggere in trasparenza realtà distanti nel tempo e nello spazio. Se gli americani oggi hanno paura delle fiabe di Andersen, proprio loro che sanno, con Stephen King, Ellroy, Harris, Spielberg, costruire fiabe per adulti, qualche ragione ci sarà. Certo non la risolveranno edulcorando quelle fiabe, abolendo qualche termine che sembra suonare razzista. Quella paura avrà sicuramente un nome: realtà. Ma questa non si cambia spostando aggettivi e finali di fiaba, perché la fiaba racconta col passato remoto e quel passato remoto letto nel presente di ogni generazione è una bussola, una misura per capire quanti draghi abbiano i bambini ancora da combattere, quante ragazze a cui regalare una scarpina di vetro, quante mele avvelenate ancora da mangiare. Nico Orengo La fiammiferaia non muore più di freddo Via i cenni a razzismo, sesso, violenza Protesta la società degli autori danesi Il traduttore ritira la firma Hans Christian Andersen In Danimarca è considerato un eroe nazionale Anche «La Sirenetta» (sotto, nella versione di Walt Disney) sarà modificata: il «freddo mare della morte» diventerà il «freddo mare». La fiammiferaia non mVia i cenni a razzism Anche «La Sirenetta» (sotto, nella versione di Walt Disney) sarà modificata: il «freddo mare della morte» diventerà il «freddo mare».

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