La mafia è un'industria e produce protezione

La mafia è un'industria e produce protezione La tesi controcorrente del sociologo Gambetta: basta con la vecchia immagine folcloristica La mafia è un'industria e produce protezione ORTE. Violenza. Omertà. Vassallaggio. Un'arcaica concezione dell'onore. Simbologie oscure e crudeli. Patti di sangue. Vendette feroci. I film di Germi e di Rosi, i racconti di Leonardo Sciascia. L'umanità divisa da don Mariano Arena in uomini, mezz'uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà. L'immagine della mafia è tutto questo: fenomeno profondamente radicato nella storia e nella cultura di un'isola, retaggio del passato, come tante volte si ò detto. I mafiosi fanno parte di una mitologia, dominio dell'irrazionale. Ma ecco un libro - ampio, documentato, costruito scientificamente - che spazza via questa immagine e le sostituisce quella, moderna e razionale, di un sistema di imprese che produce e commercia una merce specifica: la protezione privata. Questa è la mafia, secondo il sociologo Diego Gambetta, nato a Torino, docente a Oxford, autore del volume La mafia siciliana, che Einaudi manda in libreria nei «Paperbacks», la sua più rigorosa collana di saggistica. Il libro si fonda su un modello teorico - la mafia come industria della protezione - alla cui origine ci sono gli studi dello stesso Gambetta sulle «strategie della fiducia», perché è dalla mancanza di fiducia, in particolare nel potere pubblico, che nasce la necessità della protezione privata; ma la teoria è stata verificata sul campo, nel corso di soggiorni nelle province siciliane. Le fonti della ricerca rappresentano un materiale enorme di indagine, derivato soprattutto dalle inchieste dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e dalle testimonianze degli ex mafiosi minuziosamente analizzate (Buscetta, Calderone, Calzetta, Contorno, Mannoia, Marsala, Sinagra). Il risultato è un'opera che cambia totalmente lo scenario in cui si è abituati a collocare la criminalità mafiosa. Gli studiosi non potranno non tenerne conto. E il lettore comune si può divertire, perché La mafia sici- liana è scritto nello stile dei saggisti inglesi e americani, chiaro e accattivante, ricco di esempi, senza ricorso al vocabolario specialistico. Che cosa rappresenta l'onore mafioso? Che cosa vuol dire essere «uomo d'onore»? Si tratta della reputazione necessaria'per fornire una protezione credibile. Solo se si sa che un uomo è un mafioso, il suo intervento per proteggere un traffico, lecito o illecito, diventa efficace. La reputazione è il patrimonio dell'impresa mafiosa. Che cosa rappresentano le violenze, le vendette, gli omicidi, le stragi? Le risorse aziendali. «Mentre la qualità delle automobili si misura in termini di velocità, durata e comfort, quella della protezione si misura dalla determinazione dei suoi fornitori». Essere duro e spietato è la capacità professionale del mafioso. L'impresa gestisce questa capacità, i killer costituiscono le «risorse umane». I Greco, i Bontade, i Runa, i Provenzano sono dunque imprenditori della protezione. Capi di imprese che si fondano sulla reputazione di chi le gestisce, come nel caso di un ente bancario o di una compagnia di assicurazioni. Essi dispongono della famiglia mafiosa come di una proprietà, da lasciare in eredità o da alienare a terzi. I Greco e i Bontade sono esempi di famiglie arrivate alla terza generazione. «Rosario Di Maggio, capomafia di Passo di Rigano, "si appartò spontaneamente" in favore di Salvatore Inzerillo». Nelle famiglie palermitane Zanca e Ingrassia i figli sono subentrati a padri ormai vecchi. Nella famiglia di Vicari, Mariano Marsala prese il posto di Biagio Macaluso, che non riusciva più a camminare. Ma la gestione di un'impresa mafiosa è un'operazione delicata e complicata, perché la reputazione è un patrimonio fragile e poco flessibile. Perciò la gestione «spesso sfugge al controllo dei protagonisti» e può scatenare scontri e guerre, soggetti di tanti romanzi e film. Casi sintomatici sono gli assassinii, apparentemente incomprensibili, di vecchi capimafia fuori del giro: la loro morte è necessaria per rendere chiaro alla gente che è avvenuta una successione. In un mondo in cui le notizie non vengono pubblicate sull'albo della Camera di Commercio, «i nuovi mafiosi fanno sapere per le spicce ai clienti attardati che non possono più contare sul loro abituale fornitore di protezione; se non altro perché è morto». La mafia era «l'industria della violenza» già per Leopoldo Franchetti nel 1876. Ma l'originalità di Gambetta èdi individuare nella protezione il prodotto specifico di tale industria: «Diventare membri della mafia significa ottenere una licenza per fornire protezione». S'introduce una differenza fondamentale tra mafia e attività criminali: non si è mafiosi per il fatto che si traffica in droga ma perché si protegge questo traffico. Può essere il mafioso stesso a trattare droga: «Ma non è questo che fa di lui un mafioso: ciò che lo rende tale è l'essere in grado di proteggere se stesso e gli altri». La mafia non può essere tutto e il contrario di tutto. Questa interpretazione ha conseguenze enormi. Innanzi tutto, la mafia non è più uno «Stato nello Stato», non ha ideologia né giuridicità. Non è un'istituzione centralizzata, ma un cartello di imprese, «non ha cittadini, al massimo clienti». In secondo luogo, la mafia non nasce nella Sicilia arretrata dei «gabelloti» e dei «campieri», non è un residuo feudale, coincide invece con la modernizzazione e la democratizzazione, si sviluppa con la rottura dei vecchi poteri nobiliari e agrari. Il libro scardina l'impalcatura su cui si regge l'idea della mafia tramandata dalla cultura meridionalista. Ciò non significa che non ci sia un rapporto profondo tra la mafia e il territorio siciliano. Proprio perché è un'industria fondata sulla reputazione, essa prospera dove la reputazione mafiosa ha effetto. Per ragioni storiche tale area è la Sicilia occidentale, più Catania: queste campagne sono un serbatoio di manodopera specializzata, abituata a conoscere le regole, i simboli, i marchi di fabbrica dell'attività mafiosa. Perché la mafia non si radica altrove? Perché è un'attività difficile da esportare? Per i costi di investimento in «risorse umane» che richiederebbe un trapianto in Lombardia o in Emilia. Come sempre quando si applica un modello teorico a una realtà concreta, non tutto collima; una parte dei comportamenti mafiosi sfugge alla logica dell'impresa. L'interpretazione di Gambetta dei rituali di iniziazione o delle regole sul sesso - per fare degli esempi - non riesce a far quadrare il cerchio. Il modello gli esplode fra le mani, diremmo per sua fortuna, perché così il libro si arricchisce di fatti, nozioni, ipotesi, prospettive. Ma il vero significato di quest'opera, anche come strumento contro la mafia, si rispecchia in una citazione di Falcone posta in epigrafe: «Impariamo a riflettere in modo sereno e "laico" sui metodi di Cosa Nostra». Alberto Papuzzi Che cosa è V«onore» per gli uomini di Cosa Nostra?Il «patrimonio d'impresa» Delitti e vendette? Le «risorse aziendali» E i killer? Sono le «risorse umane» Dal film «Salvatore Giuliano» di Rosi, in primo piano Pisciotta (l'attore Frank Wolff) nel gabbione del processo di Viterbo. Sotto il pentito Mannoia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino Nelle foto in basso Giuseppe Ayala e Giovanni Russo

Luoghi citati: Catania, Emilia, Lombardia, Orte, Oxford, Sicilia, Torino, Vicari, Viterbo